L’insostenibilità elettorale della spesa sanitaria
 











Dopo le manovre “lacrime e sangue”, “governi di emergenza”, “tagli lineari” alla spesa pubblica, senza dei quali il famoso “baratro”, scopriamo, in piena campagna elettorale, che si può ridurre la pressione fiscale e aumentare la spesa pubblica. La sanità da questo punto di vista è emblematica.
Il Pd sta dicendo che in sanità si spende poco e che si dovrebbe spendere di più rifinanziandola con la fiscalizzazione. Una tesi semplificatrice ,ingannevole, e gravida di conseguenze. La spesa sanitaria oggi è un grande problema e direbbero i matematici è una “funzione a tanti argomenti” che se non specificati dire sostenibile o insostenibile non ha senso.
30 miliardi di spesa pubblica sono scaricati sui cittadini costretti a curarsi nel privato. Almeno 2 punti di quel 7.2 % di spesa pubblica sono abusi e corruzione . Esiste una spesa sanitaria parallela dovuta a un sistema sanitario parallelo di tipo mutualistico. Per cui dire che in sanità si
spende poco, che costiamo meno dell’Europa e che dobbiamo accrescere la spesa, è quanto meno un argomento elettorale opinabile. Ma è solo colpa della campagna elettorale? Secondo me no.
Il giudizio sulla spesa sanitaria in realtà è un giudizio sulla sanità e sulle politiche fatte sino ad ora rispetto alle quali il Pd , nel bene e nel male, ha oggettive responsabilità. Si tratta di politiche che per tante ragioni diverse, vanno ripensate, aggiustate, ricontestualizzate. Il Pd cavalcando il tema del rifinanziamento, dimostra di essere a corto di progettualità, e di seguire un orizzonte puramente amministrativo. Amministrare la sanità vale come amministrare un bel pezzo di spesa pubblica e quindi di potere. Se si rammenta ciò il ragionamento del Pd sulla spesa sanitaria diventa meno misterioso: siccome la sanità spende poco allora dobbiamo dare più soldi alle “regioni” non alla “sanità”.
Finanziare le regioni e finanziare la sanità non è la stessa cosa. I problemi della spesa si
intrecciano con i problemi della governabilità. Quello che viene dato alle regioni per la sanità non va tutto alla sanità ma una parte cospicua va ad alimentare abusi, speculazioni, consenso politico, incapacità, clientelismi, tangenti. Se proprio si volesse fare un discorso serio sulle risorse in sanità per prima cosa si dovrebbero bonificare i rapporti tra i modi di governare e i modi di spendere e quindi ripensare la famosa “governance”. Ma le regioni sono molto indietro e di fronte alla spending review di Monti sono andate in tilt.
Il tentativo non riuscito è stato quello di costringerle a suon di tagli lineari ad intervenire nella “pancia” della spesa ma prive di un progetto di cambiamento oggi sono vicine al default rischiando di essere tutte costrette ai piani di rientro e di perdere i poteri amministrativi acquisiti. Far crescere la spesa sanitaria è più funzionale ai problemi delle regioni che non a quelli della sanità. E’ una scelta temeraria che reggerà fino a che potrà,
probabilmente fino al prossimo cambio di governo, cioè fino a quando i problemi della spesa pubblica si esaspereranno mettendo mano a pesanti contro-cambiamenti.
Ci pensi bene il PD. Certe scorciatoie non aiutano la sanità che oggi più che di promesse consolatorie ha bisogno di un segnale forte di cambiamento. Le risorse ci sono ma sono in quella “pancia” maleodorante dove impera il consociativismo degli abusi e nella quale nessuno vuole mettere le mani. Ivan Cavicchi, Zeroviolenzadonne