L`Italia naviga nell`oro, ma non puo` toccarlo
 











Qualche nostro lettore si sarà forse “riconfortato” da quanto deciso da Vladimir Putin, e cioè il varo di un sistema di scambio valutario alternativo, poggiato di nuovo sull’oro, e il conio della prima moneta, i 5 rubli aurei, con effigiata l’aquila bicipite.
Si sarà – forse – detto: “l’Italia ce la può fare. Non per nulla siamo oggi il terzo Paese al mondo ricco di riserve auree”.
Già in teoria, ma soltanto in teoria, è così. La nostra Riserva consta di oltre 2.400 tonnellate di metallo prezioso (circa 80.000 lingotti), che la rendono (escludendo il Fondo Monetario Internazionale) la terza riserva al mondo per importanza. Tradotto in euro, parliamo di un valore di mercato alla fine del 2013 pari a circa 69 miliardi, ma a tale riguardo mensilmente viene pubblicato un documento riassuntivo aggiornato che è reperibile nel sito bancaditalia.it. A febbraio il controvalore dell’oro si era attestato a circa 75 miliardi.
Tuttavia, e qui sono idolori, non tutto l’oro è custodito presso la sede di Via Nazionale della Banca d’Italia. Presso le sacrestie di Palazzo Koch è detenuta circa la metà della Riserva per un peso di 1.199,4 tonnellate, il restante è purtroppo depositato per la maggior parte presso la Federal Reserve, nonché, in quantità minori, presso la Banca d’Inghilterra e la Banca Centrale Svizzera.
E nessun governo di un Paese a sovranità inesistente, né nessun governatore di un’ex banca nazionale diventata privata – appunto Bankitalia – ha il potere di utilizzarlo, quell’oro della nazione italiana, a beneficio dei cittadini.
m.l.









   
 



 
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