Italia, Paese delle proroghe e delle deroghe...
 











A poco più di un mese dall’entrata in vigore del Dlgs 212/2012 con cui il nostro paese ha recepito la Direttiva europea che obbliga la Pubblica amministrazione a pagare i propri fornitori entro 30 giorni, che diventano 60 per le Asl, gli ospedali e le imprese pubbliche, la CGIA di Mestre ha commissionato un sondaggio a Panel Data su un campione di 800 piccole imprese distribuite su tutto il territorio nazionale. Il cambio di rotta auspicato, non c’è stato ancora.
Nel paese delle proroghe e delle deroghe, è subito spuntata, inoltre, una interpretazione estensiva in virtù della quale pare che di fatto tutte le aziende della Pa possano pagare a 60 giorni. Tra le aziende private, invece, i termini prevedono il pagamento entro 30 giorni, con estensione a 60 e, in casi particolari, fino a 90 giorni.
Con la nuova normativa entrata in vigore dal primo gennaio di quest’anno, quasi tutti i nuovi contratti stipulati nel primo mese del 2013 (93% del
totale degli intervistati) prevedono per iscritto i tempi di pagamento. In buona sostanza tutti gli intervistati che hanno sottoscritto un contratto con la Pa hanno definito tempi di pagamento entro i limiti previsti dalla nuova legge. Prima dell’entrata in vigore del Dlgs 212/2012, solo il 55,6% dei contratti stipulati da Asl, Province e Amministrazioni comunali, etc. prevedeva il saldo fattura entro 60 giorni (il 16,7% a 30 giorni e un altro 38,9% a 60).
Le resistenze tuttavia non mancano. L’81,4% delle aziende intervistate che lavora con la Pubblica amministrazione ha dichiarato, infatti, che nei vecchi contratti stipulati prima del 1° gennaio 2013, il committente (sia esso lo Stato, l’Asl o un’Amministrazione comunale) non si è reso disponibile a rivedere al ribasso i tempi di pagamento, così come previsto dal Dlgs 212/2012. Degni di attenzione sono anche i dati riguardanti le transazioni commerciali tra imprese private.
Anche in questo caso, segnala l’Associazione Artigiani
e Piccola Impresa, tutte le aziende (89% di quelle che hanno sottoscritto un nuovo contratto dopo il 1° gennaio) hanno indicato nel contratto che il pagamento avverrà entro 60 giorni, mentre nei vecchi contratti stipulati prima dell’inizio del 2013, “solo” nel 62,2% dei casi veniva riportata la scadenza di pagamento entro i 60 giorni. Infine, l’85,6% dei committenti privati che lavora con un’altra azienda ha deciso di non rivedere gli impegni di pagamento già stipulati negli anni scorsi.
Una discrezionalità che crea squilibri e disparità. “Credo che, così come giustamente suggerito dal vicepresidente della Commissione Ue Antonio Tajani, ha affermato il segretario della Cgia Giuseppe Bortolussi, sia opportuno rivedere il Dlgs 212/2012, rendendolo meno discrezionale e accelerando le procedure per il recupero dei titoli esecutivi, altrimenti ancora una volta i cattivi pagatori rischiano di farla franca”. E’ passato poco più di un mese dall’entrata in vigore della nuova legge e il 90%
circa dei nuovi contratti stipulati dal primo gennaio di quest’anno prevede la forma scritta con il rispetto dei termini di pagamento massimi previsti, ma le ombre non mancano.
E le parole di Bortolussi lo confermano: “Nutro molti dubbi che i committenti, siano essi pubblici o privati, rispetteranno le scadenze di pagamento entro i termini stabiliti. A seguito dei vincoli imposti alle Amministrazioni locali dal Patto di stabilità interno e con il perdurare della contrazione del credito erogato dalle banche alle imprese, ritengo che tra privati, almeno per un contratto su due, il saldo fattura avverrà dopo i termini di pagamento stabiliti; per quanto concerne la Pubblica amministrazione, invece, è quasi certo che in pochissimi casi verrà rispettata la scadenza dei 60 giorni”.Ernesto Ferrante