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Obama sogna, Hillary si gioca tutto
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diMatteo Bosco Bortolaso
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Ciambelle portafortuna per Barack Obama nel «mini martedì» delle primarie in Maryland, Virginia e distretto di Columbia (cioè la città di Washington). Ieri il senatore dell’Illinois ha fatto capolino nella capitale assieme al sindaco nero Adrian Fenty, comprando caffè e dolcetti di Dunkin’ Donuts che ha portato ai seggi. Se Barack sorride – forte anche delle vittorie dello scorso weekend – la sua rivale Hillary è in difficoltà. L’ondata a favore «del cambiamento» sembra inarrestabile e gli ultimi sondaggi davano Obama ancora una volta vittorioso. Nel piccolo distretto di Columbia, che ospita la capitale degli Usa e ha una massiccia presenza nera, era dato per favorito. Sembra che nella città di Washington l’affluenza sia stata particolarmente alta: «E’ la prima volta che vedo file così lunghe per votare, è uno scenario più vivace del solito», ha detto Maria Alvarez, in coda fuori dalla scuola elementare Murch di Washington. In Virginia il governatore Tim Kaine e Douglas Wilder, il primo afro-americano ad essere eletto governatore nella storia degli Usa e attualmente sindaco di Richmond, appoggiavano Obama sostenendo che era il migliore candidato per sconfiggere i repubblicani nelle elezioni di novembre. Come negli altri stati che hanno già votato, i giovani erano dalla parte del senatore dell’Illinois: «Obama rappresenta il cambiamento e parla alle persone della mia età», ha detto Roy McKenzie, 19 anni, dei giovani democratici del Roanoke College a Salem. Lunedì, all’università del Maryland (il terzo stato dove si è votato), Obama ha tenuto un discorso in cui ha ribadito: «Abbiamo bisogno di qualcosa di nuovo». Secondo i calcoli della Associated Press, prima delle consultazioni di ieri la Clinton aveva 1.147 delegati contro i 1.124 di Obama: un piccolo vantaggio che potrebbe essere cancellato da una netta vittoria nelle primarie del Potomac. Non a caso Hillary – prima ancora di sapere i risultati – ieri è volata a El Paso, in Texas, dove punta a vincere il 4 marzo. «Deve vincere con un buon margine in Texas e in Ohio altrimenti è fuori», ha detto un super-delegato che appoggia la senatrice di New York parlando con il New York Times. Ma scommettere tutto su Ohio e Texas potrebbe essere un arma a doppio taglio per l’ex first lady: si teme infatti l’effetto Giuliani. L’ex sindaco di New York aveva puntato tutto sulla Florida ma – uscito poi con le ossa rotte – si è dovuto ritirare. Obama, invece, nel pomeriggio di ieri si è trasferito in Wisconsin, che voterà martedì prossimo assieme alle Hawaii, paese dove Barack è nato (padre e madre studiavano lì). Oggi, inoltre, Obama, pianterà le tende del suo nuovo quartier generale all’ombra del Campidoglio di Austin, la capitale del Texas, dando da filo da torcere alla rivale. Hillary, che ha dovuto sborsare 5 milioni di tasca propria per la campagna, non riesce a tenere il passo nemmeno sul fronte finanziario. Come se non bastasse, molti super-delegati – notabili di partito, senatori e deputati – potrebbero seguire la corrente e appoggiare il senatore dell’Illinois. C’è però chi continua a sognare che i due rivali si uniscano per il «ticket dei sogni». Sussuri e voci dicono che il premio Nobel Al Gore stia lavorando dietro le quinte per realizzare l’impossibile. Altri dicono che l’ex vice presidente potrebbe correre come numero due. Sul fronte repubblicano il senatore John McCain, dopo aver perso contro Huckabee in Kansas e Louisiana e vinto di misura nello stato di Washington, ha tentato di ribadire la sua posizione di front-runner che lo rende virtualmente già candidato. Ieri, prima dei voti, l’Associated Press dava al vecchio veterano 729 delegati, al pastore battista Mike Huckabee 241 e a Ron Paul 14. Mitt Romney, che si è ritirato, prima di andarsene ne aveva raccolti 288. Ieri però McCain ha dovuto affrontare un altro avversario: Fidel Carstro, che da Cuba lo ha invitato ad ispirarsi «al saggio ateniese Socrate, vissuto 2.400 anni fa, che diceva: so solo che non so nulla». Castro ha dedicato la prima parte di una sua «Riflessione» pubblicata lunedì dal quotidiano Granma a confutare la tesi di McCain secondo cui durante la guerra del Vietnam erano attivi rivoluzionari cubani che torturavano i prigionieri. Ieri invece si è concentrato sulle proposte elettorali del candidato repubblicano, che riguardano ogni settore, dalla politica all’economia, dall’energia alla lotta in difesa dell’ambiente. «Sembrerebbero - sostiene Castro - i sogni di un naufrago in mezzo alla tempesta”.de Il manifesto |
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