Rai Way, uno switch-off molto all’italiana e spunta anche un "regalo" per Mediaset
 











C’è anche un regalo a Mediaset, firmato Rai Way, la società per azioni dell’emittente pubblica che possiede e gestisce la rete di diffusione del segnale radiotelevisivo. E’ il sospetto che spunta dalle carte che l’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici (Avcp) ha trasmesso alla procura di Roma elencando una corposa serie di irregolarità che vedono protagoniste anche altre società partecipanti all’assegnazione della torta milionaria degli appalti: violazione del «principio di parità di trattamento» nell’aggiudicazione delle gare, valutazione inadeguata e incongrua della sussistenza dei requisiti di capacità tecnica dei concorrenti richiesti dal bando, tra le altre cose.
Censure, quelle contenute nella delibera emessa dall’Autorità nell’adunanza del 14 febbraio, che gettano serie ombre sulla gara europea indetta da Rai Way (società che il premier Matteo Renzi vorrebbe adesso privatizzare per fare cassa) per la fornitura degli impiantinecessari ad assicurare lo switch-off del 2012 per il passaggio dal sistema di trasmissione analogico a quello del digitale terrestre.
Un’operazione appalto da oltre 48 milioni di euro articolata in due bandi pubblicati nel giugno 2011 sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea e ultimata il 4 luglio 2012, quando il nuovo sistema di trasmissione del segnale tv è stato inaugurato anche in Abruzzo, Molise, Basilicata, Puglia, Calabria e Sicilia.
ASSALTO MEDIASET
Cominciamo da Mediaset. L’Autorità di vigilanza denuncia senza troppi giri di parole le irregolarità e il conflitto d’interessi legati alla partecipazione al bando di gara della Syes, società gravitante nella galassia berlusconiana che si è aggiudicata il primo lotto di entrambi i bandi. Il requisito richiesto per partecipare alla competizione era chiaro per tutti: aver ottenuto nei tre anni precedenti un contratto di fornitura di impianti analoghi e per un importo almeno pari al valore di ogni singololotto. Cosa ha fatto la Syes? Per documentare il possesso dei requisiti, ha esibito quella che la delibera dell’Avcp definisce solo «una generica dichiarazione di Elettronica Industriale Spa», operatore di rete broadcasting interno al Gruppo Mediaset, comprovante «la fornitura di impianti televisivi di diffusione digitale» ( valore 20 milioni) e di una attestazione di regolare esecuzione di un accordo quadro, relativo agli impianti di maggior potenza (classe 1 e 2).
Stessa storia per gli impianti di classe 3 e 4 per i quali viene esibita dalla società berlusconiana la solita, insufficiente dichiarazione. Ce ne sarebbe quanto basta per bocciare Syes. Invece Rai Way non fa una piega e aggiudica lo stesso gli appalti milionari. Una decisione puntualmente stroncata dall’Autorità che accoglie il ricorso presentato da una delle imprese escluse dal bando, la Eurotel Spa che, tramite gli avvocati Paolo De Caterini e Francesco Paola, accusa la società del gruppo Rai di aver violato la«verifica di conformità» dei requisiti tecnici dei concorrenti alla gara limitandosi ad una «mera presa d’atto delle dichiarazioni allegate». Con una aggravante, spiega Eurotel nel suo ricorso: le «situazioni di conflitto di interessi notorie e palesi tra Syes ed Elettronica Industriale», società entrambi «parte del Gruppo Mediaset» e legate da «intrecci societari tra controllante e controllato».
DICHIARAZIONI FUORI LUOGO
Accuse gravi per Mediaset. Con un’unica consolazione: che i rilievi dell’Avcp colpiscono anche altre società coinvolte negli appalti, tutte colpevoli per il fatto che «le certificazioni prodotte ai fini della dimostrazione del possesso del requisito» previsto dal bando di gara si sarebbero limitate «ad una laconica dichiarazione proveniente da committenti privati del settore». Tra gli aggiudicatari dei vari lotti dei lavori c’è per esempio la Rodhe & Schwartz Italia: questa società, per dimostrare di essere in possesso di tutti i titolirichiesti, ha inviato un’attestazione di Telecom Media Broadcasting che dichiara di avere ricevuto una fornitura per un importo di 15 milioni a fronte di fatture per un valore (8,4 milioni) di poco superiore alla metà di quello indicato nel contratto. Anche Telsat ha presentato «una generica dichiarazione di Telecom Media Broadcasting», secondo cui, tra il 2009 e il 2010, avrebbe effettuato in suo favore una fornitura di impianti per un fatturato di 7,4 milioni. Solo che, a fronte di questo attestato, Telsat non fornisce «alcuna prova documentale».
Una pioggia di rilievi si abbatte anche sulla gara per gli impianti di minore potenza (classe 3 e 4). Per aggiudicarsi l’appalto, alla Screen Service Broadcasting basta fornire «una dichiarazione della società di revisione Pricewaterhouse Coopers Spa (suo revisore legale)» attestante «esclusivamente che la misura del fatturato globale» negli ultimi tre esercizi finanziari «è conforme alle richieste del bando». Mentre Italtelec, altravincitrice della gara, a comprova del possesso dei requisiti tecnici, ha presentato le fatture (per 7,4 milioni) relative agli anni 2009-2010 per le forniture effettuate a favore di Nec Italia Srl. Peccato però che si “dimentichi” di produrre copia del relativo contratto senza che Rai Way sollevi obiezioni. E non è finita. Oltre alla Eurotel Spa, anche la Electrosys viene esclusa dalla gara per carenza dei requisiti. Ma nei confronti di questa società, a differenza di quanto avvenuto con Eurotel, Rai Way non provvede a trattenere la cauzione e a darne notizia all’Autorità «per gli eventuali provvedimenti di competenza».
OK LA GARA E’ GIUSTA
Lunga è dunque la lista delle inadempienze. E su queste, alla fine, l’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici chiede lumi a Rai Way invitandola «a dare riscontro» alla delibera entro trenta giorni comunicando anche le «eventuali iniziative assunte». La risposta è arrivata il 10 aprile, con Rai Way che respinge leconclusioni dell’Avcp rivendicando la bontà dell’operato della commissione di gara che si sarebbe attenuta «scrupolosamente» alle previsioni di legge e sottolineando come «gli aggiudicatari degli otto lotti messi a gara con i due bandi hanno regolarmente e tempestivamente eseguito le forniture richieste consentendo alla concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo di completare il passaggio definitivo» al digitale terrestre.
Una risposta rassicurante: ma chissà se basterà a sgombrare il campo dai pesanti dubbi sollevati dall’Avcp e a convincere i magistrati della Procura di Roma sulla regolarità di questo switch-off molto all’italiana.Primo Di Nicola e Antonio Pitoni,repubblica

 

 









   
 



 
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