Pensioni: la precarietà di oggi prepara la povertà di domani
 











L’Ocse ha scoperto quello che noi andiamo dicendo (e solitariamente combattendo!) da anni. E cioè che in Italia le due generazioni più giovani che oggi vivono sotto le forche caudine del precariato sono inesorabilmente destinate ad un futuro di stenti e ad una vecchiaia da indigenti. L’Ocse usa una formula più paludata ("l’adeguatezza dei redditi pensionistici potrà essere un problema" e "i lavoratori con carriere intermittenti, lavori precari e mal retribuiti sono più vulnerabili al rischio di povertà’ durante la vecchiaia"), ma la sostanza è questa. L’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico accusa il metodo di calcolo per l’ammontare delle pensioni, strettamente legato all’ammontare dei contributi, tale per cui i periodi di disoccupazione o di lavoro sottocontribuito falcidiano la rendita pensionistica in proporzioni pesanti. Ma la constatazione di questo autentico disastro sociale viene poi nascosta sotto il tappeto, e l’Ocsepassa ad esaltare la bontà della riforma globale del sistema pensionistico adottata nel dicembre 2011 dall’allora ministro del Lavoro, Elsa Fornero." L’Italia - commenta l’Ocse - ha fatto un passo importante per garantirne la sostenibilità finanziaria’’, e in particolare ha ’’stabilizzato la spesa sul medio periodo’’ (2010-2050) facendone scendere l’incidenza al al 14,5% nel 2015 e al 14,4% nel 2020.
Non serve Pico della Mirandola per capire che se aumentano attesa di vita e numero globale dei pensionati, mentre cala la spesa globale ad essi dedicata, vuole dire che le rendite pensionistiche medie e - drammaticamente - quelle delle fasce più deboli subiranno un salasso insopportabile. Sempre che alla pensione si riesca ad arrivare, considerato che il progressivo aumento dell’età pensionabile, l’abolizione delle pensioni di anzianità e la spettacolare proliferazione dei lavori precari rendono il traguardo della quiescenza irraggiungibile per tante persone. Con farisaica ipocrisial’Ocse conclude spiegando che ’’le politiche per promuovere l’occupazione e l’occupabilità e per migliorare la capacità degli individui ad avere carriere più lunghe sono essenziali’’, ricordando che ’’l’aumento dell’età pensionabile non è sufficiente per garantire che le persone rimangono sul mercato del lavoro, soprattutto se esistono meccanismi che consentono ai lavoratori di lasciare il mercato del lavoro in anticipo’’. In altri termini ci stanno raccontando che gli ammortizzatori sociali, benché drasticamente ridimensionati, sono ancora troppo generosi, che la pensione migliore è quella che non c’è e che si illude chi pensa che l’allungamento dei tempi necessari per ottenere il diritto alla pensione abbia terminato la sua corsa. Siamo avvisati. La crociata del liberismo contro il welfare si arresterà quando il sistema di protezione sociale in tutte le sue declinazioni sarà completamente spolpato. Sempre che non si riesca, come è fortemente auspicabile, a rovesciare il tavolo.D.G.

 









   
 



 
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