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Non sono in pochi a sostenere che il Paese ha bisogno di un esecutivo in grado di funzionare e di portare di fronte alle Camere i propri provvedimenti. Sulla graticola la “soluzione belga” prospettata dal Movimento 5 stelle; per costoro una strada non percorribile, che rischierebbe di spingere verso il baratro l’intero apparato burocratico. Gli attuali inquilini di Palazzo Chigi sono dimissionari; è quindi compito del presidente della Repubblica trovare una persona in grado di incontrare il favore della nuova maggioranza parlamentare. È certo che non si può far finta che non si siano tenute nuove elezioni e che tantissimi dei parlamentari che conferirono la fiducia a Mario Monti sono oggi liberi cittadini. Per i fautori del “governo a tutti i costi” la necessità di un esecutivo si può evincere anche dal dettato costituzionale e, soprattutto, dai lavori dell’Assemblea Costituente. I legislatori del tempo erano letteralmente ossessionati dai problemi legati all’instabilità politica ed alle “derive assembleariste”. Argomenti utili a rafforzare l’ipotesi di chi sottolinea con forza la necessità di arrivare – nel più breve tempo possibile – alla nascita di un nuovo gabinetto. Con il permanere in carica dei tecnici si potranno apportare solo dei cambiamenti minimi. Solo la legge elettorale – tradizionalmente lasciata nella disponibilità delle Camere – potrebbe essere modificata senza l’apporto dei ministri. Per tutto il resto, ci sarebbe pochissimo spazio di manovra. Un dato che in realtà viene contraddetto da alcuni atti del governo Monti, ipoteticamente in carica per l’ordinaria amministrazione, un concetto giuridico dai confini poco precisi e, quindi, a geometria variabile. Non si può difatti certo ricomprendere nell’amministrazione ordinaria un gesto in grado di rovinare i rapporti diplomatici con uno degli Stati più influenti del globo. Eppure, il ministro Terzi, sul caso dei Marò non ha avuto esitazioni nel decidere di non rispettare la parola data. Il gesto eclatante del capo della farnesina non è stato seguito da nessun documento da inviare alle Camere, come se i rappresentanti dei cittadini non avessero il diritto di sapere cosa sta ispirando il “dialogo” tra Roma e l’India. Altro che affari correnti, quindi. Ad oggi sarà necessario ancora qualche giorno prima che i nuovi presidenti di Camera e Senato approvino un ordine del giorno in cui si prevede l’audizione del governo, e l’esecutivo dimissionario si deve anche occupare di importanti scadenze sul piano comunitario. Entro aprile dovrà essere portato di fronte alla Commissione europea il documento di programmazione finanziaria. Una scadenza improrogabile e fondamentale per cercare di invertire la spirale recessiva. C’e chi afferma che in assenza di un esecutivo, inoltre, non si saprà nemmeno come impedire l’aumento dell’aliquota Iva previsto per luglio. Anche se altre correnti di pensiero affermano che la legge può essere votata solo dal Parlamento. I fautori del “governo indispensabile” rispondono però che è necessario incassare i pareri del governo e capire come reperire le risorse tra i vari capitoli del bilancio statale. La stessa cosa si può affermare per il patto di stabilità. Bruxelles ha permesso – con una dichiarazione fumosa e non del tutto chiara – di non computare ai fini del rispetto dei vincoli di bilancio le somme impiegate dalle amministrazioni pubbliche statali per il pagamento dei fornitori e l’assenza di un esecutivo in carica non renderebbe possibile giovarsi di questa misura, serve infatti un ministro dell’Economia che sia in grado di ricalcolare una lunga serie di cifre. Un dato rilevato soprattutto dalle organizzazioni di categoria di industriali ed artigiani, che chiedono a gran voce di “fare presto”. Un’altra emergenza è rappresentata dai finanziamenti per l’erogazione degli ammortizzatori sociali. Secondo diverse stime sarebbero sul punto di terminare, uno zero che getterebbe nello sconforto e nella disperazione migliaia e migliaia di lavoratori percettori della cassa integrazione in deroga. Continuare ad avere a che fare con un Mario Monti non investito da un nuovo vincolo fiduciario rischia di essere dannoso per le stesse Camere. Senza tralasciare gli argomenti critici, il vantaggio di avere al più presto un nuovo esecutivo sarebbe quello di poter intervenire sulle emergenze tramite l’emanazione di un decreto legge. Atto che potrebbe essere convertito in tempi brevi tramite l’apposizione della questione di fiducia. Burocratismi che per molti rendono indispensabile la rapida scelta di un esecutivo. Il dato certo, tuttavia, è che un governo si farà: il Pd sta lavorando per tenere in sella Bersani, con o senza maggioranza. E non si può giocare al tiro al bersaglio con i 5Stelle, scelti dagli elettori per la promessa di portare in Parlamento la coerenza, oramai merce rara a Palazzo. |
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