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È questo lo scenario emerso dai nuovi risultati del Programma nazionale di valutazione degli esiti (Pne) curato da Agenas, titolare del sistema di valutazione, l’agenzia nazionale per i servizi sanitari delle Regioni, ha pubblicato la ricerca sugli "esiti" dell’attività sanitaria del 2012, basata sulle schede di dimissione. I 1440 ospedali pubblici e convenzionati italiani sono stati classificati in base a una quarantina di indicatori, dalla mortalità per infarto, a quella per gli interventi cardiochirurgici o per l’ictus, dal tasso di cesarei a quello delle operazioni di colecisti in laparoscopia. C’è l’eccellenza che resiste, nonostante tutto: Lombardia, Toscana, Veneto, Emilia e Piemonte riescono ad assicurare un’assistenza adeguata, seppur tra alti e bassi. E poi ci sono la Calabria, la Sicilia, il Lazio, il Molise, la Campania dove la situazione è al di sotto del livello accettabile. Per facilitare la lettura abbiamo selezionato leprime dieci e le ultime dieci strutture a livello nazionale con esiti favorevoli e sfavorevoli rispetto alla media nazionale. Le diverse strutture sono state collocate, così come realizzato dagli epidemiologi dell’Agenas, in tre fasce: quella blu, i cui dati aggiustati (ossia quei dati per i quali sono state considerate le possibili disomogeneità tra le popolazioni come l’età, il genere, presenza di comorbità croniche, etc..) e favorevoli, sono statisticamente certi; quella rossa in cui dati aggiustati sfavorevoli non presentano margini di errore statistico; quella grigia dove invece c’è un rischio relativo di errore di un risultato (quello che i tecnici chiamano fattore “p”).
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