Giamaica GUERRA E PACE GANGSTERS NELL’ISOLA DEL REGGAE
 







di Giorgio Salvetti




Guerra e pace. Gangsters e pistole, peace&love. Omofobia, machismo e sesso libero. Orgoglio nero e voglia di essere il più bianco possibile. Bidonville e grandi alberghi. La Giamaica non nasconde le sue contraddizioni, le vive tutte insieme e le mostra spudorata. Ex colonia britannica nata come base per gli attacchi dei pirati inglesi ai galeoni spagnoli, terra di schiavi neri da sempre ribelli, pezzo d’Africa nel cuore dei Caraibi, l’isola ha introiettato solo in parte il senso di colpa dell’Inghilterra vittoriana. In ogni villaggio c’è una chiesa di ogni confessione cristiana, la cultura dei bianchi è entrata nella pelle dei neri, anche la religione rasta che sogna il ritorno dei neri in Africa nella terra dei padri si rifà alla bibbia dei bianchi. Ma ne stravolge il senso in un sincretismo cantato dal "battito del cuore" dell’isola: il reggae. Per noi reggae significa Bob Marley ma per i giamaicani reggae è tutto. I giamaicani dicono che èstato il reggae «a rimette la Giamaica sulla mappa del mondo». Il governo lo usa per propagandare il brand della Giamaica e per attirare turisti (dopo il turismo la musica è la seconda industria). Ma il reggae è ribelle, canta anche quegli aspetti dell’isola che certamente il governo vorrebbe nascondere. Canta le gesta delle gang armate, critica duramente la repressione della polizia, è omofobo e tremendamente sexy. Spirituale e carnale.
Negative vibrations
Solo a maggio in Giamaica ci sono stati 128 morti ammazzati, compresi quattro poliziotti e alcuni bambini. Le gang che dominano i quartieri poveri delle città sparano, le armi dilagano, la capitale Kingston è una delle città più pericolose del mondo. La polizia gira con i mitragliatori. In certe zone non entra oppure quando fa irruzione ammmazza chiunque incrocia senza troppi complimenti. Il gangster è un simbolo della cultura locale, nelle dancehall dei balli scatenati a suon di reggae si grida «Fire!» (fuoco). Si spara inaria o in mancanza di pistole si fa il gesto dello sparo con le dita per salutare. Molti giamaicani sono emigrati nellle città degli Stati Uniti e una volta tornati in patria, insieme all’hip hop rappato ancora più rapido sui ritmi in levare del reggae, hanno importato i modi di fare delle gang americane che in un paese povero come la Giamaica diventano ancora più violente. Ogni sera in tv il tema è sempre lo stesso: le sparatorie che devastano l’isola.
Rasta&Gangsta
Da dove nasce tutto questo? Tutto è iniziato negli anni ’70 in netto contrasto ma da sempre strettamente intrecciato con il mondo della musica che a quei tempi portò in tutto il mondo l’idealismo rasta. Il primo ministro della Giamaica era Michael Manley, capo del partito di sinistra Pnp (People’s National Party). Ora l’effige di Manley campeggia sulle banconote da 1000 dollari giamaicani, ma allora la sua politica fu molto combattuta dagli americani e dagli avversari politici del Jlp (Jamaicn labour party), ilpartito di destra guidato da Edward Seaga, un ex imprenditore del business musicale (gang, politica e musica da sempre sono legate). Manley si riavvicinò alla Cuba di Castro, nazionalizzò la bauxite, una delle poche risorse dell’isola. Americani e inglesi ritirarono i capitali: il turismo venne boicottato, la disoccupazione aumentò e l’inflazione salì del 50%. Le elezioni del 1976 furono precedute da scontri armati che stavano per trasformarsi in guerra civile. I due partiti politici comandavano i quartieri attraverso capi popolo e fazioni armate. Ancora oggi ogni quartiere ha la sua banda che almeno in origine aveva un’ispirazione politica. Così a Trenchtown, la baraccopoli dove nacque Bob Marley, comanda la sinistra, Tivoli garden, invece, è una bidonville della banda New order tradizionalemnte del Jlp. Fu proprio nel 1976 che Bob Marley venne ferito da un attentato nella sua casa perchè accettò di partecipare a un concerto organizzato da Manley. Due anni dopo fu ancora Marley con ilcelebre "One love concert" a invitare sul palco Seaga e Manley e scongiurare nuovi scontri. Nel 1980 vinse le elezioni il Jlp di Seaga che riconvertì l’economia dell’isola in senso liberale, cacciò i cubani, si avvicino all’America di Reagan che in cambio concesse prestiti che ancora oggi tengono per il collo l’economia dell’isola e mandò gli agenti della Dea a estirpare le colture di marijuana. Negli anni Novanta tornò al governo il Pnp ma in una versione edulcorata, la differenza tra destra e sinistra perse sempre pià di senso. A settembre, dopo 18 anni, è tornato al governo il Jlp del primo ministro Bruce Golding.
The harder they come
Le gang però non hanno più smesso di sparare. Prima delle elezioni, rimangono un modo per procurare voti di scambio, ma ormai la bande sono diventate organizzazioni paramafiose. John è stato per decenni la guardia del corpo di Seaga. Al posto del polpaccio ha un buco causato da un proiettile di fucile «Voi italiani dovreste capire quello di cuiparlo - racconta - i boss nei quartieri anche da noi si chiamano "don" come in Sicilia, i vostri mafiosi sono molto ammirati, i don procurano lavori, fanno il pizzo, controllano i traffici di armi e di droga, specialmente crack e cocaina. A volte neanche loro riescono a tenere sotto controllo chi si fa di crack.» In Giamaica l’insulto peggiore che puoi fare è "informer" (informatore, infame). La polizia è molto corrotta, gli scandali sono all’ordine del giorno e per la prima volta sono finiti sotto processo 59 poliziotti. Il nuovo governo ha messo a capo della polizia il generale dell’esercito Hardley Lewin che però continua a minacciare le dimissioni perchè gli agenti non accettano la sua opera di «pulizia». Il resto lo fa la povertà. La disoccupazione rimane uno dei problemi irrisolti dell’isola. Davanti alle baracche gli uomini sono seduti senza fare nulla. Ciondolano per le strade e basta pochissimo per scatenare la rissa. Se poi le persone sono armate è facile che ci scappil’ennesimo assassinio. In media un giamaicano che lavora guadagna 3,300 dollari giamaicani alla settimana, cira 48 dollari Usa, un pollo (il cibo per eccellenza dell’isola) costa 7 dollari Usa, la bolletta costa 600 dollari, poi ci sono le tasse per la salute e per la scuola, l’obbligo della divisa compresa di scarpe ha scatenato proteste perchè le famiglie non riuscivano a pagarle a tutti i figli. La Giamaica è legata a doppio filo agli Usa. Qualche mese fa un timido avvicinamento a Cuba ha comportato la sospensione dei finanziamenti Usa per i programmi per l’aids (un’altra piaga giamaicana) e i rapporti con Cuba sono stati sospesi. Anche le armi non possono che arrivare clandestinamente dagli Stati uniti (nell’isola non c’è nessuna industria di armi). L’isola è invasa dai cartelloni pubblicitari della Western union, buona parte dei capitali sono dovuti alle rendition degli emigrati, ben 4 milioni su una popolazione residente di 3 milioni e mezzo. La maggior parte sono in America e aLondra.
Hurricane party
Morte e vita. Le strade sterrate sono attorniate da baracche, piene di buche, invase da una vegetazione irrefrenabile. Basta la stagione delle piogge per bloccare le comunicazioni. All’interno, su montagne ripide e quasi deserte la gente vive di auto-sussistenza. Non stupisce che in questa terra sia nato il sogno rasta, strettamente legato alla natura e al mito del ritorno alla terra madre Africa. Uno spirito umano e una natura tanto violenti quanto vitali. Questo il segreto e il fascino dell’isola. L’anno scorso a settembre l’uragano Deal ha messo in ginocchio la Giamaica. A Porto Antonio, sulla costa nord, il paese è stato quasi distrutto, le lamiere delle capanne rase al suolo e le case invase dal fango. Gli abitanti al posto di lamentarsi hanno pensato a ricominciare da capo. Come prima cosa per festeggiare lo scampato pericolo, hanno montato un muro di casse sulla collina e hanno fatto una grande festa: l’hanno chiamata "Hurricane party".de IlManifesto









   
 



 
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