Centrosinistra. Vendola tra l’incudine di Monti e il martello di Ingroia
 











Tutto sommato tra le due coalizioni che si contendono la vittoria delle politiche, le maggiori difficoltà le ha il centrosinistra. Sta diventando piuttosto paradossale la posizione assunta da Vendola e Bersani. Il problema è tutto legato al rapporto con Monti. Più si avvicinano al professore e più perdono voti. I malumori si avvertono soprattutto nell’elettorato di Sel che dell’alleanza con l’uomo delle banche non ne vuole assolutamente sapere. Neanche l’antiberlusconismo viscerale riesce ad addolcire la pozione amara. E così Vendola è costretto a tenere duro fino all’ultimo, facendo finta di essere alternativo a Monti.
Ma la situazione è ormai chiara a tutti. Senza il Professore in squadra è praticamente impossibile giocare la partita di governo. Non si tratta solo di numeri ma di mancanza di credenziali a livello internazionale. Come abbiamo avuto modo di sottolineare in altre occasioni: senza il consenso della Bce, dell’Ue e soprattutto della
City e di Wall Street non c’è trippa per gatti. E questo può avvenire solo con una coalizione che vede Monti come dominus. 
Dunque fino all’ultimo giorno del voto assisteremo a questa farsa, con Bersani che caldeggia Monti e Niche che lo rinnega. Il dramma del presidente della Regione Puglia sta tutto nella presenza di Ingroia che giorno dopo giorno gli succhia voti. 
“Vendola sente la pressione della lista Ingroia cercando di difendersi da un’offensiva molto forte sul suo elettorato e si comporta di conseguenza”, questa la spiegazione del piddino Morando. E poi toglie anche quel velo d’ipocrisia alla tanto sbandierata carta d’intenti tra il Pd e Sel. “Nella dichiarazione d’intenti anche Vendola ha sottoscritto un impegno ad aprire un confronto coi moderati per formare una maggioranza e un governo insieme e si è impegnato a seguire, nei casi controversi, la disciplina di maggioranza che verrà fuori da riunioni e votazioni dei gruppi parlamentari”. Insomma, gli
altarini sono belli che scoperti. E’ chiaro che più si va avanti e più diventa difficile per Nichi sostenere la parte dell’alternativo. Anche il fatto di sottoporre a maggioranza le scelte di un eventuale governo a tre lo pone in una situazione insostenibile. Può pure continuare a dire che pur di far fuori il berlusconismo è disposto ad allearsi con il diavolo della grande finanza ma poi dovrà fare i conti con la base del suo elettorato. E quando Monti comincerà a dettare l’agenda di governo in materia di riforme politiche e sociali sarà dura tenere la piazza. D’altronde c’è poco da sperare che Monti dica qualcosa di sinistra. Le cose fatte in questo primo anno di cura del Professore imposto a forza dai potentati europei e internazionali lasciano poco spazio all’ottimismo. Crediamo sia difficile trovare un governo peggiore di quello di Monti. Non solo si è dimostrato poca cosa lo stesso uomo delle banche ma anche tutti gli altri si sono dimostrati delle mezzecalzette. Basti pensare alle cose fatte dalla Fornero. Se un errore come quello degli esodati fosse accaduto a Berlusconi molto probabilmente l’avrebbero rincorso fino ad Antigua. 
Tra le tante paure della dirigenza del Pd c’è anche quella di trovare della polvere sotto il tappeto. L’accusa a Monti è del responsabile dell’economia Fassina. “Si stimano 6-7 miliardi di euro -dice- e mi riferisco a partite importanti che non sono state coperte e che verranno coperte da chi arriva dopo”. Ovvero della cassa integrazione in deroga per migliaia di lavoratori, nel 2012 e 2013, delle missioni militari che non sono state finanziate, delle convenzioni con contratti di servizio che non sono state rifinanziate. E poi i contratti dei precari della pubblica amministrazione, di chi lavora nei pronto soccorso o negli asili nido. “E dove si trovano questi 7 miliardi, con una nuova manovra?”, questo l’interrogativo di un preoccupato Fassina. Questo vuol dire che per il Pd che si appresta a governare, sempre che vinca
le elezioni, le previsioni del tempo saranno davvero brutte. Tra le imprese che chiudono, i licenziamenti, le proteste di piazza e i suicidi sarà difficile restare a Palazzo Chigi.michele mendolicchio