Dalla Campania uno tsunami umano contro la terra dei fuochi
 











Giunti nel popoloso comune di Sant’Antimo, in provincia di Napoli, per assistere all’incontro organizzato e ospitato dall’associazione Agorà con la partecipazione dell’associazione La Terra dei Fuochi. Il nostro iniziale scetticismo dovuto alla tarda ora in cui era fissato l’incontro è stato subito spazzato via alla vista di una sede affollatissima e carica di fermento attivista. La presentazione di rito è spettata ai ragazzi di Agorà con Salvatore Todde, coordinatore giovanile e il segretario Giuseppe Italia i quali hanno introdotto il discorso sulla tragica situazione roghi tossici e rifiuti speciali in Campania, con particolare attenzione all’area a nord di Napoli. Ha preso poi la parola Angelo Ferrillo, storico leader dell’associazione La Terra dei Fuochi, in una sala gremita all’inverosimile e la leggerezza del clima delle prime battute ha lasciato il campo alla sconcertante situazione raccontata con lucido e dettagliato realismo. Ferrillo è partito dalle origini della sua associazione spiegando come la stessa, riprendendo le orme lasciate da Legambiente, ha avuto l’idea innovativa di creare un portale di informazione e sensibilizzazione del problema roghi dove raccogliere in tempo reale denunce e segnalazioni; un grande archivio del disastro ambientale che lui ha definito il più grande e drammatico della storia d’Italia (www.laterradeifuochi.it). Una tragedia fin troppo spesso attribuita semplicisticamente alle ecomafie ma che in realtà interessa l’intero comparto industriale italiano e quindi il governo stesso, incapace per decenni di darsi una politica industriale che ponga finalmente il problema smaltimento dei rifiuti speciali come punto centrale dello sviluppo settoriale. Dalle piccole alle grandi aziende, passando anche per le attività commerciali, e cioè l’intero sistema industriale produce i 4/5 dei rifiuti speciali campani a cui si aggiunge la grossa fetta di industrie che producono e ovviamente smaltiscono a nero la propria “spazzatura”. Tutto questo, in assenza di una precisa politica industriale di salvaguardia del territorio e di recupero virtuoso dei rifiuti, finisce nelle campagne nostrane, interrato o dato alle fiamme, e quindi nelle nostre tavole, nel nostro sangue fino ai nostri geni. Quando il leader ambientalista ha esposto i numeri della catastrofe il gelo è calato sui presenti: su 355 cartelle cliniche esaminate dall’istituto Pascale di Napoli il direttore del reparto di oncologia segnala un pauroso aumento di malattie neoplastiche del 45% in 5 anni. Una macabra contabilità con cui in Campania la gente fa i conti ogni giorno ma che supportata dalle parole di un primario assurge ad agghiacciante monito per tutti. In questo territorio, si mangia, si beve e si respira veleno, da decenni, con una incidenza dei tumori fino a 4 volte la media nazionale, ma il picco dell’epidemia, ci assicurano, ancora deve arrivare. Quando dalla platea qualcuno ha chiesto a Ferrillo cosa ne pensasse del Registro dei Tumori e del cosiddetto Sistri (sistema di tracciabilità dei rifiuti) lui pacatamente ha risposto che si tratta di meccanismi di controllo sicuramente importanti, ma in una situazione di normalità, e cioè in una società civile che ha a cuore la salvaguardia del territorio e della salute e un piano di smaltimento nazionale dei rifiuti industriali, ma che rappresentano uno specchietto per le allodole in una situazione disastrosa come quella attuale. Spesso, ha spiegato Ferrillo, risultano vani anche gli sforzi economici per incrementare la raccolta differenziata dal momento che non è certo la dispersione del rifiuto solido urbano il maggior responsabile dell’epidemia di tumori che sta travolgendo la Campania. Lo scetticismo riguarda anche l’organizzazione dei soliti tavoli istituzionali, con tanti illustri commensali ma poca sostanza, con i quali per anni la pubblica amministrazione ha rallentato o addirittura boicottato i cittadini e i comitati ecologisti allontanando nel tempo decisioni invece urgentissime. A suo avviso, bisogna fare pressione sulle istituzioni locali e nazionali “dall’esterno e non ammaestrando e ingabbiando la protesta seduti ad un tavolo con gente che fa finta di non sapere che da decenni in Campania si sversano e bruciano rifiuti a ritmi paurosi”. Inoltre occorre “continuare a sensibilizzare la popolazione affinché un giorno il malgoverno non si trovi di fronte solo poche sparute associazioni a fronteggiarlo, ma un vero e proprio tsunami umano”.Antonio Casolaro