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-Lotta all’illegalità, no al fiscal compact. Ecco come si esce dalla crisi- |
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Rinegoziare il fiscal compact con l’Unione Europea, creare un istituto di credito pubblico che possa concedere prestiti a medio e lungo termine alle imprese con un tasso del 2%, fissare a un massimo di 60 giorni il termine per il pagamento dei lavori svolti dai privati per la pubblica amministrazione. E ancora: utilizzare i soldi confiscati alla mafia e ai grandi evasori per sostenere le aziende in difficoltà, rilanciare la buona occupazione anche mediante sgravi fiscali per le imprese che assumono a tempo indeterminato. Sono alcune delle proposte per favorire la crescita economica presentate a Milano dal candidato premier di Rivoluzione Civile, Antonio Ingroia, insieme a Maurizio Zipponi, candidato alla Camera per Rivoluzione Civile e Sergio Cesaratto, docente di Economia all’Università di Siena. Sergio Cesaratto, questa è una strana campagna elettorale. Il candidato premier del centrosinistra, Pierluigi Bersani, si presenta come il custode dei patti con l’Europa, mentre il suo avversario Silvio Berlusconi sfida lo spread spiegando che l’abolizione dell’Imu può innescare un circolo virtuoso sui consumi. Al netto della demagogia e della propaganda, che effetto le fa sentire Berlusconi usare un linguaggio simil-keynesiano? Purtroppo questa è una responsabilità della sinistra che finisce per lasciare temi che dovrebbero esserle propri, come il sostegno dei consumi di lavoratori e pensionati, a un buffone, a un politico che non ha più nessuna credibilità. Ovviamente l’Imu così com’è non va bene. Va modificata, certo non smantellata. Abolire l’Imu oggi vorrebbe dire far risparmiare migliaia di euro a chi possiede appartamenti – magari più d’uno – o interi edifici nelle zone più pregiate delle città. Invece bisogna evitare che questa tassa pesi sulle tasche delle famiglie a basso reddito, quelle che hanno fatto maggiori sacrifici per acquistare la prima casa. Intanto la crisi si aggrava. I dati usciti oggi sono drammatici. La Confesercenti ha reso noto che nel 2012 la spesa delle famiglie è scesa di 35 miliardi, mentre la Confartigianato ha calcolato che dal 2008 a oggi sono spariti 480 posti di lavoro al giorno. L’economia sembra all’interno di una spirale: la gente non ha soldi, perciò spende sempre meno; di conseguenza i negozi chiudono e le persone perdono il lavoro; così le famiglie hanno ancora meno soldi, i consumi si riducono ulteriormente ecc. Come si fa a uscire da questa spirale? Innanzitutto penso che da questa spirale non si possa uscire solamente combattendo l’illegalità, l’evasione fiscale, riducendo gli sprechi. Questo ovviamente va fatto, ma la vera sfida è far ripartire l’economia per aumentare la ricchezza disponibile. Purtroppo la causa prima di questa situazione è l’Europa. Solo la fine dell’austerità ci può far cominciare a tirarci fuori dai problemi. Vvenerdì scorso l’Unione Europea ha raggiunto un accordo sul bilancio per i prossimi sette anni. Monti ha detto di avere ottenuto tantissimo per l’Italia, il giudizio di Bersani invece è stato negativo. Lei, da studioso come la vede? La vedo male. Cosa fa l’Europa nel mezzo di una crisi mondiale ancora in atto? Addirittura taglia un bilancio che già di per sé è una cosa misera, perché è l’1% del Pil europeo, quando dovrebbe essere del 5-6%. L’Italia da anni versa all’Europa più di quanto riceve, che ora questa perdita netta si sia ridotta un po’ mi pare una magra consolazione. Il punto vero è che l’Europa sembra incapace di praticare politiche alternative a quella dell’austerità. L’Italia però può provare da sola a fare qualcosa, a seguire strade diverse. Certamente, anche noi dobbiamo fare la nostra parte. Ma per uscire dalla crisi una gamba sola non basta: va rimesso in discussione il fiscal compact e serve un intervento attivo della Banca centrale europea. Se ad esempio la Bce agisse con determinazione sui tassi d’interesse, il debito pubblico italiano sarebbe pienamente sostenibile. Del resto è ciò accade in tutti i paesi del mondo, dove sono le banche centrali - negli Stati Uniti è la Federal Reserve – a fissare i tassi. Vorrei ricordare che ad agosto scorso l’euro era dato per spacciato. E’ bastato che a settembre Mario Draghi annunciasse il programma di intervento della Bce sui titoli di Stato perché gli spread diminuissero di 200 punti. Si può immaginare che cosa sarebbe successo se la Bce avesse detto qualcosa in più, tipo “noi garantiamo i titoli di Stato europei”. Probabilmente gli spread sarebbero calati non di 200 ma di 400 punti. E parliamo di una cosa fattibile, un semplice annuncio, la Bce non dovrebbe comprare nulla. In cambio, i paesi potrebbero impegnarsi a stabilizzare il rapporto debito pubblico/Pil. Non a ridurlo, ma nemmeno ad aumentarlo. Con i tassi bassi, l’Italia risparmierebbe miliardi di interessi che potrebbe utilizzare non più per ridurre il debito pubblico ma per lo sviluppo e per fare spesa sociale. Così il Pil tornerebbe a crescere. Per cambiare certe politiche, bisognerebbe convincere grandi paesi come la Germania e la Gran Bretagna. Impresa non facile… Ma in Europa bisogna andarci credendoci alle cose che si dice. Il nostro paese, in questa situazione, è destinato alla desertificazione industriale, a bruciare le vite di milioni di giovani, a un declino drammatico nel giro di pochi anni. E’ con questa consapevolezza che uno deve andare in Europa e sbattere i pugni. Portando proposte ragionevoli e non demagogiche. Torniamo in Italia. La patrimoniale può servire? Sì, purché non attribuiamo a questa misura un carattere miracolistico. Naturalmente va combattuta l’evasione fiscale e vanno tassati i capitali nascosti all’estero. Servono controlli e accordi internazionali, come quello con la Svizzera. Non è possibile che i lavoratori dipendenti paghino le tasse fino all’ultimo centesimo e i redditi da capitale la facciano franca. Quali investimenti ritieni possano essere più utili per favorire lo sviluppo? Innanzitutto quelli a sostegno dei consumi privati dei ceti medio bassi. Poi un governo di sinistra ha il dovere di investire nella sanità pubblica, nell’istruzione, nella ricerca, nelle politiche industriali, nelle aree innovative. Altra priorità è la messa in sicurezza del territorio nazionale, collegando il tema ambientale al rilancio dell’industria turistica, che è una delle risorse più preziose del nostro paese. Roberto Farneti |
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