Heinrich Neuhaus, un grande maestro
 







Rosario Ruggiero




Che la Russia e quella che fu un tempo l’Unione Sovietica abbiano dato al mondo artisti di massimo livello è pacifica realtà, nella letteratura come nella danza, non certo per ultimo nella musica. Enorme, infatti, è la schiera di compositori di grande, quando non massima, significatività, da Strawinski a Ciajkovskij, Scriabin, Rachmaninoff, Musorsgkij, Rimsky-Korsakoff, Prokofieff, Shostakovich, Khachaturian, Kabalevski, Cui, Borodin o Glinka. Non certo minore quella degli interpreti, esemplari per virtù tecniche e musicali veramente straordinarie, basterà ricordare  il violoncellista e direttore d’orchestra Mstislav Rostropovich, i violinisti David e Igor Oistrakh, Leonod Kogan, il cantante Scialiapin, per non parlare dei pianisti, da Anton Rubinstein a Sergei Rachmaninoff, Nikita Magaloff, Vladimir Horowitz, Lazar Berman, Lev Oborin, Vladimir Ashkenazy, Leopold Godowsky, Emil Gilels, Sviatoslav Richter, Vladimir Sofronitsky, Vladimir dePachmann, Igor Zhukov, Yakov Zak, Josef Lhevinne, Grigory Ginzburg, Kostantin Igumnov, Maria Yudina, Rosa Tamarkina, Tataiana Nikolayeva, fino all’attuale Evgenij Kissin e le continue stelle emergenti del concertismo. E questo considerando solo quanto è potuto arrivare al mercato concertistico e discografico a noi più vicino, tralasciando quindi una gran quantità di artisti dall’attività terminata troppo prematuramente, svolta quasi esclusivamente nel proprio Paese, maggiormente conosciuta in altre parti del mondo, non opportunamente documentata, o non russi ma in Russia formatisi, come Ivo Pogorelich o Radu Lupu per fare solo due nomi.
 I motivi di tanta felicità di esiti, volontà, intelligenza, sensibilità e tenacia individuali, ma pure, evidentemente, organizzazione didattica, prestigio della scuola ed eccellenti insegnanti. Tra questi, un posto di spicco merita incontestabilmente Heinrich Neuhaus. Notevole il suo albero genealogico artistico. Nato il 12 aprile 1888, aElisavetgrad, oggi Kirovograd, in Ucraina, ebbe la sua prima educazione musicale dal padre, fondatore della locale scuola di musica. La madre, Olga Blumenfeld, insegnante di pianoforte come il marito, era di origini polacche, sorella di quel Felix Blumenfeld, compositore, pianista e didatta, insegnante, tra gli altri, di due strepitosi virtuosi come Simon Barer e Vladimir Horowitz, e cugina del compositore Karol Szymanosky.
Cresciuto quindi in un ambiente artistico così stimolante, Neuhaus, sedicenne, teneva già concerti in Germania, si perfezionava con il noto virtuoso Leopold Godowsky e si diplomava a Pietrogrado nel 1915, iniziando subito la sua attività didattica che lo porterà, sette anni dopo, al conservatorio di Mosca, di cui sarà anche direttore tra il 1935 ed il 1937, e nel quale insegnerà fino al 1964, anno dei suoi ultimi giorni.
Di ampia cultura, non solo musicale, amico dello scrittore Boris Pasternak (che sposerà la sua prima moglie), Neuhaus padroneggiava unimmenso repertorio pianistico che spaziava da Bach a Shostakovich comprendendo tutto “Il clavicembalo ben temperato”, partite, suite e trascrizioni di Busoni di opere dell’illustre compositore di Eisenach, sonate di Haydn, Mozart e Schubert, di Beethoven tutti i concerti per pianoforte e le sonate per pianoforte, di Scriabin tutte le sonate per pianoforte ed altro ancora, di Chopin praticamente l’intera produzione, tanta musica di Schumann, Liszt, Brahms, Reger, Richard Strauss, di Debussy tutti i preludi, gli studi e “Images”, composizioni di Ravel, Prokofieff, Rachmaninoff, Franck, Caikowski, nonché pagine per due pianoforti ed altra musica da camera.
Come la superficie del nostro pianeta, la produzione esecutiva di un musicista può essere estremamente piatta quando non addirittura depressa, elevarsi lievemente come piacevole paesaggio collinare, o innalzarsi alta e meravigliosa come ammirevole catena montuosa, talvolta svettare irraggiungibile con qualche  eccezionale piccoestremo. Così di alcuni interpreti la produzione si staglia alle nostre orecchie come un altipiano, anche molto vasto; qualcuno è riuscito a darci vertiginose inarrivabili gemme.
Viaggiando con l’ascolto tra le registrazioni effettuate da Heinrich Neuhaus si gode emozionante altitudine artistica, suggestionati dal carezzevole fascino sonoro e dalla fluidità sciorinati nelle sonate op. 109 e op. 110 di Beethoven che non gli impedisce empito appassionato in opportuni passi della Kreisleriana di Schumann o una certa festosità nelle mazurche di Chopin, ma praticamente sempre, in fondo, un’atmosfera come di intimità colloquiale con il singolo ascoltatore, restia al tono di esaltata orazione rivolta alle grandi masse. Una ambientazione sonora più cameristica che da grandi sale. Belle esecuzioni tra le quali sicuramente troneggia quella dell’Intermezzo op. 118 n. 2 di Brahms, nel quale il maestro raggiunge inarrivata, ispiratissima poesia per l’aura di affettuosa malinconia che impregnatutta la composizione, prezioso frutto di sapientissima, attenta amministrazione, momento per momento, di tocco, velocità di scorrimento, intensità sonora e calibrati indugi. Una vetta interpretativa, la sua, massima per quella particolare composizione, non raggiunta dal pur notevole Rubinstein, più esuberante acusticamente, estroverso, meno intimo, meno ispirato, dall’ottantacinquenne Ciccolini, un po’ più sbrigativo, e dagli altrettanto bravi Lupu, Gould o Kissin. Una autentica, commovente delizia per lo spirito quella esecuzione.
Ricco di tutti questi elementi artistici e più ampiamente intellettuali, Heinrich Neuhaus, in qualità di insegnante di pianoforte fu estremamente innovatore caldeggiando e svolgendo lezioni a classi aperte, seguitissime tra l’altro, predicando e realizzando pieno rispetto delle idee e dei gusti dell’allievo ma soprattutto una formazione del discente, attraverso lo studio del pianoforte, non solo aridamente tecnica e strettamente esecutiva, maspecialmente musicale ed umana, stimolata da ampie discussioni ed illustrazioni, sulla storia, sull’armonia, sulla forma e quanto più della musica in studio, come dichiara e traspare anche dalle pagine del suo libro “L’arte del pianoforte”, più che un trattato sorta di spunti, sottolineature ed annotazioni estrapolati dalla sua lunga e prestigiosissima attività.
I suoi risultati pedagogici? Strepitosi. Dalla sua classe sono uscite alcune tra le migliori mani che abbiano mai toccato la tastiera di un pianoforte per brillantezza tecnica, ispirata sensibilità e specialmente intelligenza musicale. Sviatoslav Richter, uno tra i maggiori interpreti del secolo scorso. Tecnica stupefacente per velocità, chiarezza, gamma di intensità dei suoni, varietà timbrica. Un repertorio praticamente incalcolabile. Una musicalità illuminante. Emil Gilels, meravigliosa esuberanza pianistica, bellezza di suono e slancio appassionato nel periodo giovanile, musicalità più pensosa nella maturità. La suaesecuzione di un preludio di Bach rimaneggiato da Siloti registrata durante un concerto al conservatorio di Mosca è un autentico incantesimo. Il pubblico, letteralmente inchiodato ai sedili, per la sua assoluta immobilità dà quasi l’impressione di un artificio cinematografico, come una fotografia sulla quale è sovrapposto il filmato del pianista che, ispiratissimno, suona, se non ci fosse qualche movimento minimo di qualche spettatore a tradire l’illusione. Bellissimo anche il sortilegio sonoro della quinta suite francese di Bach e l’atmosfera creata in certe sonate di Domenico Scarlatti. Ma sono solo alcune delle sue meravigliose esecuzioni. Stanislav Neuhaus, figliolo del maestro, “il virtuoso dell’emotività”, come fu definito. Altissime le su esecuzioni, dello studio op. 42 n. 5 di Scriabin e del valzer op. 34 n. 2 di Chopin. E Radu Lupu, Yakov Zak, Boris Petrushanski, Igor Zhukov.
Basterebbe un solo allievo che avesse appena la metà delle virtù concertistiche di questi gigantiper conferire più che soddisfacente gloria al suo insegnante.
Ciononostante, l’indubbia valentia non risparmiò ambasce esistenziali, come l’arresto, la prigionia e lo sfollamento negli anni Quaranta, a questo straordinario didatta che, dopo aver vissuto per un periodo della sua vita ospitato in casa del suo straordinario allievo Richter, ottenne finalmente dal conservatorio un appartamento di due stanze per sé e sua moglie. Infine una targa commemorativa fu posta nel 1988 nella casa natale di questo uomo straordinario di cui, sostenuta dall’eccellenza di tante esecuzioni sue e da quella di tanti suoi straordinari discepoli, l’alta filosofia dell’arte e della pedagogia pianistica restano magnifico dono, insegnamento profondo ed indimenticabile, per le future generazioni di insegnanti e di artisti di ogni parte del mondo.        









   
 



 
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