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Il Pd vuole portare Prodi al Quirinale |
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Romano Prodi è tornato tra i ranghi del centrosinistra italiano. A meno di una settimana dalle urne, Pd, Sel e Centro democratico hanno accettato di concedere la ribalta all’ex presidente del Consiglio. La coalizione bersaniana dimostra di non essere in grado di fare i conti con il futuro. Rispolverare l’ex numero uno dell’IRI – uno dei commissari liquidatori delle partecipazioni statali – non porterà lontano. Ovviamente, il Pd sta decidendo come impegnare le prime settimane della prossima legislatura. Le alte sfere della segreteria sono convinte di poter marciare in trionfo nella notte di lunedì. Il centrosinistra sa bene di poter essere determinante per l’elezione del prossimo Capo dello Stato. I nomi più accreditati sono quelli di Giuliano Amato e Romano Prodi. Personalità in grado di intercettare il consenso dei nostri “principali interlocutori internazionali”. Ieri è stata la giornata degli elogi. Il professore di Bologna sembra piacere ai maggiorenti del Pd. Evidentemente, in troppi si sono dimenticati i due anni del suo ultimo mandato a Palazzo Chigi. Un governo che aveva tra i principali avversari gli stessi suoi ministri. Un brutto film che qualcuno si sogna di riproporre dal Colle. Arturo Parisi, prodiano doc ed ex ministro della Difesa, ha confermato la comunione d’intenti intorno al nome di Prodi. “Quanto al Quirinale è altrettanto risaputo che nell’elezione a Presidente della Repubblica non ci sono braccia da alzare né candidature da depositare – ha spiegato il deputato sardo – Per una prassi consolidata sono candidati i cittadini che abbiano ricoperto alcune cariche circoscritte ben meritando nel servizio reso alla Repubblica. Che Romano Prodi sia nella rosa, e direi nella rosa più stretta, dei candidati è da questo punto di vista un dato di fatto indiscutibile, perfino indipendente dalla sua volontà. Diciamo pure un segreto di Pulcinella. Quanto alla dinamica della elezione l’unica cosa sicura è che questa volta l’elezione sarà più trasparente del passato”. “Il tempo in cui le correnti Dc facevano e disfacevano i presidenti nell’ombra – continua Parisi – perché impossibilitate a farlo alla luce del sole dovrebbe essere alle nostre spalle. Tutti saranno costretti in qualche modo a venire allo scoperto”. Ingredienti che spianerebbero la strada a Prodi. Una tesi tutta da verificare alla prova dei fatti. In un Parlamento caratterizzato dalla forte presenza di eletti appartenenti al Movimento 5 stelle si dovranno abbandonare i vecchi schemi. Ci risulta davvero difficile credere che gli appartenenti alle “forze antisistema” possano sostenere un qualsiasi nome proposto dal Pd o dal Pdl. Solo per uno strano scherzo del destino il prossimo inquilino del Quirinale sarà eletto in una delle prime due votazioni. Il suo mandato si presenta carico di insidie. Dovrà riuscire a orientare due Camere balcanizzate, potere legislativo specchio di un Paese in forte difficoltà. Prodi non sembra l’uomo adatto. Il suo curriculum ci ricorda i tempi più bui della prima repubblica. Periodo in cui si procedette alla svendita delle imprese partecipate e si iniziò il processo di liberalizzazione dell’economia. Due dettagli che non possono essere trascurati. Stessa cosa dicasi per i suoi due governi. Esperienze davvero poco produttive. Bersani – sempre che costui abbia a cuore il futuro d’Italia – farebbe meglio a puntare su altri candidati. Prodi sarà l’uomo giusto solo se il Pd intende essere comandato a bacchetta dalla finanza internazionale e dalla tecnocrazia europea. Sostenerlo rischia di avvalorare un qualcosa che è più di un legittimo sospetto.Matteo Mascia |
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