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Banche in rosso, niente dividendi agli azionisti |
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Le banche con i bilanci in rosso non devono distribuire dividendi. Un principio ovvio ma che assume un significato particolare se a dirlo è il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco. Un intervento che è nato evidentemente dalla presa d’atto che una pratica del genere viene largamente praticata e che essa costituisce un autentico affronto sia ai dipendenti degli istituti sia a quelle imprese e a quei cittadini che negli ultimi 12 mesi si sono visti negare il credito o annullare lo scoperto. Oltretutto, l’opinione pubblica è rimasta a dir poco sconcertata dalle più recenti vicende bancarie che hanno visto istituti considerati un tempo solidi e che invece hanno presentato una situazione catastrofica sotto l’aspetto finanziario e patrimoniale. Banche nelle quali la commistione tra politica ed affari era evidente che soltanto un cieco poteva non vederla. Da qui anche l’altro invito fatto da Via Nazionale sull’opportunità di non assegnare eccesivi premi di produzione (i cosiddetti “bonus”) ai manager delle banche. Se le banche stanno in rosso perché premiare i dirigenti che le hanno trascinate nel precipizio? Visco ha posto l’accento anche sull’eventuale basso livello del patrimonio rispetto agli impieghi, investimenti e prestiti. Un patrimonio deteriorato da operazioni andate a male. Anche in questo caso, trattandosi dell’adeguamento della legislazione italiana ai parametri decisi nelle più diverse sedi internazionali, il dividendo non dovrà essere distribuito. Una precisazione necessaria quella del governatore. E che si dovrebbe allargare più in generale a tutta l’economia. Basti pensare che diversi anni fa, una società come la Telecom che pure era gravata da un forte indebitamento, si indebitò ulteriormente per poter pagare i dividendi agli azionisti. In particolare a quelli che detenevano la quota di controllo del 21%. Un malcostume che non è ovviamente soltanto italiano ma che diventa intollerabile in una fase di crisi come l’attuale con milioni di cittadini ridotti in povertà senza uno straccio di retribuzione sulla quale poter contare. Cittadini che dovranno ancora scontare una recessione della quale non si vede la fine. E poiché, molto spesso gli azionisti, divenuti tali grazie alle “stock option”, ricoprono incarichi dirigenziali nelle banche, la Banca d’Italia ha avvertito gli istituti a non fare i furbi e a non cercare di aggirare tali disposizioni aumentando la parte fissa dello stipendio fisso o spostando la parte variabile negli anni seguenti. Le banche devono quindi migliorare i loro modelli di gestione, evitare operazioni azzardate che comportino il deterioramento delle attività patrimoniali e tenere conto in misura maggiore nei bilanci delle necessarie rettifiche per prestiti concessi e che si stanno rivelando inesigibili. In questa fase l’intervento della Banca d’Italia resta al livello della raccomandazione ma in futuro le cose potrebbero cambiare. Da tempo Visco chiede infatti una nuova normativa con maggiori poteri di intervento e la possibilità di dichiarare decaduti i vertici delle banche in presenza di una distribuzione di bonus che risulti eccessiva rispetto a quelo che è il risultato dell’esercizio. La Banca d’Italia confida che si abbia una risposta automatica da parte degli istituti e adeguata alle raccomandazioni fatte. In particolare per quanto riguarda il rafforzamento del patrimonio proprio. Altrimenti Via Nazionale svolgerà in maniera sempre più stringente i propri poteri di intervento. In caso di utile reale, la distribuzione del dividendo non potrà mai essere superiore al 50% di quello distribuibile. Il resto dovrà essere imputato a riserva. Una svolta quella di Via Nazionale che sembra voler porsi sulla scia del risultato del referendum svizzero con il quale i cittadini hanno voluto mettere un limite ai bonus versati ai banchieri. Filippo Ghira
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