Gioia Tauro: "Quel rigassificatore non s’ha da fare"! In gioco il destino di un intero territorio
 











"Considerato l’imminente appuntamento elettorale, è risultato inopportuno aprire una discussione così importante e strategica che nel bene o nel male inciderà considerevolmente sulla Calabria e sul destino dei territori della Piana di Gioia Tauro. Pertanto, anche su richiesta dei Sindaci, come Regione Calabria abbiamo ritenuto opportuno concordare uno slittamento dei termini, al fine di affrontare la questione con più serenità, d’accordo, peraltro anche con la stessa Lng Medgas".
È con queste parole che la vicepresidente della Regione Calabria, Antonella Stasi, ha scelto di non scegliere sul rigassificatore di Gioia Tauro. Per discutere dell’ecomostro nascosto fra le pieghe del Decreto Sviluppo, cui il governo Monti già con le valigie in mano ha assegnato 1 miliardo e duecento milioni di euro e una controversa approvazione, bisognerà attendere la fine di una campagna elettorale tutta in salita per il Pdl che in Calabria ha visto crollare i propri
consensi, picconati da scaldali e inchieste. La mega opera tanto cara alla Lng Medgas, è da anni osteggiata da movimenti e amministratori del territorio, che non ci stanno ad accettare supinamente la costruzione di un colosso di oltre 47 ettari, in grado di riportare allo stato gassoso 12 miliardi di metri cubi di gas naturale liquefatto ogni anno, collegato alla rete nazionale dei gasdotti Snam con una bretella tutta ancora da costruire e che stoccherà a terra oltre 600.000 metri cubi di gas in una delle zone a più alto rischio sismico del Paese.
Una patata bollente che un Pdl già in affanno proprio non può permettersi il lusso di gestire in maniera frettolosa e soprattutto a meno di una settimana da un appuntamento con le urne che sembra destinato a decidere non solo i futuri deputati e senatori della Regione Calabria, ma anche il destino della Giunta e della sua maggioranza. Ma la protesta nella Piana non si ferma. Il primo cittadino di San Ferdinando, Domenico Madaffari, ha
minacciato di non recarsi alle urne per protestare contro l’indifferenza mostrata dalla politica nei confronti della Piana di Gioia Tauro, mentre in passato il sindaco di Gioia Tauro Bellofiore aveva definito “una vergogna lo stratagemma del governo Monti” per far passare l’ecomostro.
Il governo dei tecnici ha infatti reso “eventuale” quello che fino a qualche mese fa era il vincolante parere del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, che per ben tre volte ha detto no alla Lng Medgas, dietro cui si nascondono la Med Gas Italia e la Fin Gas, azionista di maggioranza con il 70% delle azioni, composta da Iride e Sorgenia della famiglia De Benedetti.
Già nel luglio 2010, il Cslp aveva infatti rinviato il parere sulla fattibilità tecnica perchè – si legge nel verbale di quella seduta - gli studi presentati risultavano "incompleti e non definiti con l’estensione e l’approfondimento necessari all’espressione di un compiuto parere sulla fattibilità dell’opera". E anche nel 2012,
nonostante la Lng Medgas abbia redatto il progetto per la terza volta, i tecnici del Consiglio hanno rispedito al mittente le carte presentate, ribadendo la pericolosità dell’area in cui la holding sogna di costruire la sua mega- centrale. La Piana è zona a rischio sismico 1, si trova infatti al centro di un’area che comprende quattro faglie ben caratterizzate - area sismogenetica "Southern Calabria" e faglie "Mesima Basin" e "Gioia Tauro Plain" – e tutte estremamente pericolose perché ancora attive, tanto da spingere il Cslp a richiamare l’attenzione sulla scelta di realizzare un impianto di questo tipo in una delle aree a maggiore rischio sismico del territorio italiano“.
Nonostante questo, l’area di Gioia Tauro e del suo comprensorio negli anni è stata “benedetta” da impianti ad alto rischio - l’inceneritore in via di raddoppio, la centrale turbogas di Rizziconi, il depuratore di Gioia Tauro e il costruendo elettrodotto Rizziconi – Laino Borgo – il cui impatto non è mai stato
considerato nell’insieme. Preoccupazioni che sembrano avere per lo meno sfiorato il Consiglio dei Lavori pubblici, il cui parere però – grazie all’articolo 38, cortesemente inserito nel decreto Sviluppo dal governo Monti – non è più né obbligatorio, né vincolante.
L’ennesimo abuso, per il comitato comitato “San Ferdinando in movimento”, che da anni si batte contro la costruzione della struttura e denuncia che “solo in Italia, e solo in questo momento di debolezza istituzionale con conseguente tracotanza dei poteri forti, accade che per superare le stringenti prescrizioni del Consiglio superiore dei lavori pubblici in materia di sicurezza di quell’impianto folle e inutile, qual è il Rigassificatore della Piana, non si obblighi l’azienda costruttrice alla revisione del progetto o, meglio ancora, ad abbandonare il campo con la coda tra le gambe, bensì si silenzi, in pieno stile montiano, l’unico organo davvero tecnico che finora, facendo anche le veci dell’ente regionale e di quelli
strettamente locali, era riuscito a tutelarci”.
Una questione su cui il comitato ha chiesto – invano – ai candidati impegnati a raccogliere consensi in Calabria a pronunciarsi, ma sulla questione si registrano per lo più solo timidi balbettii. Il leader del centrosinistra Bersani, si è limitato a dire “"Finiamola con questo balletto. Io dico che se lo facciamo, lo facciamo tutti quanti", contrariamente agli alleati di Sel che sul territorio riscoprono a qualche giorno dalle urne le vertenze ambientaliste. Non meno ambiguo il Pdl – che quanto meno a livello regionale – si è sempre arroccato su un indefinibile “ni”, rinviando tutto alle scelte nazionali. Unica voce chiara contro il rigassificatore arriva da Rivoluzione Civile, che tramite Michele Conia fa sapere che è necessaria “non solo un’assoluta contrarietà senza “se” e senza “ma” a quest’opera, ma l’impegno concreto ad attivare qualunque tipo di procedimento parlamentare o extraparlamentare per far luce sugli accordi economici
e, indagare, su eventuali intrecci politici-massonici-mafiosi. Pensiamo sia giunto il momento di mettere in campo altre ricette per la Calabria; è giunta l’ora di far pulizia di politiche conniventi e corrotte perché è necessario pensare ad un progresso agricolo di questa terra e ciò può avvenire solo con la salvaguardia dell’ ambiente e con una grande opera di bonifica dell’intero territorio calabrese. È giunta l’ora di fermare le multinazionali della morte”.Alessia Candito