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Da un momento all’altro 3000 pugliesi potrebbero ritrovarsi in mezzo ad una strada. Sono i quasi 2000 ospiti – tra bambini, anziani, diversamente abili, minori in affidamento – e il migliaio di lavoratori, delle strutture sanitarie in autorizzazione provvisoria. Un caos che sta generando, a ragion veduta, panico in tutta la Regione. È l’effetto dello scivolone in cui è incappata la maggioranza regionale nell’ultima seduta di Consiglio. L’opposizione non si è lasciata scappare l’opportunità di uno spintone. Ma le conseguenze ora rischiano di essere gravi. Questi i fatti: 75 residenze sanitarie, disseminate in tutta la regione, erano in attesa della proroga di 12 mesi ai termini entro i quali effettuare i lavori di adeguamento stabiliti dalle nuove leggi. La data ultima, fissata in precedenza, era il 6 febbraio scorso, ma non tutte le strutture hanno completato le opere per tempo. Gli adeguamenti richiesti, propedeutici all’esercizio, riguardanol’urbanistica, l’edilizia, il superamento delle barriere architettoniche, la prevenzione incendi e via dicendo. Alcune delle 75 strutture, tra l’altro, per completare i lavori hanno usufruito di finanziamenti europei e ora rischiano di perdere capra e cavoli, ovvero sovvenzioni e autorizzazioni. La norma era approdata in Aula a sirene spiegate, proprio perché ritenuta urgentissima. Forte, oltretutto, di un’approvazione all’unanimità in Commissione Sanità. Ma 24 ore dopo tutto è cambiato. Tra i banchi della maggioranza le tante poltrone vuote non sono passate inosservate ad una opposizione che attendeva al varco il suo avversario. E dopo una intera mattinata di leggi approvate nelle stesse condizioni lo sgambetto: il Nuovo Centro Destra, supportato da gran parte degli eletti in Forza Italia, ha chiesto la verifica del numero legale prima di uscire dall’Aula. Non è la prima volta che accade e chissà se per fatalità o meno, sempre quando il governatore di Puglia Nichi Vendola non“presidia” i lavori. Al di là degli sgambetti politici, il rischio, si diceva è che ad ore centinaia di bambini, disabili, anziani, restino senza assistenza. Gli asili, le case di riposo o i centro diurni, rischiano, infatti, di vedersi apporre i sigilli dai Comuni per mancanza dei requisiti previsti per legge. La responsabilità è ampiamente condivisa. Perché oltre gli attriti tra la maggioranza di governo regionale e l’opposizione, è vero anche che ai Comuni spettava la supervisione e il monitoraggio dello stato di avanzamento dei lavori, sollecitando i ritardatari così da evitare che si arrivasse all’ultimo. Intanto la promessa dell’assessorato alla Salute della Regione Puglia è quella di riparare il danno nella prossima seduta, prevista per i primi di aprile. Nella speranza che i Comuni, anche i più fiscali, chiudano un occhio.Mary Tota-ilfatto-27 marzo 2014 Sanità, l’assistenza al Sud è carente ’Pronti a class action contro il ministero’ I cosiddetti “livelliessenziali di assistenza” (pronto soccorso, ricovero ordinario, day hospital e day surgery, lungodegenza e riabilitazione) sono garantiti in maniera efficace solo in nove regioni: tutte al Centro-Nord, con l’unica eccezione meridionale della Basilicata. È quanto emerge da un’indagine del ministero della Salute sul Servizio sanitario nazionale. Nonostante sul portale web di Palazzo Chigi si legga che «fino a quando i livelli essenziali di assistenza rimarranno alla base del nostro sistema sanitario, nessuno potrà essere escluso dalle cure perché troppo anziano o bisognoso di prestazioni troppo costose», il governo italiano in realtà non ha aggiornato i livelli essenziali di assistenza come previsto dal decreto Balduzzi del 2012, e neppure il registro delle malattie rare. Con il risultato, in quest’ultimo caso, che «migliaia di persone finiscono in balia di impostori e santoni che speculano sul loro stato di bisogno», denuncia il segretario nazionale dell’associazione DossettiClaudio Giustozzi. L’associazione ha inviato una diffida al governo e sta organizzando un’iniziativa senza precedenti: una class action nei confronti del dicastero guidato da Beatrice Lorenzin, promossa da chiunque si senta leso nel proprio «diritto fondamentale alla salute». A. Mas.
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