Per otto anni di seguito Robin Tyler e Diane Olson si sono presentate regolarmente all’ufficio municipale di Beverly Hills per richiedere una licenza di matrimonio e per otto volte consecutive gli è stata regolarmente negata, fino a domenica pomeriggio quando sono diventate la prima coppia dello stesso sesso a ricevere, in via eccezionale, il documento con un giorno di anticipo sul via ufficiale alle unioni gay in California. Un riconoscimento al ruolo avuto dalle due donne per il diritto al matrimonio tra omosessuali. Sono loro infatti ad aver intentato la causa civile che in quattro anni è giunta alla corte suprema e che ha determinato la storica sentenza di legalizzazione del 15 maggio scorso. Olson e Tyler non hanno perso tempo convolando a nozze subito dopo in una cerimonia ebraica sulla scalinata del city hall di Beverly Hills fra gli applausi di amici e sostenitori. Una dolce vittoria che le due militanti storiche del movimento gay hanno condiviso con unaseconda coppia lesbica, Del Martin (87 anni) e Phyllis Lyon (84), unite in matrimonio dal sindaco di San Francisco Gavin Newsom, che quattro anni fa aveva forzato una crisi giuridica celebrando «unilateralmente» quattromila matrimoni gay prima di ricevere la diffida della corte costituzionale che aveva annullato quelle unioni. Del Martin e Phillis Lyon allora erano state le prime a scambiarsi gli anelli e ieri hanno potuto ripetere il gesto in piena legalità. Dietro di loro c’è ora una lunga fila di coppie intenzionate a siglare la propria relazione con un documento che garantisce tutti i diritti e le agevolazioni, comprese quelle fiscali, che finora sono stati esclusivo privilegio delle coppie eterosessuali. Uno studio eseguito dall’università di California stima che potrebbero essere almeno la metà delle circa 100.000 coppie di gay californiane a decidere di convolare a nozze e circa 60.000 provenienti da altri stati americani (la legge californiana non ha l’obbligo diresidenza). Un effetto matrimoni a catena che ha subito scatenato le aspettative di un mini boom economico nel florido settore dell’indotto matrimoniale: fiorai, ristoranti, sarti, servizi di limousine hanno già cominciato ad accaparrarsi uno share di mercato che si preannuncia assai ricco (le stime parlano di $650 milioni). Basta vedere la pioggia di ordinazioni piovute sulla fabbrichetta di Costa Mesa specializzata nella produzione di figurine «non tradizionali» da torta nuziale. La Reneille Inc infatti vende statuine non in coppia (tradizionalmente in bianco e dal look Barbie/Ken) ma individualmente e quindi in ogni possibile variazione di colore, sesso ed etnia, capaci di riflettere l’effettivo tasso di «globalizzazione matrimoniale». Sintomo imprenditoriale di una una realtà in forte evoluzione come lo sono le campagne pubblicitarie subito lanciate da alberghi e resort per assicurarsi il mercato delle nuove lune di miele, soprattutto in «roccaforti» storicamente gay comeSan Francisco, West Hollywood, Puerto Vallarta in Messico e soprattutto Palm Springs dove il sindaco gay ha formato una task force per gestire l’atteso flusso di nuovi sposi. L’impulso romantico di decine di migliaia di gay dalla voglia di matrimonio, accentuata dalla proibizione, sta insomma facendo brillare gli occhi dei capitalisti che ambiscono a coprire un settore di consumo facoltoso e propenso al glamour, ma il significato più profondo è che il matrimonio permetterà ai gay di uscire dallo stereotipo dell’eterno comprimario, del Edwin planerà stile Sex in the city, e di salire, se lo vorranno, all’altare come qualunque altra coppia. È uno evento epocale se si considera che è stata una corte suprema a maggioranza repubblicana a decretarlo, dopo che il governatore Schwarzenegger aveva posto il veto ad almeno due disegni di legalizzazione passati dal parlamento. Ed è il culmine di quello che alcuni considerano l’ultimo grande movimento di emancipazione civile, una parabolalibertaria ritenuta inevitabile, almeno in uno stato dove la comunità gay ha un peso culturale così profondo. La partita è però in gran parte ancora da giocarsi. Pochi giorni dopo la sentenza favorevole della corte, una coalizione di conservatori ha annunciato un referendum che cambierebbe la costituzione californiana specificando che il matrimonio è ammesso solo fra un uomo e una donna. È una prospettiva inquietante per i gay dato che in passato misure simili hanno ottenuto una larga maggioranza di voti e, se dovesse passare, questa volta si tratterebbe di un emendamento inappellabile. Il movimento gay conta sulla crescente accettazione da parte dell’opinione pubblica (i sondaggi sono divisi grosso modo a metà e il governatore ha annunciato che stavolta rimarrà neutrale) e puntano sulla grande visibilità proprio dei matrimoni che continueranno per tutta l’estate. Ma la battaglia si preannuncia combattuta. Il reverendo Lou Sheldon, capo della Traditional family valse chiloton hagià annunciato una «crociata spirituale» per salvare il matrimonio tradizionale e c’è chi pensa che il referendum, (si voterà in concomitanza con le presidenziali di novembre) potrà avere l’effetto di galvanizzare - come è già successo con i matrimoni corsari di San Francisco - un elettorato repubblicano in rotta. Nella realtà, però, benché Sheldon abbia definito i matrimoni gay «un dono dal cielo», se pure le frange teocon dovessero riversarsi alle urne, difficilmente potrebbero incidere veramente sui voti elettorali californiani già in tasca ai democratici. Sia Obama che McCain, inoltre, hanno scarso interesse a soffiare sul fuoco delle «culture wars» in una campagna dove sarà determinante il centro moderato. Il referendum rivelerà altresì se la California sia o meno pronta ad archiviare questa particolare culture war, e il gay movement è consapevole dell’importanza e della difficoltà della partita. Al ricevimento tenuto sul tetto del Hermitage Hotel ieri sera, Robin e Diane,hanno rinnovato il loro appello: invece di regali di nozze tutti gli ospiti sono stati invitati a fare una donazione, a nome della coppia, alla campagna per la sconfitta del referendum.de Il Manifesto
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