Nagano e Blechacz e due capolavori
 











L’eleganza del gesto e del portamento sono tra gli argomenti più importanti di Kent Nagano, tornato a dirigere l’Orchestra di Santa Cecilia dopo due anni. I programmi prescelti, pur essendo nota la gamma importante dei suoi interessi che lo portano a occuparsi del repertorio operistico, anche contemporaneo, come di quello sinfonico, si dirigono quasi magneticamente verso brani che sollecitino un pubblico abituato alla frequentazione degli Auditori. Non diversamente nel caso di questo intenso Concerto per pianoforte in do minore K 491, scritto da un Mozart all’apice della sua maturità, per il quale ha voluto alla tastiera Rafal Blechacz, pianista polacco nato nel 1985 dal fisico minuto e adolescenziale, che ha messo per la prima volta le mani sul pianoforte a 5 anni e oggi ha un palmarés impressionante, dal Concorso Internazionale Pianistico Frédéric Chopin, al Premio della Radio Polacca per la migliore esecuzione di Polonaise, al Premio dellaFilarmonica Nazionale per il Miglior Concerto, al Premio istituito da Krystian Zimerman. Oggi Blechacz è ospite delle maggiori Sale da concerto del mondo, mentre direttori dello spessore di Gergiev, Dutoit, Janowski amano invitarlo per i  concerti pianistici in programma. La sua attività discografica gli è valsa il diapason d’oro, dischi di platino in Germania e in Polonia ed altro ancora.
Il Concerto k 491, universalmente considerato il più bello, il più compiuto, è stato scritto da Mozart nel 1786, quando già il genere non incontrava più l’interesse del grande pubblico, che aveva adorato nel corso degli anni quei concerti galanti del salisburghese, altamente decorativi, vere espressioni dell’epoca. Qui, invece, il clima è ben diverso: tutta una realtà di contrasti drammatici, di particolari rapporti armonici, di melodie intense, di giochi contrappuntistici, di momenti patetici o dolenti, di mistero viene alla luce prepotente assieme ad un tessuto sinfonico assai ricco ( il K491 ha l’organico più ampio di tutti i suoi concerti ) fin dal primo movimento Allegro, che Blechacz  ha suonato utilizzando la cadenza di Johann Nepomuk Hummel, musicista che, bimbetto di otto anni, frequentava la casa di Mozart. Nel Larghetto un tema cantabile, sereno sfocia nella parte centrale del movimento in un momento che ricorda da vicino le tensioni che avevano caratterizzato il primo tempo, per poi intessere un dialogo fittissimo con l’orchestra e con i legni, soprattutto. Nell’Allegretto del finale una serie di variazioni su un tema pieno di fantasia, di eleganti arabeschi, di dialoghi incalzanti fra strumento solista ed orchestra. Davvero apprezzabile la sintonia fra podio e strumento solista. Alla fine, il pianista ha concesso un richiestissimo bis.
La seconda parte del programma era dedicata a Bruckner. La sua Sinfonia n.3 in re minore, “Wagner-Symphony” ha un curioso aneddoto. Si racconta che l’umile organista che era sbocciato tardivamente al mondo della culturamusicale (40 anni) avesse un culto idolatra verso il grande Richard Wagner     e che componendo la sua terza Sinfonia sperasse di poterla dedicare al mito “celeberrimo, inarrivabile e sublime Maestro della poesia e della musica”. Si recò perciò a casa del suo mentore per proporgliela, ma l’arrogante autore dell’Oro del Reno gli fece fare tre giorni di anticamera prima di accettare svogliatamente di leggere il manoscritto.  La Sinfonia ebbe una costruzione assai laboriosa, fu rimaneggiata continuamente dallo stesso autore dal 1873 al 1889, per approdare ad una forma  ridimensionata ( quella proposta nello spettacolo da Nagano). E tuttavia, monumentale e piena di slanci febbrili, la Sinfonia è percorsa da una  intonazione eroica alla quale fanno da contrappunto elementi ritmici dal carattere popolare. Naturalmente non manca un  hommage a Wagner, nell’Adagio soprattutto, mentre nel Terzo Movimento, lo Scherzo, tema e contro tema si rifanno ai ritmidi danza, del valzer, e si avviano ad un finale umoristico sotto il pizzicato degli archi. Nell’Allegro dell’ultimo tempo torna il ritmo di danza  con la polka, ma, prima di incamminarsi verso la grandiosa conclusione vi sono anche elementi popolari e religiosi, tipici di tutta la produzione  di Bruckner, misura di uno spirito mistico imbevuto di fede sincera, lievito per un inno costante alla divinità. Franzina Ancona









   
 



 
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