L’utilizzo dei droni come arma di guerra è una tattica “legale ed efficace”, ma questo “non vuol dire che sia un’azione eticamente giusta in ogni circostanza”. È questo il punto di vista espresso dal presidente degli Stati Uniti Barack Obama durante il suo intervento alla National Defense University di Washington. Un discorso pieno di implicite scuse per gli errori commessi in passato e sbandierate buone intenzioni per il futuro, dalla chiusura di Guantanamo a una revisione globale della “guerra al terrore”. Un tipo di discorso, insomma, simile a quelli che hanno fatto guadagnare a Obama il premio Nobel per la Pace, ma che di fatto non furono seguiti da azioni altrettanto incisive. In merito ai droni – gli aerei senza pilota largamente utilizzati dall’amministrazione Obama per uccidere sospetti terroristi in giro per il mondo – il presidente democratico ha riconosciuto l’esistenza di “profonde questioni circa la legittimità rispetto alle leggistatunitensi e internazionali sollevate da questa nuova tecnologia”, insieme al rischio di causare vittime civili e “creare nuovi nemici”. Tuttavia, ha aggiunto subito dopo, “le nostre azioni sono efficaci e legali”. Questo perché “siamo in guerra con al Qaida, i talibani e le forze associate”. Una “guerra giusta”, condotta “per legittima difesa”. Insomma, la guerra al terrore continua (“Né io, né alcun altro presidente può promettere la sconfitta totale del terrorismo”), ma – è la promessa di Obama – non durerà per sempre e sarà condotta “mantenendo i nostri ideali e i nostri valori”. Il che vuol dire che gli attacchi con i droni saranno consentiti solo per omicidi mirati di obiettivi che pongono “una continua e imminente minaccia ai cittadini statunitensi”, che non possono essere catturati dagli Stati Uniti o da un loro alleato, e solo se c’è la ragionevole certezza che non saranno coinvolti civili nell’attacco. In teoria già dovrebbe essere così, ma i fatti (vittime civili eattacchi autorizzanti anche senza conoscere l’identità del soggetto, ma solo in base a comportamenti “sospetti”) dimostrano il contrario. Oltre al fatto che bisognerebbe capire come faccia un miliziano in Yemen o in Somalia a rappresentare una “minaccia imminente” per gli Stati Uniti. A meno che non sia in procinto di prendere un aereo con uno zaino pieno di esplosivo. A sostegno delle sue parole Obama ha anche voluto sottolineare che, dopo il picco del 2010, il numero degli attacchi condotto con gli aerei senza pilota sarebbe notevolmente diminuito. Bisogna credergli sulla parola, dato che gran parte delle operazioni sono ancora in mano alla Cia (e quindi segrete) e che, dopo una breve apertura, a marzo scorso l’aviazione militare Usa ha nuovamente censurato i dati sulle operazioni dei droni in Afghanistan sostenendo che si tratta soprattutto di “missioni di ricognizione”. Riguardo la durata della guerra al terrore iniziata da George W. Bush dopo gli attacchi alle Torri Gemelledell’11 settembre 2001, Obama ha assicurato che – anche se “il nostro sforzo sistematico di smantellamento delle organizzazioni terroristiche non può che proseguire” – “questa guerra, come ogni altra, deve concludersi. A suggerirlo è la storia, e a pretenderlo è la nostra democrazia”. E anche il portafoglio, considerando che in questi anni gli Usa hanno speso oltre 1.000 miliardi di dollari in guerra, “facendo esplodere il nostro deficit e limitando la capacità di fare crescere il nostro Paese”. Le parole di Obama sono una risposta alle polemiche scoppiate nei giorni scorsi all’interno del Congresso Usa, dove per la prima volta è stata messa in discussione la “war authorization” (più precisamente la Authorization for Use of Military Force-AUMF). L’autorizzazione all’uso della forza contro i responsabili degli attacchi dell’11 settembre che fu concessa dal Congresso all’allora presidente Bush e che ancora adesso rappresenta la base legale per le operazioni militari Usa all’estero, inprimis gli attacchi dei droni. Dal Pentagono sostengono che debba rimanere operativa per almeno altri 10-20 anni per portare avanti la guerra ad al Qaida e compagni. Ma una simile prospettiva sembra far inorridire i deputati, specialmente tra le file dei repubblicani. “L’autorità è cresciuta in modo sproporzionato e non è più applicabile alle condizioni che spinsero il Congresso a votare l’autorizzazione all’uso della forza militare come facemmo nel 2001”, ha sottolineato John McCain, capo gruppo dell’opposizione Gop alla commissione Forze Armate del Senato. In particolare McCain ha contestato il fatto che i militari “hanno praticamente carta bianca per agire in tutto il mondo” contro i sospetti membri di al Qaida, dal Mali, alla Libia, alla Siria. Un aspetto confermato dal consigliere legale del Pentagono, Robert Taylor, chiamato a testimoniare al Senato sull’Aumf insieme ad altri tre ufficiali. Angus King, senatore indipendente del Maine, ha definito quell’audizione “la piùsconvolgente e inquietante audizione a cui ho assistito da quando sono qui”. “Voi praticamente oggi avete riscritto la Costituzione”, ha dichiarato rivolto ai quattro ufficiali del Pentagono. Ferdinando Calda Guantanamo “Guantanamo è divenuta il simbolo dell’America (gli Stati Uniti ndr) che aggira la legge”. Così il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, che ha addossato tutte le responsabilità della mancata chiusura del supercarcere all’opposizione del Congresso ai trasferimenti. “Ho trasferito 67 detenuti in altri Paesi prima che il Congresso imponesse delle restrizioni”, ha spiegato Obama, ricordando anche gli oltre cento detenuti in sciopero della fame per protesta contro la detenzione a tempo indeterminato. Le parole di Obama sono state accolte con favore da Amnesty International, che però esorta il presidente a “passare immediatamente all’azione”. Obama, aggiungono da Amnesty, “ha fatto bene a non riproporre il concetto di detenzione a tempo indeterminato, ma la suaproposta di processare i detenuti in terraferma di fronte alle commissioni militari va rigettata come illegale e non necessaria”.
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