Un colpo al cerchio e uno alla botte. Per tenere buoni tutti e così aiutare il governo delle larghe intese. Per Napolitano, infatti, bisogna «spegnere nell’interesse del Paese» il perdurante «conflitto tra politica e giustizia», ma i magistrati devono mostrare maggior equlibrio. L’occasione (e da molti era attesa) per dire la sua arriva dalla visita alla Luiss, in occasione di un incontro dedicato alal figura di Loris D’Ambrosio (il suo consigliere giuridico scomparso nel luglio dell’anno scorso), dove il presidente della Repubblica ha tenuto il suo discorso pubblico. E visti i tempi, era inevitabile che un passaggio sulle tensioni, di carattere appunto giudiziario, che stanno agitando il governo e la "strana" maggioranza. Magari ci stava bene pure un accenno al fatto che l’Italia sta scivolando verso il baratro economico, ma le priorità di Napolitano, evidentemente, adesso sono altre. Il capo dello stato sottolinea che politica e magistratura non devono essere«mondi ostili guidati dal sospetto reciproco», mentre invece in Italia «da troppi anni imperversa la spirale di contrapposizioni tra politica e giustizia»: si tratta di un «fuorviante conflitto, gravido di conseguenze pesanti per la vita democratica in Italia». Per Napolitano, però, non tutto dipende dalla politica: «Molto importante è il contributo che ci si deve attendere dalla magistratura» per ridurre il conflitto. E quindi i «modelli di comportamento» devono sempre essere «equilibrio, sobrietà, riserbo, assoluta imparzialità e senso della misura e del limite». Servirebbe «tra i magistrati un’attitudine meno difensiva e più propositiva rispetto al discorso sulle riforme di cui la giustizia ha indubbio bisogno e che sono pienamente collocabili nel quadro dei principi della Costituzione». Inoltre «Non c’è nulla di più impegnativo e delicato che amministrare la giustizia, garantire quella rigorosa osservanza delle legge, quel severo controllo di legalità, che rappresentano unimperativo assoluto per la salute della Repubblica». Belle parole (che faranno contento Berlusconi), ma destinate a cadere nel vuoto, almeno finché la situazione politica italiana resterà appesa alle vicende personali di una sola persona. Lo dimostra il battibecco che ancora continua dopo le parole di ieri di Letta, secondo il quale «non c’è alcuna persecuzione» e in Italia c’è lo stato di diritto. La risposta di Berlusconi, sempre ieri, inaugurando la nuova sede della rinata Forza Italia, è stata l’accusa di «ipocrita» (sebbene indiretta), mentre più esplicito oggi è il capogruppo Pdl Brunetta che a Letta dà, in pratica, del bugiardo: «Caro Enrico, ieri hai detto come fosse un atto di fede: “In Italia lo stato di diritto funziona”. Ancora: “Siamo in uno stato di diritto, non ci sono persecuzioni (traduco: Berlusconi non è perseguitato)”. Sii più prudente. Queste parole perentorie si scontrano con la realtà e il buon senso. Sono anzi proprio false, se permetti». Inevitabile ladiscesa in campo di Napolitano a raffreddare i bollenti spiriti e a riportare il governissimo su binari un po’ meno storti. L’Associazione nazionale magistrati insorge contro la “delegittimazione dei giudici”. Non è solo l’ennesima puntata dello scontro tra politica e giustizia, perché i toni aspri del sindacato delle toghe sono una implicita risposta al presidente della Repubblica (e del Csm) Giorgio Napolitano, che ieri aveva esortato i magistrati ad avere “senso del limite” e a essere “meno difensivi” di fronte alle ipotesi di riforma della giustizia sul tappeto. “Ancora una volta siamo stati bersaglio di attacchi e insulti: non è una novità ma questi comportamenti sono diventati più numerosi e violenti, fino a giungere a una campagna organizzata di delegittimazioni“, ha affermato il presidente dell’Anm, Rodolfo Sabelli, aprendo il comitato direttivo. “Noi siamo la magistratura che pretende rispetto e vuole le riforme nel rispetto dei principi della nostra Costituzione”,ha aggiunto. Il comitato direttivo ha poi approvato un documento in cui chiarisce che la magistratura “ha sempre reagito con forte senso di responsabilità, senza spunti polemici e sovraesposizioni personali, alla campagna organizzata di delegittimazione che in modo sempre più insistente colpisce la magistratura nel suo complesso e i magistrati impegnati nella trattazione di delicati processi, evocando una contrapposizione inaccettabile rispetto all’esercizio della giurisdizione”. Lasciando sempre sottointeso l’intervento di Napolitano di ieri, l”Anm rimarca che giudici e pm hanno “sempre contribuito alla discussione sulle riforme con proposte e iniziative destinate a realizzare i principi costituzionali sulla giustizia e i magistrati tutti hanno collaborato attivamente all’attuazione delle riforme già varate, con spirito di servizio e senso del dovere. Proseguiremo costruttivamente su questo atteggiamento”. Al consiglio direttivo è intervenuta anche Alessandra Galli, il giudiceche ha presieduto il collegio della corte d’Appello di Milano che ha condannato Silvio Berlusconi nel processo Mediaset, sfociato poi nella condanna definitiva in cassazione per frode fiscale, aprendo il caso della decadenza da senatore del leader Pdl, sia sotto il profilo della legge Severino sia per l’interdizione dai pubblici uffici, la cui entità deve essere ancora rideterminata. “Siamo stati lasciati soli davanti a questi attacchi. Ci si chiede di imbavagliarci, ci si chiede di essere costruttivi – ha detto con un altro chiaro riferimento alle parole del presidente della Repubblica – si attende che i magistrati facciano qualcosa per la pacificazione, mentre altri tengono comportamenti che sono fuori dallo Stato di diritto”. La magistratura, ha aggiunto Galli, “nel suo complesso ha tenuto in questi anni un un profilo corretto, l’appello del capo dello Stato è stato accolto e sono diminuiti i casi di sovraesposizione. A Milano abbiamo cercato di portare a termine i processi ilpiù tranquillamente possibile. Ma non si può chiedere alla magistratura il silenzio assoluto”. Bisogna quindi “rompere questo circolo vizioso. Dobbiamo preoccuparci di come la magistratura può far passare risposte puntuali di fronte a critiche e valutazioni fatte prima che una sentenza sia depositata. Se restiamo zitti – ha ammonito – si crea una falsa costruzione della realtà che poi è difficile da smontare. Dobbiamo difendere a monte quello che siamo”. Non sono mancati i riferimenti precisi alla questione Berlusconi, che poi è l’epicentro dello “scontro fra giustizia e politica” che spesso Napolitano evoca in modo del tutto generico: “La situazione contingente continua a condizionare le riforme dopo i danni prodotti dalla stagione delle leggi ad personam“, ha detto ancora il presidente Sabelli. Che si è soffermato in particolare sul ddl Palma: “E’ stato presentato ed è stato discusso in commissione in Senato – ha detto – un ddl con nuove ipotesi di responsabilità disciplinare. Cisiamo già espressi in termini negativi in merito, escludendo questa ipotesi dalla revisione del codice disciplinare, non per pregiudizio ma perché queste misure potrebbero portare ad interventi punitivi e a una compressione della libera espressione dei magistrati”. Secondo Sabelli misure di questo tipo sono il segnale che “la situazione contingente continua a condizionare le riforme”. Su questi aspetti è tornata con forza anche il vicepresidente dell’Anm, Anna Canepa, segretario nazionale di Magistratura democratica: “I magistrati pretendono rispetto e da tempo chiedono riforme della giustizia e le vogliono attuare. Ma dicono no alle leggi contro la Costituzione e alle leggi ad personam”. La presa di posizione dell’Anm suscita le reazioni del critiche del Pdl: ”È grave e inaccettabile il comunicato col quale l’Anm replica di fatto al presidente Napolitano che aveva esortato la magistratura a superare la conflittualità con la politica e a non essere difensiva ma costruttiva sulleriforme”, dichiara fra gli altri la senatrice Anna Maria Bernini. “E’ inconcepibile – aggiunge la parlamentare – che l’Anm, incapace della minima autocritica anche rispetto ai comportamenti di singoli magistrati, respinga l’appello della più alta carica dello Stato fingendo di non esserne destinataria”.
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