Il 9 settembre del Grande Falsario
 











Chi sia l’Olonese, lo sapevamo: falsario, circonventore d’inermi, predone fraudolento, spietato nell’arte d’inquinare le anime, estorsore, ma da 7 anni il Colle predicava un regime consortile; il Pd vi pareva incline; e sconta questo penchant mangiandosi una comoda vittoria elettorale contro la mummia pirata, il cui terzo malgoverno era rovinosamente fallito. Non che i due precedenti fossero meglio, vende fumo da 19 anni. Due elettori su tre non lo vogliono più tra i piedi, ma dalle urne esce un Parlamento a tre teste: in lieve maggioranza relativa nella Camera alta, il Pdl deve pigliarsi un socio; e non tenta accordi seri con le Cinquestelle.
Qua e là resta l’idea d’un matrimonio innaturale, affievolita. Non ci sarà più lo sponsor pronubo: compiuti i sette anni, l’Inquilino ormai sloggia; l’ipotesi d’un secondo settennio, lanciata dal campo d’Arcore, è talmente assurda che l’interessato obietta d’essere troppo vecchio (88 anni e alla finesarebbero 95, età patriarcale). Ma l’intrigo è uno dei pochi caratteri che l’Italia 2013 abbia ereditato dai fasti rinascimentali (vedi Ludovico Sforza, detto il Moro). Venerdì 19 aprile il candidato Pd al Quirinale era Romano Prodi, forte dei numeri, e sarebbe débâcle berlusconiana, ma 101 franchi tiratori l’affossano; l’indomani l’uscente rientra al Quirinale, e sull’asse dei Letta zio-nipote, uno là, uno qui, prendono subito corpo «larghe intese»: che al grosso degli elettori ripugnino, è irrilevante. Inutile dire chi abbia vinto. Va in scena il capolavoro delle frodi: avendo le marionette al governo, B. tutela interessi poco rispettabili; scarica scelte impopolari sullo sventurato consorte (Imu e Iva); accumula risorse elettorali fingendosi campione dei contribuenti; e un pubblico intronato beve.
L’unico inconveniente sta nelle pendenze penali, una prossima a sciogliersi (quante volte s’era salvato come reo non punibile, essendo estinti i delitti). Gl’interessati al viziosoequilibrio speravano che in qualche modo la condanna cadesse, ma Dike è una dea seria: Sua Maestà frodava il fisco; sconti la pena residua, d’un anno, 3 essendo coperti da indulto. Qui erompe la pantomima criminalpsicotica.
L’Unico sputa su Carta, leggi, sentenze, ed esige misure extra ordinem che gli restituiscano l’«agibilità politica»: guai se Palazzo Madama lo dichiara decaduto (applicando norme votate dai suoi); lì salta il banco, povera Italia; e pretende un salvacondotto dai rischi futuri, perché restano gravi pendenze. In lingua penalistica «estorsione»: caso classico; la commette chi «mediante violenza o minaccia» costringa «taluno a fare od omettere» qualcosa, procurandosi «ingiusto profitto con altrui danno» (art. 628 c.p.).
Scende in campo il circo. Le colombe tubano muovendo il collo, munite d’un rostro: «l’Italia non uscirebbe indenne» se Lui fosse escluso dal Senato, sussurra Gaetano Quagliarello, mellifluo-furente ex radicale, cattolico-forzaitaliota,quirinalista, architetto ministeriale delle riforme costituzionali. Che soffi aria da «guerra civile», è tema farfugliato dall’ex comunista, arcivescovo primate del culto berlusconiano. Maurizio Lupi, guerriero mistico Cl, gestisce trasporti e infrastrutture: qui vanta i mirabilia pronti nel cilindro governativo; sarebbe imperdonabile mandarli in fumo quando basta un gesto distensivo. Professa Cl anche Mario Mauro, ex Pdl, ora Scelta civica, ministro della Difesa; e gli vengono idee luminose: amnistia, affinché rinasca «il senso dello stare insieme», da cui «germoglia l’armonia» sine qua non fit iustitia. Memorabile analisi filosofica, segnala uno stomaco foderato in ghisa.
La stessa via indica Anna Maria Cancellieri, prefetto a riposo, trasformata in guardasigilli. Sgrana gli occhi Angelino Alfano, intellettuale vicepremier, ministro dell’Interno, segretario Pdl: è «incostituzionale» escludere B. dal Senato; ipse dixit 24 agosto, uscendo dal summit a Villa San Martino. Dominusaveva convocato i più o meno dignitari. Vuol arrembare lo Stato. S’era svelato qualche giorno fa: al diavolo le regole elettorali; ha in serbo lobotomie davanti alle quali spariscono le messinscene allestite da Joseph Goebbels nelle campagne hitleriane; e se vince qualificandosi vittima d’un complotto giudiziario, davvero stavolta non fa prigionieri; alternando lo scudiscio ai buoni bocconi, domerà il terzo potere; a quel punto la nave va (all’inevitabile bancarotta, con grasso profitto dei bancarottieri). Dodici anni fa chi cantava guerra senza prigionieri (in messicano, degheio)? Cesare Previti, nello staff berlusconiano addetto alla corruzione delle toghe.
Letta nipote difende la premiership con le unghie: la ripresa dista appena due passi; e svanirà se il governo cade. Pochi gli credono: 3 anni fa considerava giusto schivare i processi, né riteneva anomala una piccola legge immunitaria. Quel che avviene era molto prevedibile, perché i caimani non sono cagnolini da salotto. Loschieramento pro Silvio batteva varia grancassa: la palude pseudomoderata (disinvoltamente incline alla mano piratesca), anime ministeriali, praticoni, canonici in cerca d’ingaggio, chierichetti rampanti; e i pulpiti conficcavano un dogma nelle teste, che sia notte fuori delle «larghe intese» (in latino, «extra pactum cum divo Berluscone nulla salus»).
Non siamo ancora alla fine; i forzaitalioti guardano stupiti la metamorfosi giacobina nel Pd; possibile che, così duttile, d’un colpo diventi inesorabile legalista? Sarà tutto chiaro post 9 settembre, appena la questione della decadenza arrivi all’assemblea: il voto è segreto e fanno precedente i 101 antiprodiani 19 aprile. Sua Maestà dissemina esche: l’ultimatum è anche bluff; che tripudio nella reggia d’Arcore, stile Eliogabalo, se tutto finisse in appeasement. Franco Cordero, da Repubblica









   
 



 
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