Come un dono offerto al grande pubblico di Santa Cecilia per le festività pasquali, ecco la “Petite Messe Solennelle”, capolavoro di un Rossini maturo che, quasi a suggellare la sua uscita di scena ( morirà 5 anni dopo), viene lasciato a chi lo ha amato e stimato, esaltandone le non consuete doti di eclettico musicista in grado di far vibrare le corde del comico e l’impegno drammatico, una testimonianza dell’eccellenza della sua arte. Da anni in ritiro, Gioacchino Rossini nelle confortevoli residenze alla Chaussée d’Antin e nel “Bon Séjour” nelle campagne di Passy, di tanto in tanto si dilettava a scrivere quelli che chiamerà “Les Péchés de vieillesse”. ). Il compositore, a proposito della sua Petite Messe solennelle scrive: “ Dodici cantori di tre sessi, uomini, donne e castrati, saranno sufficienti per la sua esecuzione. Cioè otto per il coro, quattro per il solo, in totale di dodici cherubini: Dio mi perdoni l’accostamento che segue. Dodici sonoanche gli Apostoli nel celebre affresco di Leonardo detto La cena, chi lo crederebbe! Fra i tuoi discepoli ce ne sono alcuni che prendono delle note false! Signore, rassicurati, prometto che non ci saranno Guida alla mia Cena e che i miei canteranno giusto e con amore le tue lodi e questa piccola composizione che è, purtroppo, l’ultimo peccato della mia vecchiaia. » Oggi, l’Accademia di Santa Cecilia propone questo intenso cofanetto di delizie nella originaria edizione per due pianoforti con Antonio Pappano e Pamela Bullock, sua moglie, al secondo strumento, con l’armonium affidato a Ciro Visco, maestro del Coro della compagine ceciliana, il Coro e quattro voci soliste: Angela Nisi, Adriana Di Paola e poi Anselmo Fabiani e Andrea D’amelio, questi ultimi due artisti del Coro dell’Accademia stesso. Composta nel 1863 per un organico ristretto, Petite Messe Solennelle( notare l’ossimoro che innerva nello stesso campo linguistico il termine Piccola e Solenne ) è unacomposizione che esalta l’equilibrio perfetto tra la dimensione cameristica, espressa con pagine di bellezza ineguagliabile, ricche di una grande tensione drammatica, composti con una scrittura trasparente, e la solennità del titolo. La sua prima esecuzione, apparendo insufficiente lo spazio disponibile nella casa del Maestro, avvenne il 14 marzo del 1864, presso la cappella di famiglia del banchiere Pillet-Will, alla cui consorte Louise, venne dedicata. Era presente il Tout Paris: compositori come Auber, Thomas, Meyerbeer,artisti del bel canto, il mondo della finanza (fra cui i Rothschild), della politica, della cultura, diplomatici, persino il nunzio apostolico. E fu subito successo, replicato il giorno fra gli entusiasmi di Meyerbeer, letteralmente incantato. Il seguito, Rossini, che avrebbe voluto sentir risuonare la sua felice composizione in una grande cattedrale, la strumentò. Poi confessò di averlo fatto per evitare che dopo la sua morte qualcuno potevamanometterla. Nella Petite Messe l’uso del pianoforte principale prepara un ideale tappeto al piccolo Coro e alle voci, cui il compositore chiedeva uno stile di canto delicato senza le asprezze e le forzature che già si preannunziavano, senza quel “canto con l’elmo” delle nuove mode. Nell’architettura pensata per il lavoro la scansione è in tredici momenti divisi in due parti. Il punto di cesura è il Prélude Religieux, durante l’Offertorio, un brano dal sapore bachiano, destinato all’Album de Chaumière. E tuttavia estraneo al contesto di una messa, così come lo è O salutaris Hostia, un elegante brano dal vago misticismo, che precede l’Agnus Dei e nel quale si esaltano le morbidezze della voce sopranile ( qui Angela Nisi ). Di pari levatura artistica e resa emozionale , il contralto Adriana Di Paola e le due voci maschili, quella fresca e deliziosamente limpida del brano tenore Anselmo Fabiani, quella del basso Andrea D’Amelio, impegnato in una ambrata versione del quotiamo. Franzina Ancona
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