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In tutta Europa negli ospedali pubblici i medici e primari possono svolgere la libera attività solo dentro l’ospedale. In Italia, ogni regione ha le sue regole: in Emilia Romagna per esempio, i primari possono esercitare la libera professione all’interno dell’ospedale mentre i medici anche fuori però non nelle strutture accreditate. Quello che abbiamo appena visto dimostra che l’illegalità è difficile da contrastare anche nelle regioni virtuose. Siccome si tagliano i finanziamenti, sarebbe un costo o un risparmio rivedere i contratti, aumentare un po’ gli stipendio e vincolare i dipendenti ad un contratto in esclusiva? Invece di andare a lavorare fuori dopo 6 ore, potrebbero per esempio rimanere dentro e smaltire le code. Non sarebbe razionale? Si è deciso invece di razionare. Che sono due cose diverse: la sanità è la prima azienda del paese. Una torta da spartire di 100 miliardi di euro ogni anno, questi 100 miliardi vengono ripartiti fra le regioni in base alla popolazione e al numero di anziani, poi le regioni rimborsano gli ospedali. Una volta in base alle giornate di degenza, dal 95, con il sistema del DRG, che vuol dire: ogni intervento ed ogni ricovero ha una sua tariffa, tanti ne fai, tanti te ne rimborso. Questo vale per il pubblico e per l’accreditato, con qualche differenza da regione a regione. Un sistema che favorisce l’efficienza ma si regge solo sul controllo perché qualche ospedale privato potrebbe essere incentivato a lavorare molto. E qui dobbiamo intenderci su cosa vuol dire “lavorare molto” quando la materia prima è un corpo umano. report-26-04-2009,Alberto Nerazzini |
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