“I poteri il Presidente se li è già presi forzando la Costituzione”
 


intervista Spinelli, editorialista di Repubblica









Che l’attuale situazione italiana sia “istituzionalmente anomala”, lo si capisce benissimo. 
Il presidenzialismo non è certo la priorità dell’Italia. Pare che questa fretta sia un tentativo di ufficializzare una situazione già esistente de facto. D’accordo?
Non solo sono d’accordo: i poteri aggiuntivi che si vogliono dare al presidente, il presidente se li è già presi, forzando non poco la Costituzione. Ma c’è qualcosa di più: il presidenzialismo occulta e rinvia quel che urge davvero. E non voglio dire che l’unica e massima urgenza sia l’economia (è la teologia delle Grandi Intese). L’urgenza è come i valori: ce ne sono di supremi, e il resto è relativo. L’urgenza, in Italia, sono i partiti totalmente inaffidabili e moralmente devastati; e la politica rintanata in oligarchie chiuse, che nemmeno ascoltano il responso delle urne. Se sopra tale marasma metti il cappello del capo forte, non solo congeli lo strapoterepresidenziale, ma cronicizzi le malattie stesse che il presidenzialismo – ma attenzione: è un inganno – pretende di guarire. Il presidenzialismo dilata ovunque le oligarchie: ergo in Italia dilata la corruzione.
Il capo dello Stato ha messo una data di scadenza al governo, una cosa mai vista. Grillo ha obiettato: “A che titolo dice queste cose?”. Lei che ne pensa?
Grillo ha perfettamente ragione: dove sta scritto che il presidente determina in anticipo, ignorando le Camere, la durata dei governi? Perfino a Parigi, dove tale prerogativa esiste – ed è grave che esista – l’Eliseo si guarda da dichiarazioni simili. In Francia il presidente è contemporaneamente presidente del Consiglio dei ministri. La stessa cosa ormai avviene in Italia: il presidenzialismo nei fatti c’è già. Questo governo è un Monti bis, con i politici dentro. E alla presidenza c’è Napolitano. Intendo presidenza del Consiglio, non della Repubblica.
Così si sfalda il sistema dellegaranzie e dei contrappesi costituzionali.
Salta completamente. E prefigura già la Repubblica presidenziale. Inoltre abbiamo un presidente della Repubblica-presidente del Consiglio che gode di privilegi extra-ordinari , che nessun premier può avere. Tanto più perniciosa diventa la storia delle telefonate tra Colle e Mancino sul processo Stato-mafia. Esiste dunque un potere che ha speciali prerogative e immunità, senza essere controllabile. La democrazia è governo e controllo. Perché Grillo dà fastidio? Perché è sul controllo che insiste.
Il professor Cordero parlando di Berlusconi ha evocato spesso il “golpe al ralenti”. Gli strappi di questi mesi suggeriscono la stessa idea: eppure l’informazione non ha quasi reagito.
Sul presidenzialismo, Repubblica e il Fatto hanno in realtà reagito con forza. Ma sulle derive oligarchiche della democrazia, e sul tradimento degli elettori avvenuto con le larghe intese, stampa e tv sembrano intontite, se nonammaliate. Io insisto sempre molto sulla questione morale, intesa come dovere di non tradire la parola data. Ma son pochi a insistere. Perfino Fabrizio Barca, il più cosciente del naufragio del Pd, ha tenuto a precisare, interrogato su Berlusconi: “Teniamo separati il piano dell’etica e della politica”. Ma da quando in qua?
Il tesoriere del Pdl Bianconi ha detto “Stella e Rizzo sono i tumori della democrazia”. Chiaramente i tumori sono tutti quelli denunciati dai due giornalisti. Sono anni che parliamo di Casta, per i privilegi e la gestione familistica del potere, e il risultato è un governicchio delle oligarchie.
La politica è del tutto sorda. Mi ha colpito il caso di Anna Finocchiaro. Gli elettori erano in rivolta contro i 101 traditori, e sono stati apostrofati così: “Non so cosa vogliano questi signori!”. Poco dopo ha recidivato, quando i deputati Pd hanno prima firmato e dopo poche ore respinto la mozione Giachetti che aboliva subito il Porcellum: “Lamozione è intempestiva e prepotente!”. Intempestiva? Fuori c’è la rivoluzione, la gente chiede pane, e a Versailles Maria Antonietta stupisce: “Hanno fame? Dategli le brioches!”. La cecità dell’Ancien Régime somiglia ominosamente alla nostra.
In relazione al presidenzialismo, il professor Zagrebelsky sul Corriere ha parlato di sindrome di Stoccolma del Pd.
Siamo nella continuità di un progetto che nella sostanza non è mai stato meditato né condannato. Tanto che quasi abbiamo realizzato il Piano di rinascita nazionale della P2 di Gelli. Siamo prigionieri di un’idea malata che incolpa la Costituzione d’ogni nostra stortura. Non si vuol vedere che invece siamo prigionieri di una cosiddetta classe dirigente prima compromessa col fascismo, poi coi clericali, poi con l’America, poi con la mafia, poi con Berlusconi. È quest’ultimo oggi a dettare le condizioni.
E il Pd?
Il Pd non esiste, è una nostra invenzione. O un rimorso, a seconda. È fatto dipersone dietro cui c’è il nulla. Puoi trovare uno, Civati o Barca, ma anche quando vai nel deserto trovi oasi che non sono miraggi. Il Pd pare vivo e di sinistra, ma le due cose sono un trompe l’oeil.
Andrea Camilleri al Fatto ha detto: “Dal momento della rielezione di Napolitano, tutto il fatto costituzionale è andato a vacca”.
Napolitano ha consultato anche il M5s. Non so se Grillo abbia fatto nomi. Presumo, però, che Napolitano gli abbia fatto capire che le candidature di rinnovamento non erano gradite. Inoltre non ha nemmeno mandato Bersani a verificare la fiducia in Parlamento. Questo vuol dire che il piano era molto chiaro. Il governo Monti doveva continuare con innesti politici, la democrazia intesa come tribunale dei governanti andava, senza dirlo, sospesa. Se questo è sanare i mali dell’Italia c’è da scappare.
Barbara Spinelli: “Lo stravolgimento dell’art.138 è un colpo di mano”
Perché sembra una bestemmia dire che una personacondannata definitivamente per frode fiscale – reato ai danni dello Stato – non può rappresentare i cittadini in Parlamento?
Perché è difficile dire quel che pure è ovvio: questo nostro Stato si definisce a parole democratico, ma ha perduto la coscienza di essere una democrazia costituzionale, cioè dotata di una legge fondamentale che garantisce principi come la separazione dei poteri e, appunto, l’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge.
Si procede con sospetta premura alla modifica dell’articolo cardine della Costituzione, il 138, che disciplina la revisione della Carta con procedure di garanzia. Tutto questo per volontà di un governo “contro natura”, nato da un’infedeltà elettorale, insieme a un Parlamento eletto con una legge fortemente sospetta di incostituzionalità. C’è più di qualcosa che non quadra.
Cambiare la Costituzione con procedure accelerate che stravolgono l’articolo 138 – una valvola di sicurezza pensata dai Padri costituenti proprio perevitare manomissioni – è un colpo di mano. Si parla di deroga, ma la parola giusta è violazione della Costituzione: finché non è modificato, l’articolo 138 è legge da osservare. Tanto più è un colpo di mano se pensiamo alla presente congiuntura storica: un Parlamento di nominati, un governo di larghe intese che gli elettori non volevano e che distorce la democrazia. Infine il conflitto di interessi: immutato, esso resta il male volutamente non curato del sistema politico. Come rafforzare i poteri dell’esecutivo, quando chi più si batte per il rafforzamento è Berlusconi, condannato e interdetto dai pubblici uffici perché frodava lo Stato per i propri interessi di imprenditore mentre governava? Altra stortura, gravissima: la legge elettorale viene accorpata al riesame costituzionale, dunque chissà quando ne avremo una nuova. Come se il Porcellum fosse parte della Carta!
Che impressione ha di questa lunga discussione nella Giunta per le elezioni del Senato: stannoprendendo/perdendo tempo?
Certo: già questo è un successo per Berlusconi. È come nei processi: rinvii, cavilli, dilazioni fino ad arrivare alla prescrizione. Anche in politica il traguardo pare essere una sorta di prescrizione. A forza di allungare i tempi si giungerà a ottobre, quando Berlusconi deciderà sull’affidamento ai servizi sociali e quando la Corte d’appello ridefinirà l’interdizione dai pubblici uffici. Sarebbe una vittoria per lui: vorrebbe dire che il parlamento non è riuscito a farlo decadere e che lo faranno i giudici, contro cui potrà inveire in nome del popolo sovrano e del Parlamento.
Il capo dello Stato martedì ha dichiarato: “Se non teniamo fermi e consolidiamo questi pilastri della nostra convivenza nazionale tutto è a rischio”. L’appello all’unità è stato messo in relazione con il braccio di ferro sulla decadenza di Berlusconi. Lei cosa pensa di questo intervento?
Il Presidente è intervenuto due volte, in agosto e settembre,sulla decadenza. Un’interferenza abbastanza irrituale, che tradisce la sua gerarchia delle urgenze: la cosa che più conta è la sopravvivenza del governo delle grandi intese. In altre parole: dà a quest’ultimo il primato, e pesa sulla Giunta ricordandole che essenziale è non abbattere i “pilastri della convivenza nazionale” con una rottura tra Pd e Pdl. L’intervento è pericoloso, e anche singolare: se è vero che le sentenze vanno rispettate, e Napolitano lo ribadisce con forza, come evitare uno scontro fra Pd e Pdl? Nella sostanza, siamo a un bivio: se vuole ritrovare identità ed elettori, il Pd deve interrompere questa venerazione di Napolitano, che va ben al di là del rispetto istituzionale. È l’adesione a una visione emergenziale della democrazia italiana, fatta propria dal Quirinale: da anni siamo “sull’orlo del precipizio”, “a un passo dal baratro”, dunque in stato di eccezione. Nulla deve muoversi. La democrazia è sospesa. Io non ritengo affatto pericolosa la caduta di un governo.Ne abbiamo avute tante e l’economia ne ha risentito poco.
Napolitano è stato rieletto, per la prima volta nella storia repubblicana, al sesto scrutinio. Ma ci sono stati presidenti eletti al 21esimo. E così ora una possibile caduta del governo cui seguissero nuove consultazioni ed eventualmente un nuovo esecutivo sembra un strappo. Che fine ha fatto la fisiologia istituzionale?
L’ideologia emergenziale permette a oligarchie chiuse di governare aggirando il normale funzionamento delle istituzioni, e anche gli esiti elettorali. È un ricatto sotto il quale viviamo da tempo. Ci ha anestetizzati. Il terrore del tracollo si è insinuato nelle menti, tanto ossessivamente viene ripetuto. Ci sono poi parole assassine: “governo di scopo”, “governo di servizio” trasmettono un’unica immagine: qualunque altro governo nato da elezioni non sarà “di servizio”. Nella migliore delle ipotesi sarà “senza scopo”, nella peggiore sarà in mano a populisti e malfattori.
PaoloMieli ha detto: “Il ricatto di Berlusconi sulla caduta del governo è una pistola scarica”. Non è che tutto questo urlare alla catastrofe in caso di caduta del governo, carica quest’arma?
Berlusconi si è sempre nutrito della retorica emergenziale. La sua idea del capo legibus solutus, non ostacolato da nessuno, è coerente all’idea, valida in tempi di guerra, dello stato di necessità.
Perché si sono consegnati mani e piedi a un uomo che stava per essere condannato?
Nel 2009, a proposito del lodo Alfano, Ghedini disse che il premier non è un primus inter pares, ma un primus super pares. Che la “legge è uguale per tutti, non la sua applicazione”. Sono controverità entrate negli usi e costumi della Repubblica. Nella dichiarazione del 13 agosto, Napolitano ha preso atto della condanna di Berlusconi, ma al tempo stesso ha considerato “legittimi” gli attacchi e le rimostranze del Pdl contro i magistrati e la sentenza. Contrapporre la legittimità alla legalitàè materia incandescente. È uno iato di cui s’è nutrita la cultura antilegalitaria delle destre e sinistre estreme, nella storia d’Europa.
Il capo dello Stato ha ricevuto il presidente di Mediaset, Fedele Confalonieri, che secondo il Corriere della Sera, è salito al Colle in veste di ambasciatore di Berlusconi.
Il fatto in sé non mi scompone. Ma era il caso di riceverlo proprio in questi giorni? È il momento prescelto che inquieta. Come le telefonate di Nicola Mancino. Telefonare con Mancino è del tutto normale, tranne nel momento in cui l’ex ministro è indagato sulla trattativa Stato-mafia. Silvia Truzzi, Il Fatto Quotidiano









   
 



 
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