DOSSIER SANITA’
Il SSN italiano va difeso e rimodulato sui bisogni primari di salute
 











Secondo un’indagine doxa di gennaio 2013, i  cittadini  italiani  sono  fortemente delusi del nostro SSN, che per la maggior parte di loro non meriterebbe neanche la sufficienza.
Per  il  76%  degli  intervistati  la  responsabilità  dei  problemi  della  sanità  è  da  attribuire  alla cattiva politica e alla corruzione. 
Questi concetti sono in larga parte condivisi dagli “addetti ai lavori”, che operano con difficoltà sempre crescenti tra progressiva limitazione delle risorse e frustrazioni legate alla sensazione di essere obbligati a puntare  sempre più verso obiettivi  finanziari che alla  reale  tutela della salute dei cittadini.
Una  delle  principali  finalità  è  quella  di  esercitare  attività  di  advocacy,  intesa  come impiego  delle  esperienze  professionali  e  scientifiche  in  attività  di mediazione  tra  i  bisogni primari di salute e il livello decisionale politico. È anche per questo che si avverte la necessità, a  fronte  dell’elevata  percezione  di  un  progressivo  peggioramento  strutturale  e funzionale  del  nostro  SSN  e  della  salute  pubblica,  di  sottolineare  alcuni  punti  ritenuti fondamentali ai fini di un auspicabile, ineludibile e urgente miglioramento. 
1.  Il  nostro  SSN  va  difeso  dalla  crescente  aggressione  dell’ospedalità  privata  e  dalla  seria minaccia  rappresentata  dal  messaggio  che  sia  necessario  (per  motivi  di  “sostenibilità economica”) estendere le competenze delle compagnie di assicurazioni private. Le prospettive
di  “americanizzazione”  del  nostro  SSN  di  fatto  ne  minano  la  stessa  sopravvivenza,  come dimostrato  dall’elaborazione  di  “linee  guida”  sanitarie  nel  contesto  delle  varie  leggi “finanziarie” susseguitesi nel corso degli ultimi decenni e dal fatto che il nostro SSN sia quello meno  finanziato (rapporto spesa/PIL) tra  i Paesi occidentali che hanno un SSN paragonabile (UK, Germania, Francia,Canada).  Il  risultato genererebbe una mostruosa  somiglianza  con  il sistema americano che, oltre ad essere iniquo, è molto più costoso.
2.  La  dipendenza  del  SSN  dalla  politica  “partitica”  è  frequentemente  causa  di  storture,
inadempienze, ingiustizie e disuguaglianze tra  le varie Regioni d’Italia e tra strutture diverse di una  stessa Regione. Per questi motivi andrebbe  fortemente  limitata,  rendendo  il SSN più centrato  sulla  salute  (“health-centered”)  e  basato  sulle  politiche  sanitarie  (“policy-dependent”) e meno dipendente da  interessi particolari  (“politically-dependent”) e  sensibili ad  influenze  esterne.  Questo  significa  che  le  direttive  su  salute,  istruzione,  salvaguardia dell’ambiente dovranno  inevitabilmente continuare ad essere  “politiche”, ma che allo  stesso tempo  va  compiuto  ogni  sforzo  perché  questo  intento  sia  slegato  da  interessi  di  auto-referenziamento, auto-sostentamento e clientelismopartitico. Questo obiettivo è perseguibile solo  aprendo  la  gestione  politica  del  SSN  a  pratiche  di  partecipazione  concreta  e  di condivisione  delle  decisioni  e  degli  orientamenti  che  vedano  un  attivo  coinvolgimento  dei protagonisti reali della sanità pubblica. 
3.  Il  concetto  di  “azienda”  (e  dunque  di  profitto)  applicato  alla  sanità  difficilmente,  nelle esperienze  nazionali  correnti,  è  riuscito  a  conciliarsi  a  pieno  con  le  esigenze  di  persone portatrici  di  bisogni  sanitari,  dando  invece  priorità  alle  esigenze  di  soggetti  portatori  di bisogni economici o di parte.
Il  “risultato di  salute”  non  è  in questo momento definito dalle  reali  esigenze  sanitarie delle Comunità  e  il  valore  al  quale  puntare  e  da  ottenere  (“value”)  è  stato  ed  è  di  volta  in  volta qualunque  cosa  tranne  quello  che  effettivamente  avrebbe  dovuto.  I maggiori  fallimenti  del
nostro  SSN,  sia  in termini  economici  (spesa  sanitaria)  che  come  benefici  sanitari  (es. incidenza/mortalità  tumorale,  numero  di  anni  vissuti  in  assenza  di  patologie),  sono  stati generati  da  scelte  inopportune,  guidate  da  interessi  non  primariamente  centrati  sul
miglioramento  delle  qualità  di  vita  dei  cittadini  e  sulla  prevenzione  primaria.  Si  pensi  ad esempio alle  ingenti risorse umane e  finanziarie  impiegate per  irrazionali e anti-scientifiche misure di prevenzione  secondaria  come  gli  screening di massa,  alla  spesa  farmaceutica per terapie costose che alla  lunga si sono dimostrate scarsamente efficaci (soprattutto  in campo oncologico)  o  alle  risorse  impiegate  per  ridondanti  analisi  epidemiologiche  “a  posteriori”
(basate sulla misurazione di danni già subiti)  invece che per analisi di rischio  finalizzate alla previsione e prevenzione del danno.
Si  pensi,  al  contrario,  ai  potenziali,  enormi  vantaggi  che  si  sarebbero potuti  ottenere indirizzando  anche  solo parte di quelle  risorse  a misure  di prevenzione primaria,  che  sono state invece in massima parte ignorate, preferendo il bene privato di pochi al bene comune.
Il  SSN  sarà  veramente  centrato  sulla  salute  solo  quando  il  modello  basato  sui  risultati SANITARI  (es.  riduzione mortalità/incidenza  di  tumore,  aumento  degli  anni  senza malattia etc.)  sostituirà  completamente  quello  basato  sulla  produzione,  che  dovrà  essere semplicemente graduato  su obiettivi di  sostenibilità  sanitaria ed economica e non  su criteri speculativi e/o clientelari, come di fatto sino ad ora è stato. 
4.  La  ricerca  biomedica  deve  essere  autonoma  e  indipendente  e  deve  essere  favorita  e potenziata  basandosi  su  criteri  di  merito  e  di  necessità  scientifica  e  sanitaria,  non  sulle esigenze del mercato. Nessuna minaccia è stata né sarà mai peggiore della “condivisione” della
definizione dell’agenda  della  ricerca  con  la  “politica  sanitaria”  (intesa  come  descritto  in precedenza) e, addirittura, con  l’industria. La garanzia migliore per  la ricerca biomedica è  la libertà nella definizione degli obiettivi e  l’indipendenza da questi  fattori, considerando come unica  dipendenza  possibile  il  rigore  scientifico  e  l’elaborazione  di  obiettivi  di  ricerca finalizzati all’evoluzione della conoscenza e del bene comune. Compito dello Stato è agevolare questo  approccio  e  non,  come  di  fatto  è  stato  sino  ad  ora,  ostacolarlo,  limitarlo  e condizionarlo. Associazione Medici  per l’Ambiente - ISDE Italia, a cura di Agostino Di Ciaula 

STUDIO doxa di gennaio 2013









   
 



 
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