La "lotta politica" di papa Ratzinger
 











Santo Padre

I più arrabbiati devono essere proprio i cardinali più reazionari, quelli al cui indirizzo Joseph Ratzinger ha indirizzato le parole più dure. Quel "Non si scende dalla croce", pronunciato a denti stetti in certi ambienti curiali è la reazione di un potere più corrotto che, genericamente, secolarizzato.
Come scrive Francesco Merlo (la Repubblica), "Oggi si capisce benissimo che la Chiesa cattolica è una multinazionale, una holding. Ed è suggestivo pensare che anche per questo il papa si è dimesso, perché la religione di un ultraottantenne rimette la grotta di Betlemme al posto dello Ior".
Gli scandali a catena, le sorde lotte di potere, il marcio arrivato sin dentro le mura del Vaticano, devono avere convinto Ratzinger che il solo modo per tentare di rimettere in carreggiata il treno deragliato, fosse quello di un gesto estremo, di una denuncia clamorosa contro un magistero travolto e "deturpato" da faide e lotte intestine.
Le dimissioni
del papa, le parole sferzanti con cui egli bastona il suo più prossimo enturage ("Anche ai nostri giorni molti sono disposti a stracciarsi le vesti di fronte a scandali e ingiustizie, ma pochi sono diponibili ad agire...") dicono ciò che la Chiesa, in particolare quella di Roma, il suo reggimento interno e l’apparato che ne forma l’ossatura, sono forse irriformabili. E che soltanto una rivoluzione "copernicana" può restituire una chance alla "Chiesa di Cristo" oggi minata nella sua credibilità e priva dell’universalismo etico delle sue migliori stagioni.
Per dirla con le parole del teologo "ribelle" Hans Kung, "la crisi della Chiesa quasi evoca il tramonto dell’Unione sovietica": sentenza durissima, quasi senza appello, perché pare sottolineare come la linea di non ritorno sia già stata oltrepassata.
Sarà in ogni caso molto complicato tornare a rendere trasparenti le acque stagnanti rotte dal sasso gettato da Ratzinger. Perché il gioco torna ora nelle mani della Curia romana e
dei suoi maggiorenti, chiamati a ricomporre i propri interni equilibri, vedremo fra non molto quanto profondamente scossi.
Dimettendosi, come farebbe il capo di un partito, il papa ha compiuto un vero e proprio atto di lotta politica. Fuori dagli schemi e imprevisto dai suoi avversari. E dunque dirompente.
E se ora Ratzinger ci ripensasse?...
Dino Greco