Il fondatore di WikiLeaks, Julian Assange, non sta affatto per lasciare l’ambasciata né ha intenzione di consegnarsi alla polizia. Nonostante la tempesta mondiale scatenata da una conferenza stampa tenuta da Assange nell’ambasciata dell’Ecuador a Londra, in cui è rifugiato dal 19 giugno del 2012, è infondata la notizia che Assange uscirà a brevissimo. “L’Espresso” ha dialogato con lo staff del fondatore di WikiLeaks proprio ieri sera: la vita nell’ambasciata prosegue come sempre, con le difficoltà note, ma proprio ieri in un’intervista al quotidiano inglese “Daily Mail” Assange ha ribadito le proprie intenzioni: “in ogni caso la mia testardaggine è la mia migliore e peggiore qualità: non mollerò”, ha detto. Le voci su un’imminente resa sono probabilmente una forzatura mediatica delle dichiarazioni del fondatore di WikiLeaks che ha affermato in conferenza stampa che uscirà “presto”. Presto, però, vuol dire tutto e nulla: che significaesattamente “presto”? E’ vero però che c’è un cauto ottimismo nel team di WikiLeaks sull’appello che gli avvocati di Assange stanno preparando contro la sentenza del tribunale di Stoccolma del luglio scorso che ha riconfermato il mandato di arresto dei procuratori svedesi . Assange e i suoi legali sono ragionevolmente fiduciosi che i cambiamenti intervenuti recentemente nella legge svedese e nell’ordinamento britannico possano portare a invalidare il mandato di arresto europeo emesso dalla Svezia nel 2010. Molto probabilmente è questa la ragione per cui Julian Assange ha accennato alla possibilità di uscire presto dalla sede diplomatica dell’Ecuador a Londra. Accanto a questo cauto ottimismo, però, rimane la spada di Damocle dell’inchiesta in corso negli Stati Uniti sulla rivelazione dei documenti segreti pubblicati da WikiLeaks: l’indagine ha portato gli Usa a emettere mandati di arresto coperti da segreto e che vanno ad aggiungersi a quello della Svezia? Ad oggi, nessuno èin grado di rispondere a questa domanda, che è cruciale, perché se, come spera Assange, il mandato di arresto svedese dovesse collassare, rimarrebbe comunque il rischio che, una volta uscito dall’ambasciata, finisca arrestato dalla Gran Bretagna su richiesta degli Stati Uniti. A luglio l’avvocato americano Michael Ratner, del Center for Constitutional Rights di New York, che difende Assange e WikiLeaks, ha confermato a l’Espresso questo rischio come reale, dichiarando che il crollo del caso svedese «sarebbe una grande vittoria, ma non risolverebbe definitivamente il caso: i grandi problemi sono ancora in agguato nell’ombra». L’impasse giudiziario e diplomatico, dunque, è tutt’altro che chiuso. Ed è vero che le condizioni di vita di Julian Assange nell’ambasciata sono estremamente precarie per la mancanza di luce solare e aria fresca. L’Espresso, che in questi due ultimi anni ha visitato in più occasioni Julian Assange all’interno dell’ambasciata, ha potuto constatare come lacarenza di sole e spazio in cui fare attività fisica stiano effettivamente minando la salute di Julian Assange. In particulare la tosse stizzosa che lo affligge da tempo sembra essere il sintomo di qualcosa che non va nei suoi polmoni. Né è chiaro cosa accadrà se la salute del fondatore di WikiLeaks dovesse effettivamente deteriorarsi al punto da richiedere un ricovero in ospedale, visto che la Gran Bretagna ha sempre dichiarato che non concederà il salvacondotto ad Assange neppure in caso di necessità di ricovero ospedaliero. Il fondatore di WikiLeaks è anche molto attento alla dieta e in particolare al cibo che viene introdotto nell’ambasciata, per il rischio concreto che anche una banale infezione alimentare possa costringerlo a dover lasciare la sede diplomatica per correre in ospedale. Anche durante l’ultima visita de l’Espresso nel maggio scorso, però, Julian Assange era psicologicamente forte e determinato: nessun segno di crollo psicologico, nonostante le difficoltàevidenti conseguenza del confinamento fisico. All’esterno dell’ambasciata l’assedio di Scotland Yard non accenna intanto a ridimensionarsi: a due anni da quando Assange è entrato, l’edificio continua ad essere completamente circondato, giorno e notte. Nel corso della nostra ultima visita erano presenti e ben visibili 2 grandi furgoni di Scotland Yard, tre furgoncini piccoli neri, senza alcuna insegna, quattro agenti schierati sulla strada, due all’interno dell’edificio. Ormai il costo dell’assedio è arrivato a superare i sette milioni di sterline. Stefania Maurizi,l’espresso
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