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Iran-Pakistan. Il gasdotto che fa infuriare gli Usa |
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In un ultimo tentativo di convincere il Pakistan a rinunciare al progetto di un gasdotto con l’Iran, gli Stati Uniti hanno lanciato un esplicito avvertimento all’(ex) alleato pachistano. Con una vago stile mafioso, il Dipartimento di Stato Usa ha fatto sapere che sarebbe “nell’interesse del Pakistan” evitare ogni attività che possa essere contraria alle sanzioni statunitensi contro la Repubblica Islamica. “Ci rendiamo conto che il Pakistan ha un’importante richiesta energetica, ma crediamo davvero che ci siano altre soluzioni a lungo termine per il fabbisogno energetico pachistano”, ha dichiarato mercoledì il portavoce del Dipartimento di Stato Patrick Ventrell. “È nei loro (dei pachistani ndr) migliori interessi evitare ogni azione sanzionabile”, ha avvertito il portavoce, dicendosi sicuro che gli Stati Uniti “stiano fornendo una soluzione migliore per soddisfare i loro bisogni energetici”. Nelle stesse ore il presidente pachistano Asif Ali Zardari si trovava a Teheran per discutere gli ultimi punti dell’accordo di cooperazione con l’Iran per la costruzione di un gasdotto che dovrà portare il gas iraniano al sempre più assetato vicino. Un progetto dal costo stimato attorno ai 7,5 miliardi di dollari, che dovrebbe essere operativo entro la fine del 2014. Il presidente pachistano è stato accolto, oltre che dal collega iraniano Mahmoud Ahmadinejad, anche dalla Guida Suprema Ali Khamenei (insieme nella foto), a conferma dell’importanza che l’opera riveste per gli iraniani. Il progetto, di cui si parla da una ventina di anni, aveva incontrato delle difficoltà dopo il suo lancio nel 2010, a causa di problemi di finanziamento della parte pachistana e per l’opposizione degli Stati Uniti che cercano di isolare l’Iran. Ostacoli che negli ultimi mesi sembrano essere stati superati. A novembre scorso Teheran e Islamabad hanno firmato un accordo secondo il quale il governo iraniano fornirà un prestito di 250 milioni di dollari al Pakistan, mentre ulteriori 250 milioni verranno erogati da banche commerciali iraniane al fine di finanziare la costruzione – da parte della società iraniana Tabdir – dei 780 chilometri di condutture in territorio pachistano. Da parte sua Islamabad dovrà mettere il restante miliardo di dollari necessario a completare l’opera. Alla fine il gasdotto sarà lungo 2.700 chilometri e avrà una capacità iniziale di 22 miliardi di metri cubi all’anno, che dovrebbe poi salire a 55. Nelle intenzioni iniziali, il gasdotto doveva proseguire dal Pakistan fino in India, ed era stato ribattezzato “il gasdotto della Pace” (Ipi) perché avrebbe unito i due storici nemici. Tuttavia le rinnovate tensioni tra Islamabad e Nuova Delhi e l’opposizione degli Stati Uniti hanno bloccato il progetto. Per convincere gli indiani ad abbandonare il progetto, tra le altre cose, Washington ha garantito il proprio sostegno al programma nucleare civile di Nuova Delhi, nonostante l’India possieda un arsenale atomico al di fuori del Trattato di non proliferazione. Mercoledì il portavoce del Dipartimento di Stato Usa ha provato a ricordare ai pachistani i tentativi statunitensi di “contribuire ad alleviare la crisi energetica in Pakistan”. Contributi che non sembrano essere bastati al governo di Islamabad, che deve fare i conti con una forte carenza energetica. Proprio lunedì scorso il Pakistan è stato colpito da un black out totale, quando lo spegnimento di uno dei principali impianti energetici ha lasciato il Paese al buio per oltre due ore. Un evento straordinario anche per un Paese che spesso è colpito da locali cali di tensione. L’ufficio del ministero per l’Energia ha fatto sapere che il black out è stato causato dall’effetto domino venutosi a creare dopo lo spegnimento della centrale elettrica dell’Hubco nella provincia del Beluchistan. L’impianto, uno dei più importanti del Pakistan con i suoi 1.200 megawatts al giorno, si sarebbe spento a causa di un guasto tecnico, provocando un calo di tensione che ha causato lo spegnimento a catena degli altri impianti nel Paese.Ferdinando Calda |
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