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La bonaccia finanziaria che non promette nulla di buono |
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Visti e considerati i precedenti, il fenomeno più preoccupante per l’Italia in questa fase è dato dalla relativa calma con la quale i mercati finanziari accompagnano le vicende politiche italiane. Le aste dei Btp quindicinali e dei Bot annuali sono andate benino. Benissimo no, perché la richiesta è stata appena di 1,2 volte l’offerta ed in altre epoche sarebbe stata di almeno 2,5 volte. In compenso però lo spread tra i Btp decennali e i Bund tedeschi è rimasto sostanzialmente stabile. Dopo aver chiuso a 315 punti venerdì scorso, ieri ha toccato 337 punti per poi scendere sotto 330. E questo nonostante la crisi finanziaria di Cipro che tiene in fibrillazione tutta l’Eurozona che teme un altro duro colpo inferto al sistema dell’euro. Eppure, se si tenesse conto dello stato dei conti pubblici, il debito al 127,2% del Pil, lo spread dovrebbe essere sopra i 500 punti. A novembre 2011, quando Berlusconi fu costretto a dimettersi per lo stato catastrofico delle finanze pubbliche, il debito era infatti al 120,1% del Pil e lo spread era a 570 punti e la situazione dell’epoca veniva presentata come più prossima alla bancarotta. Monti, da parte sua, riempiendo gli italiani di tasse ha ridotto il disavanzo dal 4,2% del Pil al 3% attuale. Un risultato devastante, almeno secondo le logiche operative dei banditi delle Borse, in primis gli speculatori anglofoni, che in passato avevano sfruttato ogni sussulto nella nostra finanza pubblica, o il declassamento da parte delle agenzie di rating, per andare all’attacco, provocando il ribasso del valore di mercato dei Btp e al tempo stesso il rialzo dello spread con i Bund. E’ curioso dover prendere quindi atto che l’Italia è interessata da una insolita bonaccia finanziaria e che i vari operatori finanziari, per lo più quelli di Wall Street e della City, si siano presi un periodo di attesa insolitamente lungo per vedere quale tipo di governo nascerà, quali forze politiche ne faranno parte e soprattutto quali personaggi vi parteciperanno per garantire che verrà fatto ciò che deve essere fatto. Il problema è infatti questo e non tutti lo vedono allo stesso modo. La Germania ad esempio, come prima potenza economica e coscienza critica dell’Europa, vuole che l’Italia continui con il rigore dei conti pubblici, tagli il debito pubblico e il disavanzo ma non si preoccupa troppo di come ciò potrà essere fatto. Oltre a questo, il governo di Angela Merkel, spinge perché i governi italiani realizzino compiutamente le riforme strutturali che sono state varate. Prima di queste, quella del mercato del lavoro che rendendolo più precario e flessibile, e attribuendo una illimitata libertà di licenziamento, dovrebbe invogliare le imprese ad assumere. Come si fa a innescare una ripresa, si domandano a Berlino, se non si riavvia il meccanismo economico grazie al quale nelle casse dello Stato entreranno maggiori contributi sociali e tasse? Dubbi espressi dal presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, che ha invitato i governi italiani ad andare avanti con le riforme e con il rigore dei conti, altrimenti la Banca centrale europea non comprerà più i titoli pubblici italiani fino a 3 anni, come sta già succedendo in questa fase. I tedeschi, abituati più alle cose da fare che alle chiacchiere della politica italiana, sono rimasti interdetti per le dichiarazioni di diversi politici italiani, se bloccare o meno le riforme in atto o addirittura considerare una uscita dall’euro, come vorrebbe Grillo. Gli italiani non possono contare sul fatto che la Bce interverrà a salvarla, ha avvertito Weidmann. Devono risolvere da soli i propri problemi, in caso contrario i tassi di interesse sul debito torneranno in alto e con lo loro lo spread che non è un messaggio rassicurante per quanti hanno investito in titoli italiani. In Italia, ha lasciato capire Weidmann, si rischia di finire come a Cipro, dove, imposto dai ministri delle Finanze dell’Eurozona, è in arrivo un prelievo forzoso dai conti correnti bancari dei cittadini. Sarebbe un bis della rapina compiuta da Giuliano Amato nel lontano 1992. Se questo è l’atteggiamento della Germania, altri sono i pruriti della finanza americana e britannica che coltiva interessi più diretti nei riguardi dell’Italia. Interessi che hanno a che fare con le quote azionarie delle imprese ancora sotto controllo pubblico. Gruppi come Eni, Enel e Finmeccanica con tutte le loro società controllate. Imprese tutte in floride condizioni economiche e con una presenza diffusa sui mercati mondiali che fanno pregustare un succulento banchetto. Soprattutto aziende che permettono da decenni all’Italia di svolgere una politica estera autonoma nel mondo e nel Mediterraneo. Autonoma, ovviamente dai legami politici che legano l’Italia alla Nato e alle sue mire egemoniche. Una svendita, quella delle aziende pubbliche, che potrebbe essere avallata dalla presenza di gente come Mario Monti al governo che, da ex consulente di Goldman Sachs, banca che partecipò alle privatizzazioni del1996-2001, sa bene ciò che deve essere fatto per tenere buoni i banditi della finanza anglofona. Un Monti che, finora, ha sbagliato tutte le sue mosse politiche. Ad incominciare dal creare una lista con il suo nome che ha azzerato la probabilità di presentarsi come il salvatore della Patria, come l’arbitro di un Parlamento reso ingovernabile dal voto elettorale. Un governo con PD, SEL e Scelta Civica, non dispone però dei numeri per durare a lungo a Palazzo Chigi. Sul futuro dell’Italia e sul livello dello spread tra Btp e Bund si accettano pure scommesse. I bookmaker hanno le idee chiare. Un governo, sia pure minoritario al Senato, con Bersani e Monti, farebbe scendere lo spread sotto i 200 punti. Uno con Bersani e pezzi dei Grillini o del PdL si attesterebbe a quota 200, il livello fisiologico secondo la Banca d’Italia. Se si andasse di nuovo ad elezioni, o se le riforme, e le svendite delle aziende pubbliche slittassero, lo spread passerebbe invece quota 500 punti. Dobbiamo allora prendere atto che siamo un Paese a sovranità limitata, messo sotto controllo e sotto tutela dai suoi principali nemici. E questo è davvero sconfortante. Filippo Ghira
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