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I conti della sanità, nonostante i tagli, migliorano. Ma i problemi sono ancora molti e non tutti dipendono proprio dal comparto. È quanto emerge dalla Relazione sulla gestione finanziaria delle Regioni 2011-2012 della Corte dei conti nel capitolo riguardante la sanità. Ma se il giudizio è positivo in merito al rientro dai disavanzi la Relazione evidenzia come via siano ancora problemi nella rilevazione dei conti, soprattutto degli Enti sanitari, ma soprattutto un fenomeno alquanto preoccupante: “Le criticità finanziarie che vanno emergendo con maggiore chiarezza, in alcune Regioni sembrano, piuttosto, conseguenti ai problemi della restante gestione regionale”. Ma la Corte entra più nel merito e sottolinea come “ciò che sembra emergere con maggiore chiarezza anche dagli esiti delle verifiche del Tavolo tecnico per i piani di rientro, è che spesso i bilanci regionali si giovino delle risorse destinate alla sanità per far fronte ad esigenze diliquidità in altri settori”. Certo, la Corte ricorda in ogni caso come le statistiche OCSE per l’anno 2011 indicano che in Italia la spesa sanitaria pubblica, in termini sia pro capite, sia di incidenza complessiva sul PIL, è inferiore a quella di altri paesi europei. Dal confronto, emerge che il sistema sanitario italiano, pur contraddistinto, in singole realtà territoriali, da margini di inefficienza ancora da recuperare, è un sistema nel complesso non eccessivamente costoso, il cui problema è il quadro della finanza pubblica, condizionato da un pesante onere per il servizio del debito che, nel 2012, è stato pari a 86,7 miliardi, ovvero pari al 78 per cento dell’intera spesa sanitaria per quell’anno. Ma vediamo nello specifico l’analisi delle criticità del settore che fa la Corte mentre rimandiamo agli approfondimenti per gli indicatori numerici. Il comparto sanitario resta il settore di competenza regionale di maggior rilievo, con circa il 77 per cento della spesa correntecomplessiva delle Regioni. La Corte evidenzia come vi siano ancora delle criticità relative alla rilevazione dei conti mentre per quanto riguarda l’armonizzazione dei bilanci pubblici, relativamente al settore della sanità regionale, sottolinea come il decreto sulla materia “è entrato in vigore con l’esercizio 2012, ma, a parte le prevedibili problematiche relative all’andata a regime delle novità, sconta il disallineamento temporale con l’applicazione del decreto ai bilanci generali delle Regioni, attualmente prevista a partire dal 2014, dopo una sperimentazione alla quale partecipano solo quattro Regioni. “Il settore – evidenzia la Corte - ha subito gli effetti della crisi economica internazionale che ha coinvolto l’Italia, con un consistente taglio (900 milioni) sulle risorse previste per il 2012 (d.l.95/2012). Ciò ha influito anche sulla determinazione del Fondo Sanitario Nazionale e del suo riparto. Solo a fine dicembre 2012, infatti, è intervenuta la delibera CIPE,pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale il 26 aprile 2013”. Ma nonostante le “persistenti criticità dei servizi sanitari regionali, particolarmente gravi in alcune Regioni sottoposte a piano di rientro, complessivamente il sistema sanitario – grazie agli efficaci meccanismi di monitoraggio e di verifica previsti dal Patto per la salute – sta rientrando dei disavanzi pregressi”. Le risorse per la sanità vanno a coprire altre “falle”. Trasferimento fondi a Enti Ssn procede a singhiozzo e i tempi di pagamento dei fornitori si allungano E poi si sottolinea un aspetto interessante: “Le criticità finanziarie che vanno emergendo con maggiore chiarezza, in alcune Regioni sembrano, piuttosto, conseguenti ai problemi della restante gestione regionale. Emblematico è il caso della Regione Siciliana, che lo scorso anno si è trovata in profonda crisi finanziaria che ha causato anche rilevanti conseguenze politiche, con la fine anticipata della legislatura, pur avendo quasi portato a termine ilpercorso di rientro dal disavanzo sanitario”. Ma la Corte entra più nel merito e sottolinea come “ciò che sembra emergere con maggiore chiarezza anche dagli esiti delle verifiche del Tavolo tecnico per i piani di rientro, è che spesso i bilanci regionali si giovino delle risorse destinate alla sanità per far fronte ad esigenze di liquidità in altri settori”. “In questo modo gli enti sanitari – spiega la relazione - , a loro volta, sono in difficoltà a far fronte ai pagamenti ai fornitori, in quanto i crediti verso le Regioni contribuiscono all’equilibrio economico-patrimoniale, ma non si traducono in trasferimenti effettivi di somme”. In questa prospettiva trovano spiegazione i fenomeni riscontrati: la Regione Piemonte ha “cancellato” dal bilancio quasi 900 milioni di euro dovuti ai propri enti del Servizio sanitario; similmente si è registrato per la Regione Puglia un disallineamento tra crediti Servizio sanitario regionale e residui passivi del bilancio regionale paria 292 milioni, che si configura come una distrazione di risorse di competenza del SSR; la Regione Molise ha distratto circa 19 milioni di euro a valere sulla fiscalità destinata al SSR per il pagamento delle rate del prestito trentennale contratto con il MEF; diffusi sono i ritardi nel trasferimento delle quote di FSN agli enti, trattenute invece nei bilanci regionali, evidenziati nelle verifiche sui piani di rientro, ma sintomaticamente desumibili anche dalle somme pagate a titolo di interessi per ritardato pagamento dagli enti di Regioni non in piano di rientro. Il pericolo di questa situazione è ben esemplificato dal documento. “In questo modo si corre il rischio che gli sforzi che si stanno compiendo per riportare in sicurezza i conti della sanità e per raggiungere un effettivo governo di questo delicato settore, recuperando efficienza contabile e operativa, senza compromettere il livello delle prestazioni essenziali, possa essere messo in crisi da altre “falle” dei bilanciregionali. Falle che possono innescare un meccanismo perverso per il quale la “deviazione” delle risorse destinate alla sanità pubblica regionale ad altre finalità continua a tenere in crisi quest’ambito, senza che altri problemi strutturali della restante gestione regionale riescano a trovare un’effettiva soluzione”. La Corte nella sua relazione richiama l’attenzione sul fatto che “l’autonomia riconosciuta alle Regioni deve essere posta al servizio dei cittadini. Il conseguimento dei risultati, in termini di servizi resi, ha come presupposto il buon governo dei conti pubblici, in primis attraverso la trasparenza e la leggibilità dei conti stessi”. Sulla gestione dei disavanzi la Corte manifesta un giudizio positivo ma c’è ancora molto da fare. “Se molto è stato fatto, con consistenti riduzioni delle passività, ancora molto è da fare, come emerge dagli esiti delle attività del Tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti regionali e del Comitato permanente per la verifica deilivelli essenziali. Nei servizi sanitari regionali, soprattutto in alcune realtà territoriali, vi sono ancora ampi spazi per il recupero di efficienza, per la riduzione di sprechi, per la razionalizzazione complessiva del sistema. Occorre, pertanto, perseverare nel percorso di risanamento, ed evitare che altre cause di criticità si aggiungano a quelle già in atto”. “Tutti devono dare risposte positive ai cittadini” Va rammentato, d’altro canto, che il risanamento passa anche per un maggiore sforzo richiesto ai cittadini, che pagano i risultati della pregressa inefficienza in termini di incremento delle aliquote di imposta e delle partecipazione alla spesa sanitaria. E già si affacciano ipotesi di revisione del sistema dei ticket. É doveroso, dunque, che tutti gli attori di questo settore, sia a livello politico, sia a livello amministrativo, operino per dare una risposta positiva anche a questi sacrifici imposti ai contribuenti e fruitori del Serviziosanitario.(...) Tra il 2009 e il 2012 ridotti trasferimenti alle Regioni per 21,89 miliardi A fronte di una spesa regionale corrispondente a circa il 22% della spesa delle Amministrazioni pubbliche, le Regioni sono state chiamate a concorrere al contenimento della spesa pubblica, nel quinquennio 2010-2014, per il 34% del complesso delle manovre correttive adottate per l’intero settore pubblico”. È questa la premessa con cui la Corte dei Conti ha deciso di presentare la Relazione sulla gestione finanziaria delle Regioni 2011-2012, in cui si evidenzia come i saldi del conto consolidato di cassa presentano un netto peggioramento. Risultato, conseguente agli effetti della riduzione dei trasferimenti statali di 21,89 miliardi di euro nel quadriennio 2009-2012 (-20,2%), ma che risulta parzialmente bilanciato dall’incremento degli incassi tributari, che registrano ritmi superiori al 10% annuo. A copertura delle ulteriori esigenze di cassa la Corte sottolinea come “leRegioni hanno fatto largo ricorso alle anticipazioni di tesoreria, mentre rimane sostanzialmente stabile la consistenza complessiva del debito”. Più tasse, meno investimenti Sul piano finanziario, la relazione evidenzia come il contestuale ricorso ad aggravi di imposte a livello sia centrale che locale contrasti con il principio ispiratore del federalismo fiscale, che richiede l’invarianza della pressione fiscale complessiva sul cittadino. Anche per l’esercizio 2012, tutte le Regioni hanno adempiuto agli obiettivi del patto di stabilità interno, alleggerito dall’esclusione di spese per oltre 2 miliardi di euro. In compenso, con il ricorso al patto regionale verticale, le Regioni hanno diffusamente ceduto, ai fini di un aumento dei pagamenti in conto capitale, parte dei propri spazi finanziari a beneficio della maggior flessibilità degli obiettivi degli enti locali. Il contenimento della spesa finale netta, oltre ad essere l’effetto del maggior peso dellecomponenti escluse, è anche il prodotto della marcata riduzione della spesa per investimenti (-12,4%), la cui tendenza declinante non accenna ad arrestarsi in tutte le aree geografiche del Paese, ponendo limiti ad una seria programmazione delle opere infrastrutturali. Debiti in calo Dall’analisi dei dati comunicati dalle Regioni (escludendo i dati di Liguria e Sardegna, nonché i maggiori importi emersi per la Regione Lazio), nel 2012 l’esposizione debitoria delle Regioni ammonta a 46,82 miliardi di euro. Tale importo tiene conto anche del debito che grava sullo Stato. Rispetto all’anno precedente emerge una tendenza alla riduzione del debito (-3,5%). Anche il debito sanitario, nel biennio considerato, subisce una contrazione, passando da 15,09 miliardi di euro nel 2011 e a 14,58 miliardi di euro nel 2012 (-3,4%).(...) Spesa sanitaria in calo Il complesso sistema di monitoraggio della spesa sanitaria (basato sulla concertazione triennaledelle risorse da destinare al SSN e sulla verifica periodica dei risultati della gestione, con l’obbligo di sottoscrivere specifici Piani di rientro in caso di deficit eccessivi) continua a dimostrarsi efficace nel controllo della spesa. Nel 2012, per il secondo anno consecutivo, in termini di contabilità nazionale, si riduce la spesa sanitaria complessiva, pari a 110,8 miliardi, contro i circa 112 miliardi del 2011, e anche l’incidenza sul PIL, viene contenuta al 7,1% (contro il 7,3% del 2010), nonostante la flessione dell’economia. Le manovre di finanza pubblica condotte nello scorso triennio per il contenimento del deficit pubblico, quindi, hanno avuto l’effetto di stabilizzare in termini nominali la spesa per il SSN, e di ridurla in termini reali. I risultati di esercizio rilevano un disavanzo complessivo dei servizi sanitari regionali pari a 2,155 miliardi (-543 milioni rispetto all’anno precedente). Il 52,2 per cento del disavanzo è a carico delle Regioni in Piano dirientro (Piemonte, Lazio, Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Calabria, Sicilia). Per le Regioni a statuto ordinario e la Regione Siciliana (monitorata per l’attuazione del Piano di rientro) il Tavolo di monitoraggio, a fronte di un disavanzo pari a 1,096 miliardi, ha rilevato perdite effettive per 2,772 miliardi, ridotte di 835 milioni dopo le coperture disposte dagli enti territoriali, per complessivi 1,938 miliardi. In termini nominali, gli incrementi delle varie voci di spesa che compongono la spesa sanitaria risultano contenuti. Si riducono, in particolare, le spese per il personale e la spesa per la farmaceutica convenzionata. Per quanto riguarda il rispetto dei tetti programmati per la spesa farmaceutica, nel 2012 la spesa farmaceutica territoriale, al netto del pay back, incide per il 12,2% del FSN, rispettando così il tetto programmato del 13,1%, mentre i consumi farmaceutici ospedalieri assorbono il 3,9% delle risorse del FSN, superando il tetto programmato, pari al2,4%. La relazione esamina anche il fenomeno dell’indebitamento degli enti del servizio sanitario, come desumibile dagli stati patrimoniali consolidati a livello regionale. La voce di debito più consistente è quella relativa ai fornitori: 37,5 miliardi nel 2011, pari al 69% circa dell’intera massa debitoria degli enti sanitari. Con riferimento al 2012, di cui si hanno dati parziali e provvisori, per nove enti (Lombardia, Liguria, Emilia Romagna, Toscana, Marche, Abruzzo, Puglia, Valle d’Aosta, Friuli Venezia Giulia) si registra una tendenza alla riduzione, mentre per tre (Molise, Prov. Aut. di Trento e Regione Siciliana) si rileva un aumento rispetto al 2011. Il dato complessivo delle dodici Regioni e Prov. Aut. richiamate, confrontato con il 2011, espone una riduzione del 3,5% del debito commerciale. Nel 2012 spesa corrente Ssn in calo di 2,7 miliardi Anche per il 2012, come per il 2011, i dati del conto consolidato della sanità mostrano un andamento dellaspesa corrente nettamente inferiore alle previsioni contenute nei documenti di finanza pubblica: nel 2012, la spesa corrente del Servizio sanitario nazionale è stata pari a 110,8 miliardi, inferiore, quindi, di circa 2,7 miliardi rispetto alle stime presentate dal Governo nella Nota tecnico illustrativa allegata al disegno di Legge di stabilità 2013 e di 751 milioni (-0,7 per cento) rispetto al consuntivo 2011. Risultati, quindi, sistematicamente migliori delle aspettative a partire dal 2011, anno che segna una inversione di tendenza rispetto agli andamenti fino ad allora registrati, contraddistinti da incrementi medi annuali, nel periodo 2007/2010, pari al 2,7 per cento. In particolare, considerando l’ultimo quadriennio la spesa sanitaria per il 2012, in valori nominali, si ridimensiona fino a tornare sostanzialmente al livello raggiunto nel 2009 (che supera di soli 368 milioni), con una riduzione complessiva, rispetto al 2010 , pari a 1.684 milioni. In termini reali, al nettodel tasso di inflazione rilevato per il triennio 2010/2012, pari al 7,3 per cento, la spesa sanitaria dello scorso anno, rispetto al 2009, decresce di circa 6 miliardi. Si riduce, inoltre, l’incidenza della spesa sanitaria sul totale della spesa corrente della Pubblica Amministrazione al netto degli interessi, che decresce dal 16,80 (nel 2010) al 16,63 per cento nel corso del 2012 con una variazione percentuale negativa superiore a quella della spesa corrente e flette anche l’incidenza percentuale sul PIL, che regredisce dal 7,3 al 7,1 malgrado la recessione dell’economia sia stata superiore alle stime pubblicate nei principali documenti di finanza pubblica dello scorso anno. Le manovre finanziarie approvate nel corso degli anni 2010/2012, quindi, hanno stabilizzato la spesa sanitaria nominale in rapporto alla spesa corrente (al netto degli interessi) e al PIL, e ridotto sensibilmente quella reale, mentre andamenti nominali crescenti si rilevano per la spesa per interessi, che passadal 4,6 (nel 2010) al 5,5 per cento del PIL nel 2012 , e la spesa pensionistica, spesa sociale superiore a quella sanitaria per volume di risorse assorbite, che incrementa dal 15,3 (nel 2010) al 15,9 per cento (nel 2012). Giù spesa per farmaci, su quella per i consumi intermedi Particolarmente incisive, al riguardo, le misure di revisione della spesa adottate con il d.l. 95/2012, convertito, con modificazioni, dalla l. 135/2012. Il primo settore a sperimentare forme di “spending review” è stato quello sanitario: a partire dal 2007, con i Piani di rientro adottati dalle Regioni con sistemi sanitari in deficit strutturale, viene riesaminata la struttura dei costi dei servizi sanitari, al fine di migliorare l’allocazione delle risorse e l’efficienza della spesa; i Piani di rientro, nell’ultimo triennio hanno contribuito in maniera determinante al riequilibrio dei conti del comparto sanitario; le misure adottate dal d.l. 95/2012, riguardanti il ridimensionamentodella rete ospedaliera e della spesa farmaceutica, le procedure di acquisizione dei beni e servizi da parte delle aziende sanitarie e il meccanismo di remunerazione delle prestazioni acquistate dagli operatori privati accreditati, estendono a tutti gli enti territoriali alcuni degli strumenti di revisione della spesa già sperimentati nelle Regioni in Piano di rientro. Parte di queste disposizioni, come quelle volte a migliorare i procedimenti di acquisto delle Pubbliche amministrazioni (ricorso a CONSIP, mercato elettronico della P.A. e Centrali di committenza regionali), intervenendo selettivamente su fattori di inefficienza, costituiscono strumenti efficaci di revisione della spesa pubblica. Altre norme, più “indifferenziate”, come la riduzione del 5 per cento del valore dei contratti per la fornitura di beni e servizi, riportano a misure di contenimento finanziario della spesa di tipo lineare, che, imponendo tagli uniformi a tutte le Regioni, anche a quelle con sistemi sanitariin equilibrio economico, sembrano contraddire il principio stesso di "spending review". L’efficacia delle decisioni di governo sulla revisione della spesa, del resto, implica anche una cultura amministrativa e gestionale, condivisa dagli operatori pubblici, orientata al monitoraggio diffuso e costante del rapporto obiettivi/risultati dell’azione amministrativa, e sistemi di contabilità analitica ancora insufficientemente implementati in molte realtà territoriali. -Consumi intermedi Sulla crescita moderata di tale aggregato di spesa, pari al 2,4 per cento (3,6 per cento, circa, nel 2011), hanno influito le misure, previste dal d.l. 95/2012, di riduzione del 5 per cento del valore dei contratti e delle relative prestazioni per l’acquisto di beni e servizi (ad esclusione della farmaceutica), e di rinegoziazione dei contratti per la fornitura di beni e servizi il cui valore ecceda di oltre il 20 per cento i prezzi unitari di riferimento individuatidall’Osservatorio per i contratti pubblici. -Farmaci La spesa farmaceutica decresce del 7 per cento, in conseguenza dell’incremento della compartecipazione a carico dei cittadini, delle misure di ripiano a carico di produttori e distributori e della rideterminazione del tetto alla farmaceutica, pari al 13,1 per cento301. -Altre prestazioni Tale aggregato di spesa decrementa, rispetto al 2011, dello 0,5 per cento, a causa anche della misura, introdotta dal d.l. 95/2012, di riduzione dello 0,5 per cento (rispetto al 2011) degli importi e del volume delle prestazioni acquistate dagli operatori privati accreditati. Per il controllo di tale componente di spesa, che ricomprende i servizi acquistati dal SSN dagli operatori privati accreditati per prestazioni specialistiche, ambulatoriali, ricoveri presso cliniche convenzionate, è di fondamentale importanza la tempestiva programmazione dei fabbisogni assistenziali da parte delle Regioni e lastipula dei rispettivi contratti che definiscono, ad inizio d’anno, i budget per ciascun operatore privato accreditato e i controlli sulla appropriatezza delle prestazioni rese; molte Regioni in Piano di rientro sono risultate carenti proprio sotto il duplice profilo della programmazione e della gestione puntuale della successiva fase contrattuale, generando, così, contenziosi anche molto onerosi per i bilanci degli enti territoriali.(...) Il confronto con i Paesi Ocse Le statistiche OCSE per l’anno 2011 indicano che in Italia la spesa sanitaria pubblica, in termini sia pro capite, sia di incidenza complessiva sul PIL, è inferiore a quella di altri paesi europei. Da tale confronto, emerge che il sistema sanitario italiano, pur contraddistinto, in singole realtà territoriali, da margini di inefficienza ancora da recuperare, è un sistema nel complesso non eccessivamente costoso, il cui problema è il quadro della finanza pubblica, condizionato da un pesante onereper il servizio del debito che, nel 2012, è stato pari a 86,7 miliardi, ovvero al 78 per cento dell’intera spesa sanitaria per quell’anno. Si espongono, di seguito, alcuni indicatori OCSE sulla spesa sanitaria. -Incidenza spesa sanitaria pubblica sul PIL Nel 2011, l’incidenza della spesa sanitaria pubblica sul PIL è stata pari, in Italia, al 7 per cento, superiore a Grecia (5,9%),Portogallo (6,3%) e Spagna (6,6%), ma inferiore a Germania (8,4%), Francia (8,7%), Olanda (9,5%). Tra i paesi extraeuropei, l’Italia ha una spesa inferiore anche a quella pubblica degli Stati Uniti (8,3%) che, invece, registrano il livello più alto di spesa sanitaria complessiva, pari al 17,0 per cento del PIL. -Spesa pro capite pubblica (in USD, a parità di potere d’acquisto) In Italia, nel 2011, la spesa pro capite pubblica per il SSN, è stata di circa 2.344 dollari, superiore a Spagna (2.244 USD), Portogallo (1.702 USD), e Grecia (1.535 USD), e inferiore aRegno Unito (2.821 USD), Francia (3.160 USD) e Germania (3.436 USD). Anche in questo caso, gli Stati Uniti registrano il livello più alto, pari, per la sola spesa pubblica, a 4.066 dollari pro capite. -Incremento annuale medio spesa sanitaria (anni 2000-2011, in termini reali) Nel periodo 2000-2009, il tasso annuale medio di crescita della spesa sanitaria in Italia è stato del 2,4 per cento, circa la metà della media dei paesi OCSE (5%); incrementi medi annuali superiori al 5 per cento si sono avuti, nell’area europea, in Irlanda, Grecia, Spagna e Regno Unito, di poco superiori a quello italiano in Francia (2,5%), mentre la Germania ha fatto registrare un tasso più basso (2% circa). Discorso diverso, invece, per il triennio 2009/2011, che, in coincidenza con la crisi economica mondiale, ha visto un taglio generalizzato della spesa sanitaria in tutti i paesi del mondo, ma con tassi di decremento negativi addirittura superiori al 10 per cento in Grecia, attornoa -5 per cento in Irlanda, e di circa -2,5 per cento in Spagna e Regno Unito.
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