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Imprese, una su tre in perdita
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Il 2011 è stato un anno tragico per le imprese italiane che hanno registrato un calo medio del fatturato del 3% sul 2010, con quasi una su tre (il 32%) che ha registrato addirittura una perdita. Il dato è stato reso noto dal Ministero dell’Economia che ha diffuso i dati dell’Ires. Ed è presumibile che nel 2012 nel 2013, anzi è più che certo, le cose siano andate pure peggio. Con la crisi internazionale che si è fatta pesantemente sentire e con la feroce stretta creditizia praticata dalle banche italiane, il risultato non poteva che essere questo. Con una burocrazia idiota e criminale che blocca di fatto la nascita di nuove aziende, chi voglia aprire una nuova attività di impresa in Italia non può che trovare ostacoli a volte quasi insormontabili. Poi è fin troppo facile e mistificatorio sostenere che le imprese sono bloccate anche da un mercato del lavoro nel quale si sono introdotti insufficienti elementi di precariato e di flessibilità. Come se ilproblema vero per le imprese fosse quello di disporre della più ampia possibilità di licenziare a piacimento i dipendenti e, riducendo i costi fissi, acquistare in competitività sui mercati internazionali. Il problema vero è che tutto il mondo delle piccole e medie imprese, che costituisce la struttura portante del nostro sistema industriale, è stato messo in ginocchio dalle banche che non soltanto non hanno più concesso credito a quelle imprese che volevano investire ed innovare ma che, in molti casi hanno pure richiesto loro di rientrare degli scoperti. Un trattamento idiota che invece non ha interessato i grandi gruppi industriali i quali sono stati foraggiati in continuazione di nuove risorse finanziarie. Ad incominciare da quella Fiat che da anni sta attuando il suo programma di lento disimpegno produttivo dall’Italia nella quale verrà conservata soltanto la produzione di auto sportive e di lusso destinate al Nord America o ai nuovi ricchi di mercati emergenti come la Cina. Unarealtà che si è accentuata in questi ultimi due anni e che ha visto la morte di migliaia di piccole imprese e l’aumento esponenziale della disoccupazione fino a livelli un tempo per noi sconosciuti. Le chiacchiere stanno quindi a zero e ben poco ci possono dire i dati del Ministero tranne che confermare un disastro che ognuno può toccare ogni giorno con mano. Per la cronaca, nel 2011 il reddito medio dichiarato dalle imprese di capitale è stato di 227.170 euro con un calo del 3% sul 2010. Il 32% delle società ha dichiarato una perdita contro un 62% che ha denunciato al Fisco un reddito. Trattandosi del 2011 è fisiologico che nel 2012 e nell’anno appena passato le cose non abbiano potuto che peggiorare. Resta lo sconcerto e la rabbia per una classe politica di cialtroni e di ladri che continua allegramente a pensare soltanto ai propri interessi senza preoccuparsi minimamente della nave che sta sprofondando, trascinando tutti gli italiani con sé. Giuliano Augusto
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