Aqmi annuncia di aver ucciso un ostaggio francese
 











La Francia guarda con apprensione gli sviluppi in Mali in seguito all’annuncio da parte di Al Qaida nel Maghreb islamico (Aqmi) dell’uccisione di un ostaggio rapito nel novembre del 2011. Si tratterebbe di Philippe Verdon,un geologo e uomo d’affari. La notizia è stata diramata dall’agenzia di stampa mauritana Ani, precisando di aver ricevuto una chiamata telefonica da parte di un portavoce di Aqmi, che si è presentato come “Ghairawani”. L’ostaggio francese, considerato “un agente segreto della Francia”, sarebbe stato decapitato il 10 marzo scorso in quanto “spia” e “in risposta all’intervento militare della Francia nel Mali settentrionale”.
Verdon, insieme al suo connazionale Serge Lazarevic, era stato sequestrato la notte del 24 novembre 2011 nel suo hotel a Hombori, nel nord-est del Paese africano, dove i due si trovavano per lavoro. Qualche mese fa, Aqmi aveva diffuso un video su internet in cui Verdon descriveva le “difficili condizioni di
vita” che lui e il suo connazionale erano costretti ad affrontare.
C’erano già dei precedenti nel passato del geologo francese: nel 1991 era riuscito a salvarsi da un sequestro in Sudan dove era stato catturato dai ribelli, che lo consideravano un mercenario; nel 2010 era stato espulso dal Madagascar. Si dice che fosse scampato ad altre “finte esecuzioni” e che fosse amico di Gilbert Bourgeaud, noto con lo pseudonimo di Bob Denard, un famoso mercenario attivo in diversi Paesi del mondo dagli anni sessanta all’inizio degli anni duemila, principalmente nella Françafrique. Un “curriculum” di tutto rispetto quello di Verdon.
Se la notizia della sua morte fosse vera, si complica la situazione per gli altri sette ostaggi francesi in mano ad Aqmi. “Il presidente francese è l’unico responsabile della vita degli altri prigionieri” ha avvertito il portavoce Ghairawani.
L’informazione non è stata confermata dall’Eliseo. “Nulla è confermato” ha detto alla France Press il comitato di
sostegno dell’ostaggio francese, secondo cui il ministero degli Esteri francese “ha avvertito le famiglie all’una di notte sulla diffusione del comunicato”, dicendo di “prenderlo con molte riserve”.
Sulla stessa linea, le dichiarazione del portavoce del Quai d’Orsay, Philippe Lalliot: “Stiamo verificando, ma per il momento non sappiamo di più”.
Nei giorni scorsi era apparso un articolo sul quotidiano francese Le Monde, secondo cui la Francia “non intende più pagare riscatti per la liberazione degli ostaggi francesi”. Il presidente François Hollande, secondo il giornale, lo avrebbe comunicato alle famiglie dei rapiti già a metà gennaio.
Si mettono male le cose per Hollande, che nell’ultimo periodo con l’intervento in Mali aveva riacquistato popolarità. Secondo la stampa francese, le tasche dello Stato sarebbero vuote e si starebbe pensando ad un taglio netto delle spese militari. In particolare, non ci sarebbero più soldi per pagare i soldati transalpini che stanno combattendo
nel nord del Paese africano e per sostenere i costi di una guerra che doveva essere “lampo” e che invece si sta trasformando in un pantano in stile “afghano”. In molti pensano che Parigi abbia fatto il passo più grande della gamba e si riconoscono nelle dichiarazioni recenti dell’ex presidente Sarkozy (l’ultimo che può fare la predica ad Hollande) che ha detto: “Non si va in un territorio (…) vasto tre volte la Francia con quattromila uomini”.
Per questo motivo, Parigi, spalleggiata da Washington, ha chiesto al Consiglio di Sicurezza dell’Onu il dispiegamento di una missione di peacekeeping in Mali in cui saranno integrati i soldati africani inviati dalla Comunità economica dell’Africa occidentale (Cedeao-Ecowas). Intanto, l’Onu ha fatto sapere che conta sulla “presenza completa” della sua “missione di stabilizzazione” a luglio in sostituzione della missione africana Misma e del grosso dell’esercito francese. Lo ha fatto sapere il sottosegretario generale alle operazioni per il
mantenimento della pace delle Nazioni Unite, Edmond Mulet, precisando che il dispiegamento dovrà essere preceduto da un voto al Consiglio di sicurezza dell’Onu. “Non si tratta di una forza di interposizione”, ha aggiunto Mulet, parlando con i giornalisti, al termine di una missione di una settimana in Mali: “Non si tratta di creare una forza tampone tra Nord e Sud”.Francesca Dessì
Esodo di sfollati verso il Burkina Faso
Tredici civili tuareg sarebbero stati uccisi da soldati francesi e africani nella regione di Tlvntkot, a 120 chilometri a nord-est della città di Gao. Nella sparatoria sarebbero rimaste ferite altre 16 persone. Lo ha reso noto il quotidiano al Khabar, aggiungendo che vittime e feriti facevano parte di una carovana. La situazione per i civili si fa sempre più difficile. Si muore sotto il fuoco incrociato e i bombardamenti a tappeto. Non solo. I combattimenti via terra e via aria nelle regioni del centro e del nord del Mali hanno lasciato dietro di loro una scia di
ordigni inesplosi che ora danneggiano seriamente le vite di bambini e di sfollati che rientrano alle proprie abitazioni. A lanciare l’allarme è l’Unhcr, l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati, che denuncia l’abbandono di mortai, razzi, artiglieria, granate, proiettili e bombe concentrati nelle città di Diabaly, Douentza, Konna e Gao. Intanto continua l’esodo di migliaia di profughi che “a piedi, a cavallo o a dorso di cammelli, attraversano ogni giorno il confine che separa il Mali dal Burkina Faso, per raggiungere la piccola località di Djibo, a circa 400 km da Ouagadougou”. È quanto si legge in un reportage pubblicato ieri dal quotidiano Journal du Mali, secondo cui i maliani, perlopiù tuareg, peul e tuareg, scappano senza portare nulla con sé.