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-La sostenibilità futura dei sistemi sanitari, compreso il nostro, potrebbe non essere garantita se non si individueranno nuove modalità di finanziamento per servizi e prestazioni». E’ una vera e propria minaccia quella lanciata da Mario Monti poche settimane or sono che, per lo meno, ha il pregio della chiarezza. Se nel futuro governo sarà presente Mario Monti, ancorché a sostegno di una maggioranza di centrosinistra, finiranno per essere spalancate, con buona pace di Vendola, le porte al privato, alla sanità integrativa e alle assicurazioni. Si chiuderà il capitolo, che ci ha fatto guadagnare la stima del mondo, della Sanità equa universalistica e solidale. Finiranno per esserci sanità di serie A B e C e si imporranno livelli d assistenza diversi a seconda della condizione sociale e lavorativa degli assistiti. Del resto, si tratta solo di un aspetto del tutto. Una parte di quel lavoro sporco che Monti ha effettuato in nome e per contodellecentrali del capitalismo finanziario globalizzato: compressione dei salari, controriforma delle pensioni, cancellazione dell’art. 18, precarizzazione esasperata, smantellamento del welfare state, oggettiva limitazione degli ambiti dei diritti e della democrazia. Quello che stiamo correndo è veramente un pericolo mortale, non c’è dubbio infatti che la salute pubblica sia un bene primario, anzi forse il bene dal quale tutti gli altri discendono. Monti sostiene che la Sanità così com’è costa troppo e non ce la possiamo permettere. Lo dice con brutalità, anche se Balduzzi ha poi cercato di “buttarla in caciara”, così come ha fatto del resto col suo stravagante decreto. E dunque, prima di tutto si tratta di smascherare le balle di Monti. Senza negare che esiste un problema di razionalizzazione delle spese e di uniformazione degli standard qualitativi e dei costi nelle varie regioni, cominciamo col dire ad alta voce che la nostra spesa sanitaria in rapporto al Pil è fra le piùbassed’Europa: 7,1 %, quando quella europea sfiora il 9%. Iniziamo quindi a stabilire, un principio di verità: noi non spendiamo di più ma di meno degli altri! Dopo di che non è dubbio che clientelismo, infiltrazioni mafiose, corruzione e casinismo amministrativo, associati all’incremento del fenomeno della cronicità e della non autosufficienza non contribuiscano a far decrescere i costi. Ma allora noi chiediamo: perché non si parla mai della possibilità di intervenire su questi costi, evitando l’accetta dei tagli lineari? Perché non si dice che l’Eurispes ha calcolato che la riduzione di un solo 10% degli incidenti sul lavoro comporterebbe un risparmio di 4,4 miliardi? E che un omologo risparmio potrebbe essere ottenuto tutelando l’ambiente e la sicurezza dei lavoratori e dei cittadini (Ilva docet), attraverso la diminuzione delle spese derivanti dalle cure necessarie alle malattie da inquinanti atmosferici (spese che ci vedono classificati fra i primi in Europa). Perché nonsiriconosce che questo risultato potrebbe essere ottenuto semplicemente incrementando il numero di ispettori a disposizione dei Dipartimenti di prevenzione? E a proposito di sprechi, che dire degli innumerevoli primariati inutili che ci sono in Italia? Nel Lazio sono 1600! Degli accreditamenti e delle convenzioni fasulle che contribuirono a far dilapidare, nella stessa regione, alla giunta Storace oltre 10 miliardi, inaugurando lo spaventoso disavanzo della regione più in rosso d’Italia; dei prezzi manicomialmente diversi dei presidi medici nelle varie regioni; del fatto che si spende un miliardo l’anno solo per la prescrizione degli inibitori dell’acidità gastrica; dei costi pazzeschi della medicina difensiva e cioè di quegli esami inutili prescritti dai medici esclusivamente per tutelarsi da eventuali azioni legali. Ma ancora come si fa a non tener conto dei 15 miliardi spesi per i cacciabombardieri F 35 e dei 60 miliardi che ogni anno vanno persi in corruzione. E’ chiarochel’elenco potrebbe allungarsi all’infinito e che quindi esiste la possibilità, attraverso una razionalizzazione nemmeno troppo sofisticata delle spese inutili dannose e persino anticostituzionali, di ottenere straordinari risparmi. Ma che cosa ci ha portato a tutto questo? Ebbene, la mia convinzione è che siano due gli ordini di fattori che hanno prodotto lo stato di cose attuale. Il primo fa riferimento al totale fallimento di quel processo di aziendalizzazione della sanità che con i decreti 501, 517 e 229 negli anni Novanta fecero a pezzi la splendida riforma 833 del 1978. L’insieme di questi decreti trasformò la salute in merce, impose le regole del marketing e dell’impresa, quelle della politica clientelare e della corruzione. Le aziende sanitarie sono state trasformate in monarchie assolute dove i direttori generali venivano nominati direttamente dalla politica e ad essa rimanevano legati a catena. Qualsiasi controllo democratico dal basso veniva cancellato. Ilforaggiamentodell’intrapresa privata e l’esternalizzazione dei servizi, piuttosto che l’eccezione, divenivano la norma. La sanità territoriale distrutta e l’attenzione rivolta (male) solo agli ospedali. In pochi anni oltre 35 miliardi di tagli e 45 mila posti letto in meno. Per arrivare al fatidico rapporto di 3, 7 posti letto ogni 1000 abitanti, quando questo rapporto è di 5 nella media europea. Insomma un mix perverso di iperliberismo, clientelismo politico e corruzione da anni sta ammazzando la Sanità pubblica. Ma se ci limitassimo a questa analisi non faremmo ancora un buon servizio alla causa di una vera e propria rinascita del SSN. C’è da capire, infatti, che oltre a un livello economico-organizzativo, esiste un altro livello se possibile ancora più importante che è quello culturale. In Sanità esistono, infatti, due concezioni diverse e opposte: una tecnocratica, iperspecialistica, riduttivistica, organicistica e ipertecnologica, l’altra olistica, democratica, umanistica, diclasse (unavisione quest’ultima che considera la tecnologia un mezzo non un fine e la salute un bene comune e non una merce). Ebbene, a trionfare è stata la prima visione del mondo, un aspetto di quella vittoria egemonica del pensiero unico neoliberista, non contrastando efficacemente la quale non potremo mai recuperare terreno. A questo proposito, c’è da dire che il problema irrisolto della valutazione della complessità individuale e della necessità di avere, da parte della medicina, un punto di vista unitario è uno dei mali del nostro tempo. La possibilità di avere un approccio che non sia solo un’attenzione all’organo (“non esistono malattie, esistono malati”) è subordinata alla falsificazione delle pseudoteorie tecnocratiche che la Sinistra purtroppo non è stata in grado di effettuare. La lotta all’iperspecializzazione, quindi, e per la rinascita, a partire dalla formazione universitaria, di medici che sappiano avere un approccio sburocratizzato, umanistico e attento allacomplessità dellevicende biologiche, sociali, psicologiche che nel singolo malato agiscono come un unicum, non è quindi una questione astratta ma una necessità assoluta per infiltrare di sapienza critica la palude scientista e tecnocratica che culturalmente si è imposta in sanità, favorendo l’insieme degli interessi costituiti che ne hanno imposto la supremazia. A fronte della complessità di questi problemi, la prossima scadenza elettorale ci fornisce uno strumento prezioso per contribuire a portare all’ordine del giorno la questione di una nuova riforma sanitaria che riprenda, sviluppi e modernizzi i principi della 833. L’alternativa sarà la controriforma minacciata esplicitamente da Monti. Come si vede, una questione di vita o di morte. Vediamo allora quali sono i punti programmatici proposti da Rivoluzione Civile sulla Sanità. 1) Attingere ai principi di una Sanità pubblica universalistica e solidale. Dire basta alla devastazione dei tagli lineari. Ridurre i tickets (9 milionie mezzo dipersone hanno smesso di curarsi perché non arrivano a sostenerne il costo). 2) Invertire la logica dell’aziendalizzazione che ha portato alla rovina il SSN. Liberare le aziende sanitarie dalle logiche politicistiche. Combattere il dilagare della corruzione e delle infiltrazioni mafiose. 3) Istituire un albo nazionale a cui attingere per la nomina dei direttori generali. Sottoporre a controllo pubblico l’accreditamento delle strutture private. Centralizzare e rendere vincolanti i tariffari. 4) Rivedere una visione della sanità centrata esclusivamente sull’ospedale. Sviluppare l’Assistenza domiciliare in alternativa ai ricoveri evitabili. Riportare il fondo per la non autosufficienza a 500 milioni e prevederne un progressivo incremento a 1.500 milioni. 5) Rilanciare la Sanità territoriale (prevenzione, cure primarie e riabilitazione) e l’integrazione socio-sanitaria. Arrestare il taglio dei posti letto, adeguandone il numero agli standard europei. Abbattere le listediattesa, introducendo il principio dell’appropriatezza prescrittiva e limitando la pratica dell’intramoenia. 6) Rifondare fin dalla formazione universitaria la figura del medico, affermando una cultura unitaria che avversi le divisioni più esasperate del sapere e del fare, e riconosca la centralità dell’uomo e della donna nella loro indivisibile complessità. Non resta che dare gambe a queste proposte per tenere lontane le mani di Monti dalla Sanità pubblica. Non è facile ma ce la possiamo fare. (...)Roberto Gramiccia Gravi violazioni della Regione, condannata su tariffe DRG’ - “Con sentenza passata in giudicato del Consiglio di Stato, la Regione ha avuto torto nella controversia con enti ospedalieri privati in relazione alla delibera di GR n. 2858 del 20 dicembre 2010, con cui essa fissava le tariffe per i nuovi DRG con effetto retroattivo a partire da gennaio 2010”. “Le motivazioni della sentenza sono assolutamente emblematiche. Con tale delibera laGiunta Regionale violava reiteratamente, tra l’altro, quanto legiferato dal Consiglio con L.R. 34 del 31 dicembre 2009, sia sforando di dieci mesi i tempi da essa previsti per la definizione delle nuove tariffe, sia evitando di definire preliminarmente i criteri in base ai quali si sarebbero dovute definire tali tariffe. Ma anche in ragione degli specifici contesti di riferimento, attraverso la statuizione della retroattività delle tariffe stesse, compromettendo pesantemente gli equilibri finanziari degli incolpevoli enti in questione, costretti prima a spendere al buio epoi mazzolati a spese già effettuate”. “Ciò mette in evidenza due questioni di assoluta gravità, La prima è relativa all’evidente dispregio che la Giunta Regionale ha delle prerogative del Consiglio regionale, di cui viola allegramente le leggi come se fossero mere “grida” di manzoniana memoria. La seconda riguarda la programmazione finanziaria della Sanità pugliese, su cui ricadrà il risarcimento del dannoingiustamente arrecato”. “Per questi autentici misfatti ai danni della democrazia e della finanza regionale non ci si può non domandare se si debba continuare a non far pagare nessuno. A partire dalle alte burocrazie super-retribuite che difficilmente all’ombra di Vendola ne azzeccano una.” (...) Errori in sanità - Sono gli errori chirurgici la principale causa di richiesta di risarcimento danni nella sanità pubblica e privata italiana, seguiti dagli errori diagnostici nel settore pubblico (16%) e terapeutici nel privato (10,38%). Un fenomeno che comporta ogni anno alla sanità pubblica ben 3.410 euro di valore assicurativo per ogni posto letto, il 26,88% in più a quanto registrato nella passata edizione del report (vedi tabella in fondo). Sono queste le principali evidenze dei due report Medmal Claims di Marsh presentati oggi che prendono in esame 95 strutture ospedaliere/sanitarie pubbliche, e 52 private accreditate e non; grazie a questo ampio campioned’indagine, Marsh ha potuto “tastare il polso” della sanità in Italia nell’arco di 8 anni (2004 - 2011). In entrambi i settori, circa un terzo delle richieste danni analizzate sono state chiuse e un ulteriore 22% circa risulta senza seguito, pertanto più della metà dei sinistri trova una definizione equesto rende il campione ancora più stabile. In totale sono state quasi 35.000 le richieste di risarcimento danni, mentre, sempre negli 8 anni oggetto d’esame il costo complessivo dei sinistri denunciati ha superato il miliardo, per un totale di 26.723 sinistri dal costo medio di 42.600 euro a testa. Circa il 50% delle richieste di risarcimento danni sono denunciate entro il primo anno dalla data di accadimento dell’evento, più della metà entro 2 anni. Fa eccezione la specialità di ostetricia e ginecologia, che presenta una consistente percentuale di richieste di risarcimento anche al quinto anno dall’accadimento. Settore pubblico: 10,43 sinistri ogni cento posti letto Ilvalore assicurativo di un posto letto mostra significative differenze a seconda della regione italiana presa in considerazione: se nord e centro sono paragonabili (rispettivamente circa 3.280 euro e 4.047 euro), il sud vale quasi il doppio (6.128 euro). Secondo i dati del Report, avvengono 10,43 sinistriogni cento posti letto, 2,78 ogni mille ricoveri, 18 eventi ogni cento medici e 7,6 ogni cento infermieri. Laddove ci sono delle forti specializzazioni il rischio si riduce notevolmente: nelle aziende sanitarie ed ospedaliere di base, non specialistiche, il tasso è pari a 22,42 ogni cento posti letto e 6,79 ogni mille ricoveri; nei policlinici si registra un tasso pari a 27,22 ogni cento posti letto e 6,44 ogni mille ricoveri; nelle aziende monospecialistiche si contano 16,94 eventi ogni cento posti letto e 3,72 eventi ogni mille ricoveri. A conferma di questo elemento si aggiunge il dato complessivo delle richieste danni in base alla tipologia di struttura sanitaria e/oospedaliera: le strutture sanitarie di primo livello, ovvero quelle di base, registrano il maggior numero di richieste danni pari al 55% (19.252), seguono le strutture di secondo livello (ospedali ad alta intensità di cura o ad alta specializzazione) 24% (8.398) e gli ospedali universitari 18% (6.319). Moltodistanziate sono le strutture specialistiche monotematiche come quelle ortopediche 1,53% (534), materno infantile 1% (327) e quelle oncologiche 0,30% (90). Le conseguenze seguite all’evento che ha determinato la richiesta di risarcimento sono principalmente le lesioni (78%) seguite dai danni alle proprietà (11%). Solo nel 7% dei casi si tratta di decesso. Gli errori chirurgici (30%) sono al primo posto; seguono gli errori diagnostici (16%), gli errori terapeutici (10%), le cadute di pazienti e visitatori (10%), i danneggiamenti a cose (6%) e gli smarrimenti e furti (5%). Ortopedia (15%) è la specialità clinica maggiormente interessata, ma hanno totalizzato percentuali elevateanche i danni da struttura e parti comuni (14%), pronto soccorso (13%), chirurgia generale (12%) e in misura inferiore contribuiscono anche ostetricia e ginecologia (7%) e medicina generale (3%). Nello specifico, è il Sud a pagare di più per l’assicurazione. In media le regioni meridionali pagano quasi8mila euro a medico e oltre 137 euro a ricovero: quasi 40 euro in più che al Centro e 50 in più che al Nord. Spesa alta anche per i piccoli ospedali: spendono 105 euro a ricovero contro i circa 74 dell’ospedale universitario dove - presumibilmente - rischi e casistiche sono a più alto rischio. Settore privato: al Nord la percentuale maggiore dei sinistri per singola struttura sanitaria Complessivamente sono state raccolte 3.286 richieste di risarcimento danni, con un incremento progressivo del numero fino al 2009 e una flessione negli anni 2010 e 2011. Geograficamente, le richieste di risarcimento danni per singola struttura sanitaria si attestano al 66,34% al Nord, al 12,51%al Centro e 21,15% al Sud. A guidare la classifica per tipologia di rischi è ovviamente il rischio clinico con l’81,62%. Seguono i rischi relativi alla struttura (eventi in aree comuni, parcheggi, scale, ecc. tranne gli infortuni e i danni alla proprietà) con l’8,67%, i danni alla proprietà (oggettipersonali, protesi, ecc.) con il 5,84% e i rischi professionali con l’1,07%. L’analisi delle conseguenze seguite all’evento che ha determinato la richiesta di risarcimento vede al primo posto le lesioni (82,59%) seguite dai decessi (8,79%) e dai danni alle proprietà (5,81%). Anche per la sanità privata, gli errori chirurgici sono i più reclamati (36,91%), seguono gli errori terapeutici (10,38%), gli errori diagnostici (10,16%), le cadute di pazienti e visitatori (8,52%), le infezioni (5,05%), gli errori da procedura invasiva (3,8%). Percentuali contenute riguardano gli errori da parto/cesareo e gli errori anestesiologici, entrambi al 2,65%. Rispetto all’ospedalità pubblica, sinota un minore impatto del Pronto Soccorso perché molte strutture non offrono questo servizio, ma s’inseriscono specialità come l’odontoiatria, la cardiochirurgia e in taluni casi la chirurgia plastica. Ecco la classifica delle specialità cliniche maggiormente interessate: Ortopedia (13,54%), Struttura eparti comuni, (11,99%), Chirurgia Generale (7,97%), Ostetricia e Ginecologia (4,78%), DEA/Pronto Soccorso (4,53%%), Cardiochirurgia (4,47%), Odontoiatria (4,38%), Oculistica e Oftalmologia (3,90%). (...) Due milioni in fuga dalle cure non hanno i soldi per il ticket - A Francesco mancano i denti per sorridere. "Ero ingegnere, avevo tutto. Poi le cose hanno preso una brutta piega, ho perso il lavoro e i denti. Avevo bisogno di cure, anche per una congiuntivite cronica. Ma dal giorno alla notte, non so come, mi sono ritrovato espulso dal sistema sanitario nazionale". Sessant’anni, ferrarese e un reddito di 38 mila euro che lo ha incastrato in una terra di nessuno.Troppo "giovane" e "ricco" per essere esentato dal ticket. Figuriamoci se ha i soldi per rimborsare i 750 euro della protesi dentale. "Ho provato a chiedere un prestito in banca, invano. E senza denti non posso nemmeno andare ai colloqui di lavoro". Ormai conserva la tessera sanitaria nel portafoglio solo per abitudine. Giusto per ricordarsi di tanto in tanto che la sua salute una volta era tutelata dallo Stato. Che c’era un tempo in cui anche per lui l’articolo 32 della Costituzione aveva un qualche senso. La Repubblica tutela la salute come fondamentalediritto dell’individuo. "No, guardi, lasci perdere... ormai non è più così". Nel 2012 si stima che 1,8 milioni di cittadini italiani abbiano abbandonato il sistema sanitario pubblico, rinunciando a esami, visite, analisi. Non era mai successo prima. ESPULSI DALLA SANITÀ - Non esistono solo gli esodati della pensione. Ci sono anche quelli del sistema sanitario pubblico, espulsi per quei ticket diventati all’improvviso troppo onerosi.Come Francesco, che dopo una sfilza di no e di porte sbattute in faccia, è stato costretto a rivolgersi al poliambulatorio di Emergency di Marghera, dove ha avuto la fortuna di essere curato gratis. Un’eccezione. In Italia infatti ci sono una valanga di persone per le quali i 45 euro del ticket per farsi vedere da un’oculista o i 65 euro per sottoporsi a una ecografia sono diventati troppi. Gli italiani scappano dagli ambulatori, oppure sono gli ambulatori a scappare da loro. Questa tendenza si era già vista nel 2011, ma lo scorso anno si èmanifestata in tutta la sua drammaticità. Sono i dati sui ticket sanitari a raccontarlo. Nel 2012, tra attività pubblica e convenzionata, l’incasso per le Regioni è stato di 2 miliardi e 285 milioni, cioè 549 milioni in meno di quanto era previsto. E siccome in media un italiano spende 150 euro all’anno in ticket, significa che 3,6 milioni di persone hanno rinunciato a pagarli. Qualcuno si è rivolto alle cliniche private, qualcun altro è entratotra gli esenti per reddito ed età (guadagnano meno di 36 mila euro e hanno più di 65 anni). Ma la metà di loro, 1,8 milioni, hanno proprio rinunciato a curarsi perché pur non essendo esenti non hanno i soldi per pagarsi il ticket. Esodati. Si tratta di numeri, dietro i quali ci sono i malati e le loro storie. "I medici di medicina generale - denuncia Luca Coletto, assessore alla Salute del Veneto - mi dicono che i loro assistiti non hanno soldi. O mangiano o si curano". Contemporaneamente, in un effetto perverso, i bilanci delle Regioni, giàfiaccati dalla spending review rischiano di finire in rosso anche per colpa dei ticket non riscossi. Le Asl italiane vedono un calo della domanda di prestazioni specialistiche del 5-10 per cento, ma non possono certo eliminare i servizi. Eppure non più tardi del 2000 l’Italia era al secondo posto nel mondo per copertura assistenziale, seconda solo alla Francia. Lo sosteneva l’Organizzazione mondiale della sanità. Come siamo arrivati a questopunto? A chi si rivolge chi ha abbandonato le strutture pubbliche? Cerca di risparmiare o aspettare meno prima di consultare il medico? LA CRISI DEL SISTEMA SANITARIO - Per la prima volta nel 2013 il Fondo sanitario nazionale, la grande torta del finanziamento statale divisa equamente tra le Regioni in base al numero dei cittadini e alla loro età, è diminuito. Era di 107,8 miliardi lo scorso anno, è sceso a 106,8. Un miliardo tondo in meno. Un taglio pesantissimo, più profondo di quanto hanno fatto gli altri paesi europei. "Quest’anno lo Statonemmeno è riuscito a garantire l’adeguamento all’inflazione", osserva Amerigo Cicchetti, direttore dell’Alta Scuola di economia e management dei sistemi sanitari. Tutte le Regioni si sono ritrovate con meno soldi, obbligate a un taglio lineare del 5 per cento delle spese sostenute dalle Asl. "Il risultato - sostiene ancora Cicchetti - è stato che invece degli sprechi, sono diminuiti i servizi. Lazio e Abruzzo, per esempio, hanno ridotto i pianivaccinali e i programmi di screening sulla popolazione. Sono aumentati i ticket, si è ridotta l’assistenza domiciliare agli anziani. Scelta molto miope, tra qualche anno avremo più malati di adesso e quindi più spese da sostenere. Invece di combattere gli sprechi, si è deciso di diminuire l’offerta". Da qui al collasso del sistema, il passo è breve. Sarà impossibile garantire gli stessi livelli con le casse dello Stato sempre più vuote. Sostiene Coletto che "la metà di quelli che non si rivolgono più alle strutture pubbliche lo fa perché nonse lo può permettere. Quindi non si cura. Del resto il sistema dei ticket così com’è non funziona". Una ricerca interna commissionata da tutte le Regioni per spiegare cosa sta succedendo negli ambulatori, si conclude così: "La riduzione è dovuta ad un effetto generale della crisi economica e della scarsità di risorse in sanità ed è probabilmente indotta più dall’offerta che dalla domanda, dal probabile trasferimento verso gli acquisti privatidovuto alla popolazione benestante, dall’allontanamento dalle prestazioni per soggetti per i quali il pagamento del ticket creava delle difficoltà". Il secondo punto fa luce su un altro effetto importante della tassazione sempre più alta. Ormai in tutte le Regioni ci sono privati sanitari che offrono visite, esami e analisi a prezzi concorrenziali con quelli delle Asl, in certi casi inferiori. E così si finisce per scegliere queste strutture, dove la risonanza costa 80-100 euro, poco di più del ticket, o dove la visita cardiologica te la fanno con35 euro, cioè come nel pubblico. E in più i tempi di attesa sono sensibilmente ridotti. Nella rossa Toscana, che ha fatto del sistema sanitario pubblico una bandiera, le associazioni di volontari Misericordie e Pubbliche Assistenze fanno ormai concorrenza agli ospedali con super ambulatori e radiologie che offrono prestazioni in tempo reale. La mattina si telefona per fissare l’ecografia, il pomeriggio si trova posto. Esiste una possibilità diottenere un appuntamento senza pagare niente, anche se non si rientra nella categoria degli esenti? L’ULTIMA SPIAGGIA - C’è chi cerca l’ultima spiaggia, che paradossalmente ha un nome che evoca paesi in guerra, crisi umanitarie, terzo mondo. Gli ospedali di Emergency. Ce ne sono due in Italia, a Marghera e a Palermo. Un terzo lo apriranno a Polistena, Reggio Calabria. E ci sono due ambulatori mobili che girano l’Italia. Già questo dovrebbe dire qualcosa di come sta il sistema sanitario nazionale. Nella struttura veneta, in affitto a canoneagevolato per grazia del Comune, ogni giorno, dalle 9 alle 18, c’è la fila davanti alle porte dello studio pediatrico, dell’oculista, del ginecologo. Per non parlare dei due ambulatori di odontoiatria, sempre affollati il giovedì. Fanno quello che possono. Moltissimi extracomunitari, molti senza tetto. E poi gli esodati della sanità. "Il venti per cento dei nostri pazienti è cittadino italiano e ha in tasca la tessera sanitaria",spiega Mimmo Risica, cardiologo e responsabile della Medical Division di Emergency. Dal 2006 ad oggi hanno curato 20 mila pazienti, erogando più di 100 mila prestazioni gratuitamente o dietro rimborso nel caso di protesi o interventi particolarmente onerosi. "Che comunque è sempre inferiore rispetto a quello dovuto allo Stato. Per una protesi dentaria di ottima qualità, ad esempio, noi facciamo pagare 300 euro, una Asl non chiede meno di 700 euro. Perché?". I poliambulatori vivono grazie alle donazioni private e ai proventi del 5 per mille. Si finisce quiperché si è nullatenenti, o disorientati dai vari grovigli burocratici del sistema sanitario pubblico. Oppure perché pagare il ticket è diventato insostenibile. In queste condizioni, cosa succederà nei prossimi anni ai conti del sistema sanitario, già in grave difficoltà? UN FUTURO INQUIETANTE - Il peso dei ticket, già altissimo per i cittadini e per il sistema sanitario, è destinato a crescere. La manovraBerlusconi nel 2011 ha previsto che dal 2014 le Regioni si accollino altri 2 miliardi di euro da recuperare attraverso la "compartecipazione" dei pazienti alle spese sanitarie. Passare da 2,8 miliardi a 4,8 è impensabile. Rischia di crollare tutto. "L’ho detto molte volte che i nuovi ticket non erano sostenibili, per le famiglie e per il sistema". Renato Balduzzi è il ministro alla Sanità uscente e per mesi ha lavorato per trovare misure alternative ai ticket. "Il meccanismo non funziona, ce ne vuole uno diverso. Ho proposto quello basato sulla franchigia". Si tratta di calcolarequanto può dare un cittadino alla sanità e fargli pagare fino a un certo numero di visite ed esami. Superata la soglia otterrà prestazioni gratuite. "Per un sistema del genere - dice Balduzzi - ci vuole un Isee (il sistema di calcolo della ricchezza, ndr) che funzioni. Abbiamo lavorato anche su questo ma sono necessarie delle modifiche". Balduzzi sottolinea come malgrado i problemi il sistema sanitario italianosia ancora efficiente. "Chi ha una patologia seria può contare su una sanità pubblica con livelli di qualità elevati". C’è però un’erosione su attività talvolta meno complesse ma comunque importanti, come quelle diagnostiche. "Dobbiamo approfittare di questa situazione per lavorare sull’appropriatezza, cioè per eliminare le prestazioni inutili che vengono chieste da molti cittadini". Ottavio Davini è un medico radiologo che ha fatto il direttore sanitario alle Molinette di Torino e di recente ha pubblicato "Il prezzo della Salute". "L’iperconsumo sanitario danneggia la nostrasalute. Anche se stiamo affrontando una decrescita sanitaria molto infelice ed era meglio intervenire prima, già che ci siamo dobbiamo provare a salvare il nostro welfare sanitario distinguendo tra le prestazioni che servono e quelle che non servono e garantendo solo le prime. Introducendo criteri di buonsenso nel procacciarsi le prestazioni sanitarie si potrebbero risparmiare molti soldi e forse si otterrebbe piùsalute. Senza mettere in dubbio l’universalità della sanità". E senza dover perdere i denti e la dignità.Michele Bocci-Fabio Tonacci,repubblica (...) Malasanità:"Bufera... Gli intoccabili della casta" - Ospedale San Severo: Lettera aperta alla cittadinanza del D.G. ASL FG Il Direttore generale dell’ASL Foggia, Attilio Manfrini, ha rivolto la seguente lettere aperta alla cittadinanza di san Severo. “Le bolle di sapone si sciolgono al sole della verità e quella di cui parliamo è il ventilato declassamento dell’Ospedale di S. Severo ed il suo presunto antagonismo con il Presidio Ospedaliero di Cerignola. Rifuggo da inutili polemiche su questa ultima “querelle”, assolutamente infondata e addirittura priva di senso e, poiché non registro neppure un episodio o un atto della Regione Puglia o di questa Azienda che possano in qualche modo motivare tali preoccupazioni, mi corre l’obbligo di fare chiarezza almeno su quelle che sono le attività poste in essere dagliOrganismi Regionali e da questa Direzione che dimostrano in modo inequivocabile quale sia il livello di attenzione in merito alle prospettive di sviluppo dell’Ospedale di San Severo. Dalpunto di vista delle strutture è sotto gli occhi di tutti come si siadato maggiore impulso, già dai primi i mesi del 2012, al completamento dei lavori di costruzione del nuovo Plesso Ospedaliero sicché, tra la fine del 2012 e gli inizi del 2013, si sono potuti trasferire nel nuovo Edificio i reparti di: OSTETRICIA, PEDIATRIA E MEDICINA e, più di recente, il LABORATORIO DI ANALISI e la FARMACIA OSPEDALIERA. Sono in corso di esecuzione, per circa 4 milioni di euro, i lavori di ammodernamento dell’impianto di produzione del calore e di adeguamento a norme di Prevenzione Incendi dell’intero complesso Ospedaliero. Quanto alle apparecchiature, sono in corso, tra le altre, le procedure per l’aggiudicazione della nuova TAC e della nuova Risonanza Magnetica che doteranno l’Ospedale delle più modernetecnologie di Diagnostica per le Immagini. Dal punto di vista della organizzazione, la riclassificazione dell’Ospedale di Lucera a Plesso dell’Ospedale di S. Severo, disposta dalla Regione,ha posto nuove e più importanti responsabilità a capo dell’Ospedalein quanto molte e nuove funzioni sanitarie dovranno essere assicurate da questo Presidio anche in favore di quei territori prima serviti dall’Ospedale di Lucera, nello stesso modo in cui ciò avviene, già ora, per i territori che una volta facevano capo agli Ospedali di Torremaggiore e di San Marco in Lamis, oggi classificati come Presidi Territoriali. Per far fronte a tale impegno si è provveduto e si sta provvedendo anche a potenziare la dotazione organica del Presidio, che già consta di n. 482 dipendenti attualmente in servizio, di cui n. 107 Dirigenti Medici e n. 375 Personale di Comparto. Si è provveduto, infatti, in questi ultimi mesi a nuove assunzioni e conferme di incarichi, per un numero complessivo di 28 dirigentimedici, soprattutto con riferimento al sistema della Emergenza Urgenza (Pronto Soccorso, Anestesia e Rianimazione, Radiologia e Cardiologia) i cui organici sono ad oggi completi. E veniamoalla CARDIOLOGIA, che presumibilmente è all’origine di taleirresponsabile allarmismo. L’unico Presidio Ospedaliero della ASL di Foggia, che la Giunta Regionale ha deputato, almeno per il momento, ad assolvere anche alle prestazioni di emodinamica è quello di San Severo, che peraltro possiede già le tecnologie necessarie. Aggiungo che, su richiesta di questa Direzione, la Giunta Regionale ha già concesso, in deroga al divieto di nuove assunzioni, 9 dirigenti medici di cui 5 per la sola cardiologia, che verranno prevalentemente destinati al Presidio di S. Severo. A questi sono da aggiungere i dirigenti cardiologi rivenienti dalla chiusura della Cardiologia di Lucera, anche questi destinati prevalentemente al Presidio di S. Severo. Credo che tale potenziamento degli organici sia la maggioregaranzia della volontà Regionale e di questa Direzione di potenziare le attività dell’Ospedale di S. Severo e, in particolare, quelle che attengono alla CARDIOLOGIA, che si propone didiventare disciplina di riferimento per quel Presidio. Questigli elementi concreti che, mi auguro, possono tranquillizzare l’Amministrazione Comunale e l’intera Comunità di San Severo sul ruolo strategico che l’Ospedale cittadino è chiamato ad assicurare per dare risposte ai bisogni di salute delle nostre popolazioni. Ai dipendenti dell’Ospedale, miei preziosi collaboratori, dico che, affinché queste risposte siano anche, come si dice, efficaci ed efficienti, e perché l’Ospedale di San Severo torni ad essere attrattivo come e più che in passato, occorre, però, che tutti ci rimbocchiamo le maniche e diamo il nostro contributo, superando le inutili conflittualità, migliorando il nostro senso di appartenenza e il nostro rapporto con l’utenza e questo è un compito delle “PERSONE”, che nessun aumento diorganici e nessuna legge regionale ci può assicurare perché dipende solo da noi. Il compito che abbiamo da svolgere non è un lavoro come tanti, perché dobbiamo curare esseri umani eper fare ciò dobbiamo mettere in campo i nostri cervelli, lenostre mani ma anche i nostri cuori. I nostri pazienti sono persone in stato di debolezza, molte volte anche psicologica, e forse un sorriso in più ed una maggiore umanità possono contribuire almeno a rendere meno gravoso il soggiorno in ospedale. Ma chiedo anche a Voi cittadini più pazienza e collaborazione, nel considerare l’Ospedale come un luogo di accoglienza (la parola ospedale viene da ospitalità), tollerando gli inevitabili contrattempi o lungaggini nella considerazione che medici ed infermieri svolgono un lavoro delicato e pieno di responsabilità e spesso sono costretti a svolgere il loro compito con mezzi inadeguati. Per parte mia pongo e continuerò a porre la massima attenzione per assicurare le risorse necessarie,compatibilmente con le disponibilità”. Scandalo sanità, la linea dura del pm chieste sette condanne in abbreviato È il primo troncone dell’inchiesta sulla gestione dellasanità in Puglia ad approdare in un’aula di giustizia, con un processo giunto alle battute finali. Perché il procuratore aggiunto Giorgio Lino Bruno ha concluso la sua requisitoria, chiedendo sette condanne per altrettanti imputati che hanno chiesto e ottenuto di essere processati con il rito dell’abbreviato. Imprenditori, ex manager della sanità finiti per episodi e accuse diverse nell’inchiesta della procura di Bari che ha travolto l’ex assessore regionale alla Sanità ed parlamentare del Pd Alberto Tedesco. Il pubblico ministero Bruno, davanti al gup Antonio Diella, ha invocato pene comprese tra i tre anni ed un anno e sei mesi. La condanna più alta è stata invocata per l’imprenditore Giovanni Leonardo Garofali di Bisceglie, finito ai domiciliari nel febbraio del 2011. Rischia tre anni. Per lui l’accusa è diconcussione. Secondo l’accusa, avrebbe indotto un dirigente dell’Asl Bari arinnovare il contratto con una società a lui riconducibile specializzata nell’assistenza emanutenzione degli ecografi in dotazione ad alcuni ospedali e avrebbe tentato di convincerlo ad acquistare, sempre dalla stessa società, un altro macchinario sulla base di una dichiarazione di "infungibilità". Al dirigente sarebbe stata ventilata la possibilità di essere stabilizzato nell’organico dell’Asl. Una condanna a due anni e due mesi, invece, è stata invocata per Marco De Nicolò, all’epoca dei fatti direttore amministrativo dell’Arpa Puglia. Risponde di un caso di tentato abuso di ufficio, lo stesso capo di imputazione contestato ad Antonio Decaro, parlamentare del Pd e consigliere regionale (che sarà processato il 24 aprile dinanzi al gup Marco Galesi). De Nicolò, secondo la ricostruzione dell’accusa, avrebbe passato le tracce del concorso, bandito dall’Arpa, per l’assunzione di sei collaboratori. E due annie due mesi è la pena invocata per Graziano Fiore, addetto alla cassaticket dell’Oncologico di Bari. Per lui l’accusa è di essersi appropriato degli incassi, per unvalore complessivo di 6mila euro, del pagamento dei ticket. Condanne a un anno e 6 mesi e 200 euro di multa sono state chieste per Nicola Pansini e Luciano Lovecchio, rispettivamente ex direttore generale ed ex direttore amministrativo dell’Oncologico di Bari. Nel processo sono imputati per abuso di ufficio e omessa denuncia: non avrebbero infatti segnalato l’ammanco e quindi l’autore del furto. Per Vincenzo De Filippis, all’epoca direttore sanitario dell’istituto Saverio De Bellis di Castellana Grotte, il procuratore aggiunto ha chiesto la condanna a un anno e otto mesi. Avrebbe di fatto contribuito a pilotare un concorso per un posto di bibliotecaria che doveva essere assegnato, con un bando su misura, ad una candidata indicata dall’ex assessore regionale Tedesco. Nel processo per abbrevviato l’unico imputato arispondere anche del reato di associazione a delinquere è l’imprenditorePaolo Emilio Balestrazzi che, quindi, secondo l’accusa, avrebbe fatto parte dell’associazione, nellaquale il principale referente era Tedesco. E Balestrazzi che rischia una condanna a due anni è anche l’unico imputato nei confronti del quale è stata ammessa la costituzione come parte civile della Regione Puglia. Il processo a Tedesco che ha scelto il rito ordinario comincerà il 6 maggio, mentre la sentenza di questo processo arriverà entro giugno. Gabriella De Matteis,repubblica Gentile lunedì 15 aprile a confstampa per dirigenti area patrimonio Asl L’assessore alla Sanità e Solidearietà Sociale, Elena Gentile,parteciperà dopodomani, lunedì 15 aprile, alle ore 11.45, alla conferenza stampa di presentazione della terza edizione del corso per dirigenti e funzionari di Asl, area patrimonio. All’incontro con i giornalisti, che si svolgerà presso la sede dell’Ares, in via Caduti di tutte le guerre,saranno presenti con l’assessore Gentile: Francesco Bux, direttore generale dell’ARES Puglia; Francesco De Nicolo, presidente della FARE, Federazionedelle Associazioni Regionali degli Economi e Provveditori della Sanità; Vincenzo Pomo, direttore area Politiche per la Promozione della Salute, delle Persone e delle Pari Opportunità della Regione Puglia; Carlo Leone, direttore area Business della GlaxoSmithKline S.p.A di Verona Promosso dalla FARE, Federazione delle Associazioni Regionali degli Economi e Provveditori della Sanità, con il supporto diGlaxoSmithKline, AstraZeneca e Johson&Johson, il corso è strutturato in modo da fornire ai partecipanti gli strumenti utili ad ampliare le proprie competenze non solo nello specifico campo amministrativo ma anche in quello tecnico. Il primo modulo sarà dedicato al sistema degli acquisti di beni e servizi dopo la spending review. In particolare si occuperà dell’applicazione delle nuove norme introdotte dal D.L. 52/2012 (cd. “spending review 1”), dal D.L. 95/2012 (cd. “spending review 2”), dal decreto “crescita” e dal D.L. 73/2012 e nella legge distabilità del 2013; della nuova discliplina dei termini di pagamento introdotta dal D.Lgs. 192/2012; della legge anticorruzione negli appalti (L. 190/2012), codice delle leggi antimafia (D.Lgs. 159/2011) e D.Lgs. 218/2012; delle più recenti determinazioni dell’AVCP (Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici di lavori, servizi e forniture). Gli altri moduli saranno incentrati su: il marketing d’acquisto; la gestionestrategica delle risorse umane; i nuovi modelli gestionali ed innovativi nella medicina di laboratorio e i progetti di razionalizzazione e contenimento dei costi. E’ strutturato in modo interattivo per favorire un continuo e proficuo confronto tra partecipanti e relatori. Con l’obiettivo di mettere a confronto le esperienze e i modelli sanitari in atto anche nelle altre regioni dell’Italiacentro-meridionale, questa edizione del corso prevede il coinvolgimento delle organizzazioni sanitarie dell’Abruzzo, della Basilicata, della Campania e del Lazio. Isuoi moduli si svolgeranno a Roma, Napoli, Pescara, Matera e Bari, che ospiterà, nella sala degli affreschi dell’Università degli Studi Aldo Moro, la sessione di valutazione.
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