Tv digitale, prima class action contro la Rai
 











Davide contro Golia. Così si è definito Andrea Maestri, l’avvocato che ha promosso la class action di 123 abbonati Rai di Ravenna contro la tv pubblica. Motivo del contendere: il segnale del digitale terrestre, adottato ormai da tre anni in Emilia Romagna, arriva disturbato o non arriva affatto. Disagi che, a dire il vero, continuano in vaste zone d’Italia, dalla Val D’Aosta alla Sicilia, a un anno dal completamento dello switch off, tant’è che l’esasperazione dei teleutenti ha portato alla prima class action italiana di questo genere, promossa appunto dall’associazione dei consumatori Cittadinanzattiva Emilia Romagna. Il caso è stato portato davanti al Tar del Lazio il 18 luglio, ma ancora si aspetta la sentenza.
"Mi sento un po’ come Davide contro Golia - dice Maestri - perché la Rai e la sua controllata Raiway (la società che possiede e gestisce la rete) si sono costituite in giudizio schierando fior fiore di avvocati. Nel pool di quattrolegali della tv di Stato c’è anche Giuseppe De Vergottini, professore emerito di diritto costituzionale dell’università di Bologna, con il quale mi sono laureato io stesso col massimo dei voti, nonché uno dei trenta saggi nominati dal premier Enrico Letta per lavorare alle riforme". Non solo, De Vergottini fa anche parte del team di otto giuristi che ha stilato i sei pareri che puntano a sancire l’incostituzionalità della legge Severino, ovvero della norma che potrebbe scrivere la parola fine alla carriera parlamentare di Silvio Berlusconi.
La Rai schiera anche un altro nome illustre, Carlo Mirabile, che oltre a essere un esperto nel settore degli appalti pubblici, tra le varie cariche ha ricoperto quella di vicepresidente di Lottomatica Sistemi e di consigliere giuridico dell’amministratore delegato di Poste Italiane. Una potenza di fuoco giuridica che farebbe impallidire qualunque controparte. Così come farà impallidire anche la parcella del "dream team" di consulenti legali Rai,ben superiore a quella di Maestri: "Noi abbiamo chiesto 10 euro a ogni sottoscrittore della class action e il rimborso delle spese di bollo". Ma chi dovrà pagare il conto della Rai? I contribuenti, ergo gli abbonati della televisione pubblica. Gli stessi che stanno portando avanti la class action, gli stessi che continuano a pagare un canone per il quale non ricevono il servizio (l’azione collettiva punta alla restituzione dei versamenti degli ultimi tre anni) ma che intanto retribuisce indirettamente chi è dall’altra parte della barricata da dove chiama in causa anche il Ministero dello Sviluppo Economico.
La Rai, per adesso, ha risposto alla diffida inviata da Maestri (come da prassi) sottolineando che il canone di abbonamento "ha natura di prestazione tributaria fondata sulla legge, e non costituisce quindi un corrispettivo per la prestazione di un servizio" e che il digitale terrestre non funziona per l’inadeguatezza
"dei sistemi di ricezione dei singoli cittadini anche perdifetto di puntamento delle antenne". Come dire, insomma, che se la tv non si vede o si vede male, la colpa è di chi la guarda. Intanto gli abbonati ravennati attendono il verdetto del Tar: "Sono un po’ preoccupato perché in effetti io sono solo un piccolo avvocato - ammette Maestri - ma è anche vero che siamo in tanti a far valere le nostre ragioni". E Davide è passato alla storia.  Agnese Ananasso - repubblica









   
 



 
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