La storia televisiva e quella dei moderni mezzi telematici, in Italia hanno puntato, da sempre, su una rosa ristretta di programmi e tematiche su cui concentrare l’opinione pubblica, fossilizzarla nonché distrarla dai veri problemi. Attraverso l’esagerazione di spazi dedicati ad aspetti che pure hanno dignità, il “sistema” (è notorio e palese) ha saputo costruire il consenso e mitigare, se non annullare, il dissenso. Ha incanalato, dunque, il conformismo morale, politico e culturale attraverso una proficua gestione dei tempi e degli spazi da dedicare alle varie tematiche. Fra queste, spicca lo sport, soprattutto il calcio, quello milionario che inebetisce e rende drogati alcuni individui incapaci di allontanarsi, nelle dissertazioni con amici e parenti, dai discorsi del pallone. Altre volte s’è spinto parecchio su film, programmi televisivi trash, canzonette a iosa, telenovele e reality show. Ora ci sono i nuovi grandi contenitori dei socialforum che, utilizzati in dosi massicce, quasi 24 ore al giorno, fanno perdere il vero riscontro delle esigenze dei giovani. Gli strateghi dell’ascolto televisivo sanno quale sia la miscela da offrire al telespettatore pur di tenerlo incollato all’elettrodomestico. Sanno anche che le redditizie sale giochi dell’azzardo, capaci di dominare e distrarre le volontà di moltissime persone (con, in più, l’illusione immediata e illusoria di ricavare molti soldoni), hanno solo la leggera controindicazione di distogliere dagli schermi televisivi e dei pc. Anche i programmi di informazione e i telegiornali sono caduti vittima del “mercato della notizia” e sono costretti, per non farsi scavalcare dalle testate avversarie, a puntare morbosamente sulle stragi di Avetrana, Cogne e altre. Negli ultimi mesi, complice la crisi del Paese e il relativo sbando totale che subisce, gli strateghi hanno notato un maggiore coinvolgimento alle trasmissioni di carattere politico. Gli stessi segretari oresponsabili di partito hanno colto al volo questa nuova forma di talk show/tribuna politica, in cui affermare la propria immagine e curare gli interessi del sodalizio. La trasmissione di Bruno Vespa (Porta a porta), considerata da molti, non a torto, come “la terza camera”, ormai non è più sola nello scenario televisivo italiano e si è circondata di numerosi altri epigoni, sino a poter parlare di “quarta camera” e così via. L’impressione è che gli accordi di partito e le nuove iniziative siano decise anche tra i salotti televisivi, quando i politici si trovano a gambe accavallate a promettere o a screditare l’altro. Chi si giova di tutto questo? Di sicuro il canale che li trasmette e gli sponsor che trovano la giusta cornice di pubblico per reclamizzare i prodotti. Ne guadagnano i responsabili delle trasmissioni nonché i politici e i giornalisti invitati a più riprese. Un passaggio televisivo per un giornalista è anche un chiaro messaggio pubblicitario a favore della testata cherappresenta. Una proiezione televisiva di tale sorta equivale a un incremento delle vendite in edicola (e non solo) nei giorni seguenti. Un’ospitata televisiva che si conclude vincendo nei confronti dell’avversario in studio, porta, in prossimità di una contesa elettorale, alcuni punti percentuali in più. Su questo elemento ci sarebbe da interrogarsi: perché il popolo italiano decide il proprio voto, indipendentemente dai programmi, dalla storia del partito e dei suoi leader, quanto dall’abilità mediatica e dal mettere sotto e ridicolizzare l’avversario? Come in una partita di calcio. I metodi per calamitare e invitare alla visione ci sono tutti nel format televisivo classico: prima di coinvolgere gli ospiti, si trasmettono uno o due servizi iniziali puntati sulla rabbia popolare, gli epiteti della gente comune e le lamentele sul disagio economico. Per stemperare l’aria, poi, si inseriscono, a esempio, i gradevoli 10 minuti di Crozza che, in farsa, dice ciò che i presentihanno terrore ad ammettere. Anche Santoro, parte con la sua introduzione, in genere un po’ vittimistica, poi lancia un servizio sulla “disperazione sociale”, aggiunge un po’ di sano confronto, infine il messaggio di Travaglio che ci dice ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. Il noto confronto a Servizio Pubblico tra Berlusconi e Santoro/ Travaglio/Vauro/Innocenzi/Costamagna (10 gennaio) è stato seguito da quasi 9 milioni di telespettatori, raggiungendo quote tipiche di grandi eventi calcistici. Qualche esempio sugli ascolti di Ballarò: la puntata del 30 aprile scorso è stata il secondo programma più visto, 4 milioni di telespettatori e share (rapporto tra gli spettatori di una trasmissione e il totale di chi guarda il televisore) oltre il 15%; il 16 aprile ha vinto la serata con quasi 5 milioni di spettatori e quasi 19% di share, il 9 aprile sempre secondo programma, con più di 4 milioni di ascoltatori e share oltre il 15%. Servizio Pubblico oscilla intorno a una quota dicirca 3 milioni di spettatori (con l’eccezione del 10 gennaio con quasi il 34% di share). Sono cifre importanti per questa terza stagione che superano, di molto, le precedenti. In regime di Porcellum, gli elettori non hanno facoltà di scegliere i rappresentanti, però per questi è sempre importante farsi vedere e sentire nei salotti televisivi, sia per influire sulle scelte del partito stesso sia in previsione della fantomatica nuova legge elettorale. I politici gradiscono essere degli ospiti frequenti perché consapevoli della possibilità di essere scelti e premiati, concorrendo, a livello locale, alle elezioni regionali, provinciali e comunali. Questo spiega, ulteriormente, la loro presenza in prossimità delle elezioni amministrative. Le trasmissioni dovrebbero fornire spunti di riflessione e di cultura anche per avvicinare i giovani e i novizi della politica a una maggiore comprensione della stessa, degli equilibri, dei passaggi istituzionali e dei programmi. Il dubbio che puòsorgere è quello se, in queste arene televisive, in cui si sovrappongono voci e accuse, difese e attacchi, bunga bunga e ironie spicciole, l’utente comprenda davvero qualcosa ed esca rigenerato da tali visioni. Nelle suddette trasmissioni, tranne qualche rarissimo caso (pagato con l’esautorazione), manca sempre il M5s, l’unica formazione, a torto o a ragione, a indicare qualcosa di nuovo, di giovane; mancando anche questa spinta, questa protesta, il canovaccio delle puntate fila via liscio, quasi a memoria, senza particolari sussulti. Anche il sacro totem dell’auditel risente di queste mancanze del M5s che aumenterebbero gli ascolti già molto alti. I portavoce del Movimento hanno letto, tuttavia, il risultato non brillante alle amministrative dei giorni scorsi nella poca esposizione mediatica. Il televisore sarà un elettrodomestico datato, secondo Grillo, ma ancora funzionale, soprattutto per alcune fasce di età non proprio “native digitali”. La crisi economica e ladisoccupazione spingono gli elettori a dividersi: chi cerca ancora una valvola diversiva tra calcio e programmi leggeri e chi spera di ricevere garanzie dalle labbra del politico di turno, presente in trasmissione. Qualche spettatore è stato tolto al calcio e alle altre trasmissioni di distrazione, ma il beneficio non appare così netto, sembra solo un surrogare con argomenti diversi. Al bar e in ufficio, dunque (complice la crisi), si parlerà più di politica e di crisi economica che di calcio, di gol e di infortuni dei calciatori, ma il salto di qualità è infinitesimale. Potrebbe non esserci più, dunque, il “bar sport” bensì il “bar governo” o il bar “parlamento”. Se il prodotto televisivo servisse davvero a una presa di coscienza da parte dell’ascoltatore affinché possa alterarsi davvero e punire in cabina elettorale, rendendosi libero dalle antiche promesse, sarebbe pure un bene ma il freno a mano della distrazione è pronto ad abbassarsi: non appena il livello si fa piùprofondo, condiviso e generalizzato, fuori dagli steccati imposti, ecco che si piazza, a esempio, la solita storiella di Ruby e del bunga bunga. Si torna, così, d’incanto, al reality, al calcio, al vuoto. Marco Managò
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