Agende disordinate e zeppe di novità dell’ultima ora, queste di oggi giovedì 6 marzo, nelle capitali d’Occidente, per arruffare una linea comune riguardo alla questione ucraina e alle pressioni da porre in atto contro la Russia per sostenere il governo golpista di Kiev. Vediamo le “novità” e gli ordini del giorno delle varie riunioni. E’ stato resa nota una telefonata tra il ministro degli Esteri estone (Ue) Urmas Paet e il cosiddetto ministro Ue agli Esteri, l’algida lady Catherine Ashton. Nel colloquio, a Urmas Paet - che evidenziava le prove anche fotografiche degli assassinii, da parte di cecchini del nuovo “governo” ribelle di cittadini pro-russi nella piazza Maidan di Kiev (foto) – la lady britannica ha risposto che pensava fosse “meglio non investigare” su tali assassinii (evidentemente politically correct per l’Occidente). Urmas Paet era appena rientrato nella capitale dell’Estonia dopo la sua visita a Kiev il 25febbraio. Nella mattinata di oggi, il Parlamento della Repubblica autonoma di Crimea ha votato all’unanimità in favore dell’adesione dello Stato alla Federazione Russa. L’annuncio ufficiale, reso dal vicepremier Rustam Temirgaliev, giunge a 10 giorni dalla votazione – domenica 16 marzo – popolare che chiederà ai cittadini della Crimea di votare sulla permanenza della Repubblica nell’Ucraina o sull’ingresso nella Federazione Russa. Sempre nella tarda mattinata a Bruxelles un Consiglio europeo straordinario degli Stati partners dell’Ue (con i capi di Stato e di governo: per l’Italia Renzi) è stato chiamato a discutere su “gli aiuti economici e finanziari”dell’eurocrazia al nuovo regime di Kiev. Le linee in conflitto sono tra l’asse franco-britannico, con il particolare il presidente francese Hollande deciso a imporre “sanzioni” alla Russia e tra i Paesi del nord Europa guidati dal cancelliere tedesco Angela Merkel che preferiscono una strategia di pressione piùleggera, diplomatica, su Mosca. A Roma, in contemporanea, sono presenti il segretario di Stato Usa, John Kerry – il maggiore “falco” dell’Occidente pro-governo golpista di Kiev – il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov, deciso a rivendicare ogni diritto alla difesa della popolazione russa in Ucraina, e gli omologhi ministri francese Laurent Fabius, tedesco Frank-Walter Steimeier e spagnolo José Manuel Garcia Margallo, nonché il viceministro britannico Hugo Swire. L’appuntamento (con virtuale argomento di discussione l’attuale situazione in Libia dopo l’aggressione occidentale al governo di Gheddafi), è servito agli occidentali per impostare una “linea comune” sulla questione ucraina. Obiettivo quantomeno ambizioso, vista la scontata tendenza aggressiva anti-russa da parte di Washington, Londra e Parigi in conflitto con Berlino e con Roma a galleggiare. A New York, infine, si riuniscono a porte chiuse, per la quarta riunione in una settimana, oggi alle locali14,30, i 15 membri del Consiglio di sicurezza dell’Onu, con all’ordine del giorno sempre la questione Ucraina. E’ evidente l’ordine sparso dei lavori in corso di questa “diplomazia” (che poi tanto tale non è). Sta di fatto che i falchi occidentali – in particolare per gli Usa i Kerry e la sua vice Nuland, nonché a latere Hillary Clinton – hanno qualche problema (… eufemismo) a far digerire alla pubblica opinione mondiale la loro volontà di lucrare sul ribaltone violento accaduto a Kiev. Il ritorno della Crimea alla patria russa è un fatto certo. E il passaggio della Repubblica nella Federazione Russa sarà certamente sancito in sede di referendum. La ricongiunzione territoriale della Crimea alla Russia non potrà che accelerare decisioni popolari simili nelle altre regioni ucraine meridionali e orientali a stragrande maggioranza russa. Il contenzioso estremo sarà per la regione di Donetsk, sempre pro-russa ma che rappresenta per l’Ucraina occidentale l’unicopossibile residuale sbocco al Mar Nero (e che è l’obiettivo militare strategico degli Usa, della Nato, dell’Occidente per insinuare un cuneo aggressivo al fianco sud della Russia). Su tutto questo pende la delibera parlamentare russa che ha dato al presidente Vladimir Putin ogni potere di intervento militare a difesa dei connazionali maggioritari in Ucraina. Senza dimenticare che, in caso di spirale conflittuale tra Occidente e Russia (sanzioni), Mosca ha sempre la possibilità di replicare con il taglio dei rifornimenti di energia all’Europa dell’Ovest (dal terminal della sola Monfalcone, per esempio, l’Italia riceve dalla Russia il 35 per cento delle sue necessità di forniture energetiche). Tuttavia, l’alea di una crisi particolarmente pericolosa, ben oltre le tensioni da guerra fredda, è ben presente, vista l’attuale disposizione mentale Usa. Sono stati gli angloamericani infatti a finanziare – attraverso contributi “privati” e ufficiali (di questi sono noti i “5 milioni didollari” versati dalla segreteria di Stato nelle casse dei “ribelli” ucraini) e propagandare mediaticamente la sollevazione anti-governativa a Kiev e a ritenere l’Europa occidentale il loro serbino di manovra. Basti pensare che la predetta vicesegretario di Stato Usa Victoria Nuland, a chi le ricordava gli interessi dell’Europa occidentale ha bene espresso la sua considerazione per tali alleati-colonia con un drastico “e chi se ne fotte dell’Europa”… Con la Clinto a farle da eco con un invito a intervenire contro la Russia. Gli atlantici stanno giocando, particolarmente sulla pelle dell’Occidente europeo, una rischiosa partita. E si addensano nubi da conflitto militare. Che, nell’era nucleare, non è uno scherzo di poco conto. Lorenzo Moore
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