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Governo, anche Cancellieri tecnicamente fuori |
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Il premier Monti aveva deciso di chiamare il signor Beppe Grillo e gli onorevoli Bersani e Berlusconi per discutere di come dovrà presentarsi l’Italia al vertice europeo. Nell’attesa a palazzo Chigi è arrivato Matteo Renzi. Il sindaco di Firenze sarà uno dei protagonisti della direzione di domani del Pd. C’è chi ipotizza che no si presenterà, ma visto il momento sarebbe come disertare. E il giovane rottamatore, si sa, non ha alcuna intenzione di tirarsi fuori dai giochi. Intanto Giorgio Napolitano trascorre queste giornate pensando a come risolvere il sudoku del nuovo governo. Missione quasi impossibile, perché nell’universo a cinque stelle si cambia idea ad ogni battito di ciglia. Se il capogruppo precario Vito Crimi (con contratto a tre mesi) del Senato sembrava aver aperto al governo tecnico, subito il guru internazional-popolare è intervenuto sul suo blog per mettere i puntiniui sulle “i”. «Non esistono governi tecnici in natura, ma solo governi politici sostenuti da maggioranze parlamentari – scrive Beppe Grillo - Il presidente del Consiglio tecnico è un’enorme foglia di fico per non fare apparire le vere responsabilità di governo da parte di pdl e pdmenoelle». La candidatura della titolare del Viminale Anna Maria Cancellieri dura lo spazio di un mattino. Ipotesi del genere sarebbero fra i desiderata di Giorgio Napolitano. Ma per ora le tessere del puzzle sono troppo diverse per andare a posto. Certo, le pressioni su Pierluigi Bersani per un accordo con il Pdl in nome della governabilità non sono poche. Ma il segretario del partitone tricolore non ha nessuna intenzione di cedere, ha dalla sua la base e i gruppi parlamentari. Però i veltroniani esistono ancora, e fanno sentire la loro voce. «Ma c’è ancora qualcuno nel Pd che si fida di ciò che dicono dalle parti del movimento cinque stelle?», chiede retoricamente Giorgio Merlo. E ancora: «Un partito riformista e di governo come il Pd non può rincorrere ogni giorno le giravolte di Grillo. Diventeremmo semplicemente ridicoli». Paolo Gentiloni entra nel dibattito per puntualizzare che «un conto è dire che il partito ha legittimamente il diritto di avanzare una proposta, dato che ha preso più voti, e un conto è vincolare il compito già complicatissimo del presidente della Repubblica a dire o c’è un governo di minoranza di Bersani appoggiato da Grillo, che peraltro non lo appoggerà, oppure si torna a votare tra due mesi: questa mi sembrerebbe una posizione troppo rigida». Dall’altra parte della barricata Renato Brunetta si frega le mani: «Si faccia un governo di larghe intese. Gli italiani al 60% hanno votato i maggiori due partiti. Bersani è in grave difficoltà all’interno del suo partito, non si può negare. Dice sì a Grillo e no a Berlusconi, il che sa più di ossessione e pregiudizio ideologico, salvo che così dà in mano il gioco totalmente a Grillo». Va da sé che un patto con il Cavaliere distruggerebbe il Pd. Quello di Bersani sicuramente.Frida Nacinovich |
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