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Le pensioni (povere) di nuovo sotto schiaffo
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Il prelievo previsto dalla legge di stabilità sulle pensioni ha occupato per giorni le prime pagine dei giornali e trovato spazio nei telegiornali: è stata una piacevole sorpresa. Ancora una volta a pagare la manovra economica sono i pensionati e gli impiegati pubblici. Quando il governo Monti varò la legge sulle pensioni che prevedeva, tra l’altro, il blocco di due anni della rivalutazione delle pensioni vi fu un coro unanime, da parte dei media, in difesa di quella legge. Il blocco della rivalutazione al costo della vita delle pensioni superiori a 1.400 € lordi (1.200 netti) per il biennio 2012/2013 ha portato 8 miliardi nelle casse dello Stato ed è costato circa 1.500 euro in media per oltre 6 milioni di anziani, cifra non più recuperabile vita natural durante. Lo Spi-Cgil ha calcolato in 118 miliardi e 21 milioni negli ultimi due anni il “contributo” dei pensionati al risanamento dei conti pubblici: Irpef e drenaggio fiscale, aumento Iva,blocco delle rivalutazioni, implementi delle tasse locali, senza calcolare che altre misure come l’aumento dell’età per il diritto alla pensione ed i nuovi sistemi di calcolo garantiranno allo Stato ben 10 miliardi annui per i prossimi 10. Il “risanamento” dei conti pubblici operato dal governo Monti è stato pagato in gran parte dai pensionati. La perdita del potere di acquisto delle pensioni dal 2000 è del 25/30% circa. Aumentano i poveri ed in gran parte sono anziani soli: è raddoppiata la richiesta di un pasto alla Caritas e ad altri Enti di beneficenza. La grande stampa e la TV si schierarono compatti in difesa della legge Fornero anche per ragioni politiche. Infatti venivano smantellati alcuni capisaldi del sistema pensionistico pubblico quali il legame rappresentato dai contributi (salario differito) tra lavoro e pensione, i sistemi di calcolo, l’età per ottenere la pensione, diritti acquisiti. La legge di stabilità blocca la rivalutazione annuale per tre anni dellepensioni superiori a 3.000 €uro mensili (2.000 netti) considerandole “pensioni d’oro”. Per le pensioni tra i 1.500 euro lordi (1.250 netti) e i 3.000 euro la rivalutazione è parziale: da 1.500 a 2.000 euro è del 90%, da 2.000 a 2.500 del 75% e da 2.500 a 5.000 del 50%. Dopo tanto tergiversare (e litigare) viene previsto un prelievo sulle quote di pensione che superano i 100.000 euro annui: da 100 a 150.000 il 5%, da 150 a 200.000 il 10%, da 200 ed oltre il 15%. Con molte probabilità si troverà una qualche motivazione per cancellare questo prelievo. Solo se ci sarà una forte mobilitazione delle confederazioni sindacali e dei sindacati dei pensionati e se le contrarietà e perplessità espresse da diversi parlamentari si trasformeranno in azioni si potrà impedire il blocco della rivalutazione delle pensioni. Ma non illudiamoci che le pensioni nei prossimi anni saranno lasciate in pace. Ogni anno gli Enti erogano circa 270 miliardi ai pensionati. È una somma che fa gola e tral’altro di facile “saccheggio” tenendo conto della scarsa capacità di lotta dei pensionati resa ancor più debole dai cedimenti dei loro sindacati. Nel mirino di questi predatori vi sono le pensioni di reversibilità, che per il 70%, sono concesse a donne vedove ed in base al loro reddito. Vi sono le pensioni di anzianità calcolate in gran parte con il sistema retributivo, che si vorrebbe ricalcolare con il contributivo, certamente più penalizzante che provocherebbe una diminuzione dal 20 al 30% delle pensioni in essere. Sia per la reversibilità sia per l’anzianità l’insistenza ad operare interventi viene da diversi dirigenti del Pd, anche Matteo Renzi lo ha sostenuto in una recente intervista al Corriere della Sera. Il ministro degli Esteri Bonino è invece impegnata da tempo in una crociata per parificare l’età delle donne per il diritto alla pensione a quella degli uomini. Vuole accelerare un processo già avviato e si avvale di una “raccomandazione” degli organismi della ComunitàEuropea da lei sollecitata. Tra l’altro si stanno tagliando i già scarsi fondi a favore dell’infanzia. Senza retorica ma credo che l’affermazione di un grande sindacalista comunista che si chiamava Giuseppe Di Vittorio dovrebbe far riflettere: ”la civiltà di una nazione si misura dalla condizione dell’infanzia e degli anziani”. Sante Moretti
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