Aspi, Cig, Cassa in deroga, mobilità La giungla degli ammortizzatori sociali
 











Sono 4,2 milioni i lavoratori che nel 2013 hanno beneficiato di almeno uno degli ammortizzatori sociali in funzione in Italia. La stima è contenuta in un rapporto del Servizio politiche del lavoro della Uil dove si ricorda che quando, nel 2008, sono arrivate le prime avvisaglie della crisi l’ombrello del welfare copriva 2,1 milioni di persone. La platea dei beneficiari di aiuti di Stato, che tra il 2008 e il 2012 sono costati complessivamente 88,5 miliardi di euro (il contributo a carico di aziende e lavoratori è stato mediamente di 8,4 miliardi ogni 12 mesi), è dunque esattamente raddoppiata nell’arco di soli cinque anni. «Sono strumenti fondamentali per la sussistenza, ma non possono diventare strutturali: c’è bisogno da subito di una politica per lo sviluppo delle piccole e medie imprese che crei nuovo lavoro», dice Rosario De Luca, presidente della Fondazione studi dei consulenti del lavoro. Con l’aiuto di Enzo De Fusco, coordinatore scientificodella Fondazione, “l’Espresso” ha passato in rassegna gli ammortizzatori sociali più utilizzati che andrebbero tutti rivisti se si scegliesse la strada del reddito minimo garantito. Ecco quali sono, come funzionano e a chi si applicano.
IN FILA PER L’ASPI. L’Assicurazione sociale per l’impiego, introdotta il primo gennaio 2013, riguarda i dipendenti che abbiano involontariamente perduto il lavoro e che nel biennio precedente risultino aver versato almeno un anno di contributi contro la disoccupazione. L’indennità, che andrà a regime nel 2016, nel periodo transitorio 2013-2015 ha una durata che varia a seconda dell’età anagrafica del lavoratore: tra gli 8 e i 10 mesi per chi ha meno di 50 anni; 12 mesi per chi ne ha tra 50 e 55; tra i 12 e i 16 mesi per gli ultracinquantacinquenni. L’Aspi, finanziata con l’aliquota contributiva applicata all’imponibile previdenziale, assicura il 75 per cento della retribuzione media mensile degli ultimi due anni se questa è pari o inferiore a 1.180euro (importo che viene rivalutato annualmente sulla base della variazione dell’indice Istat). Per la cifra eventualmente eccedente si calcola un ulteriore 25 per cento. In caso di licenziamento è previsto il versamento di un contributo da parte del datore di lavoro.
FORMATO MINI. L’Aspi ha anche una versione ridotta, per accedere alla quale bisogna avere almeno 13 settimane di contribuzione nei 12 mesi precedenti l’inizio del periodo di disoccupazione. L’importo è uguale a quello della Aspi normale. Diversa è invece la durata dell’indennità mensile: viene corrisposta per la metà delle settimane per le quali risulta una contribuzione nell’ultimo anno prima della fine del rapporto di lavoro.
UN OMBRELLO PER 13 SETTIMANE. La Cassa integrazione guadagni (Cig), che nel 2012 ha assicurato la copertura a 86 mila tra operai, impiegati e quadri di aziende industriali, cooperative, edili, telefoniche e ferroviarie non ha requisiti di anzianità minima aziendale ed entra in funzione neicasi di sospensione o contrazione dell’attività produttiva dovuta a eventi temporanei non imputabili al datore di lavoro o a crisi di mercato. Dura 13 settimane (prorogabili in pochi casi eccezionali fino a un anno), è finanziata con l’aliquota contributiva e vale l’80 per cento della retribuzione che il lavoratore avrebbe percepito per le ore di lavoro non prestate (con un tetto di 40 la settimana).
VERSIONE STRAORDINARIA. Richiede invece almeno 90 giorni di anzianità di servizio presso l’azienda che fa domanda per il trattamento per un suo dipendente (sono compresi gli apprendisti, i lavoratori part-time o a domicilio e i dirigenti) la cassa integrazione straordinaria, che nel 2012 ha protetto 106 mila lavoratori. Si applica in tre casi. Riorganizzazione, ristrutturazione e riconversione aziendale (24 mesi prorogabili due volte per 12 mesi con provvedimenti distinti), crisi aziendale (12 mesi prorogabili una volta), procedure concorsuali, se esistono prospettive di salvaguardiaanche parziale dei posti di lavoro (12 mesi prorogabili per ulteriori 6). Dal punto di vista economico funziona come la cassa ordinaria, con la differenza che l’importo incassato dal lavoratore non può superare un limite massimo mensile fissato di anno in anno.
UN SALVAGENTE PER 95 MILA. La cassa in deroga, introdotta nel 2009, è invece finanziata con la fiscalità generale, cioè dai contribuenti che pagano le tasse. Riguarda tutti i dipendenti (compresi gli apprendisti) che lavorano in aziende di settori produttivi o aree geografiche individuate da accordi governativi. Interviene con un’anzianità aziendale di almeno tre mesi, entra in funzione all’esaurimento degli interventi ordinari e la sua durata è stabilita di volta in volta. Le prestazioni sono le stesse della cassa straordinaria. Nel 2012 ne hanno usufruito 95 mila lavoratori, con un aumento del 70,1 per cento.
QUESTIONE DI ETÀ. L’indennità di mobilità, che si applica a operai, impiegati e quadri licenziati, richiedeun’anzianità aziendale di almeno 12 mesi e un contratto di lavoro a tempo indeterminato in aziende industriali, commerciali, cooperative e artigiane (per ciascuna tipologia c’è un tetto minimo di dipendenti). Scatta in caso di licenziamento per esaurimento della cassa straordinaria, riduzione di personale, trasformazione dell’attività aziendale, ristrutturazione o chiusura. La durata varia a seconda di un mix tra l’età del lavoratore (fino ai 40 anni non compiuti, tra i 40 e i 50, oltre i 50) e la collocazione geografica dell’azienda (la protezione è più lunga per le aziende del Sud). Dopo un primo anno nel corso del quale la retribuzione è intaccata solo da un’aliquota contributiva di poco superiore al 5 per cento, il trattamento diventa pari all’80 per cento delle voci fisse della busta paga incassata dal lavoratore nel primo anno di attività.
SE L’AZIENDA PERDE COLPI. I contratti di solidarietà, che non tengono conto dell’anzianità professionale, si applicano a tutti i dipendenti(eccetto dirigenti, apprendisti, lavoratori a domicilio o con anzianità inferiore a tre mesi, stagionali assunti a tempo determinato) di aziende in crisi temporanea, che riducono l’orario di lavoro dei dipendenti versando loro un contributo come sostegno al reddito. L’indennità è pari all’80 per cento della retribuzione lorda. Ma c’è un tetto mensile, stabilito di anno in anno. La somma viene poi decurtata del 5,54 per cento.
QUANDO PAGA IL PADRONE. Il prepensionamento, a carico del datore di lavoro, interviene a livello aziendale e in base a un accordo con il sindacato quando ci sono eccedenze di personale e riguarda i lavoratori di qualsiasi livello più vicini alla pensione (devono avere i requisiti per incassare l’assegno di vecchiaia o anticipato entro quattro anni). L’indennità è pari all’importo del trattamento pensionistico che spetterebbe al dipendente al momento del suo accesso alla prestazione previdenziale, a cui va sommata la contribuzione che il datore di lavoro siimpegna a versare per il periodo di esodo. Stefano Livadiotti,l’espresso










   
 



 
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