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Scommettiamo che governeranno insieme? |
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I due non hanno ancora "consumato", ma il flirt è già in piedi Come ognuno può vedere da sè, la commedia delle baruffe fra Bersani e Monti e fra Monti e Vendola, nell’approssimarsi del voto, si rivela per quello che è: una finzione teatrale da dare in pasto ai gonzi. Dopo avere reciprocamente escluso qualsiasi possibilità di convivenza al governo, dopo essersi altrettanto reciprocamente dichiarati incompatibili, dopo avere stentoreamente chiesto al Pd di scegliere fra i due pretendenti ("O noi o loro"), avviene l’ovvio: Vendola e Monti governeranno insieme. Forse non sarà intrepido amore, ma matrimonio di interesse di certo. Ed è quello che conta. Ci ha pensato l’uomo di Goldman Sachs, compiendo una giravolta che agli ingenui deve essere parsa clamorosa, a spiegare ai suoi che Vendola non è poi brutto come sembra. "Ognuno può evolvere e cambiare opinione per quanto riguarda singole persone", ha detto ieri di sè con bronzea disinvoltura. Per poi aggiungere: "Vediamo l’esito del voto e se è possibile un’intesa". L’endorsement ufficiale di Obama e del gotha imprenditorial-finanziario statunitense al Centrosinistra deve avere consigliato l’ex premier a rimaneggiare il copione della propria propaganda elettorale. Devono avergli spiegato, e lui deve avere capito, che "can che abbaia non morde" e che per quanto Vendola insista - a beneficio di giornali e Tv - a recitare "stornelli di sinistra", egli non costituisce tuttavia un pericolo per la coesione della costituenda maggioranza. Così, anche la seconda affermazione di Monti, "Io non farò mai parte di un governo che non abbia un forte accento riformatore", non fa una grinza. Viene cioè in chiaro ciò che è nelle cose: l’asse politico vero, quello che si è sperimentato e cementato nell’appena concluso scorcio di legislatura, è fra il Pd e il Centro liberale, con una latitudine politica che comprende anche Casini e Fini. In questa magnifica ammucchiata, alla quale il Pd porta in dote molti voti e molti seggi in Parlamento, la golden share appartiene però a Monti. Sarà lui a guidare il gioco. E i Democrat abbozzeranno, tentando al massimo qualche incursione per l’immagine, senza intaccare la sostanza. E Vendola? Ormai dev’essere alla disperazione, perché l’ultima sua dichiarazione, raccolta dalla stampa, è un reperto da Teatro dell’assurdo: "Per Monti - ha detto - è riformista abbattere lo Statuto dei lavoratori; per me lo Statuto è il capolavoro del riformismo". Ora, a parte il fatto che lo Statuto dei lavoratori non è affatto "il capolavoro del riformismo", ma il risultato delle più radicali lotte operaie che abbiano attraversato il Paese negli ultimi cinquant’anni, Vendola sembra (ma sembra soltanto) non essersi accorto che l’architrave della Legge 300/70, vale a dire il diritto del lavoratore ad essere reintegrato nel posto di lavoro quando sia stato cacciato dal padrone senza che ricorrano gli estremi della giusta causa, non esiste più, essendo stato divelto, con una legge voluta da Monti e approvata senza riserve dal Pd. Il quale è da par suo del tutto determinato a non cambiarla per tornare allo status quo ante. Chiaro? Il fatto è che il potere di condizionamento e di interdizione di Sinistra ecologia e libertà in quella coalizione è pari a zero. E sortirà il solo risultato di portare acqua al mulino altrui: altro che "poliza assicurativa"! Ora, se per Vendola e per il suo "Cerchio magico" è ormai impossibile stracciare il "patto faustiano" a cui essi hanno legato i propri destini politici e personali, i compagni e le compagne di base di Sel, che si erano in buona fede buttati in quella improvvida avventura, sono ancora in tempo a compiere la sola scelta coerente: sostenere Rivoluzione civile e contribuire a rafforzare un polo indisponibile a riconsegnare il potere a Monti. E al montismo, malattia contagiosa del liberismo. Dino Greco
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