La strategia del Governo per sviluppare la banda larga, dove l’Italia adesso è all’ultimo posto in Europa , si muove ancora sotto un cielo confuso. Dove, al di là degli annunci del premier ( come quelli di luglio a Venezia ), permane l’incertezza sui fondi, investimenti e incentivi pubblici. Persino, su alcuni fronti, la macchina governativa invece di inserire la quarta si permette di andare in retromarcia. È quanto sta accadendo con un dossier fondamentale: i 42 miliardi di euro di fondi europei 2014-2020 che stanno per piovere sull’Italia, secondo un accordo di partneriato che il Governo dovrebbe chiudere, con Bruxelles, entro ottobre. Di questa quota, nell’ultima versione dell’accordo, appena 1,351 miliardi è riservato ai temi del digitale, tra cui la banda larga: il problema è che la precedente versione, scritta dal Governo Letta, ne destinava un miliardo di euro in più. Già allora la Commissione europea aveva scritto al Governo (in rispostaalla bozza presentata) che per recuperare i ritardi sulla banda larga l’Italia avrebbe dovuto stanziare molte più risorse. Va detto che c’è ancora margine per rivedere l’accordo, fino al testo definitivo di ottobre, tenendo conto anche dei piani operativi delle Regioni (che sono i destinatari finali dei fondi). Ma questo passo indietro è già un cattivo segnale nell’insieme. Teniamo conto che l’Italia è all’ultimo posto in Europa per copertura della fibra ottica (banda ultra larga) ed è in ritardo, sulla media europea, per lo sviluppo rete mobile 4G. Lo dicono gli ultimi dati della Commissione europea, presentati a maggio e relativi a dicembre 2013 ( qui una scheda riassuntiva per l’Italia ). E’ il risultato di sotto investimenti pubblici e privati degli ultimi anni e della totale assenza di strategia, sulla banda larga, durante l’ultima legislatura Berlusconi (quando c’era invece l’interesse opposto a sostenere il mercato televisivo ). Da allora le cose sono migliorate, ma nonabbastanza per rimediare ai ritardi. L’Italia si è dotata di un’Agenda digitale e di un Piano nazionale banda larga per sviluppare la copertura tramite fondi pubblici; sono ripartiti gli investimenti in fibra ottica e nel 4G, degli operatori, dopo anni di stagnazione. I fondi restano un problema, dato che quelli europei sono insufficienti. Lo sa bene anche il sottosegretario alle comunicazioni Antonello Giacomelli: non a caso ha dichiarato che sta cercando di fare arrivare al Piano nazionale banda larga 5 miliardi di euro in fondi nazionali, da sommare a quelli europei. Intanto alla banda larga sono dedicati alcune parti del decreto Sblocca Italia; ma anche qui ci sono problemi, che rivelano la stessa confusione sotto il cielo di Renzi. Il decreto concede un credito di imposta del 30 per cento per gli investimenti su reti in banda ultra larga. Ma, «per prima cosa è uno sconto fiscale troppo ridotto per essere efficace: teniamo conto che nelle prime versioni del decreto eraindicato il 70 per cento», spiegano da Infratel Italia, l’azienda inhouse dello Sviluppo economico che, per conto delle Regioni, utilizza i fondi pubblici per le coperture. «Secondo, è offerto in maniera troppo estesa e poco chiara e quindi sarà difficile contabilizzarlo e trovare la copertura economica necessaria. Sarebbe stato meglio limitare il credito d’imposta alle reti 100 Megabit», continua. Incide anche il fatto che siamo in una fase di transizione per alcune figure fondamentali allo sviluppo digitale italiano. Solo a ottobre sarà a regime la neonata Agenzia per la Coesione Territoriale, con la direttrice Maria Ludovica Agrò (61 anni). Dovrà redigere il piano italiano a supporto dell’accordo di partneriato, per lo stanziamento dei fondi europei (finora se n’è occupato il Dipartimento per lo Sviluppo e Coesione economica, in seno al Mise, ma è stato sciolgo appunto per lasciare posto all’Agenzia). In questo compito, sarà assistita dall’Agenzia per l’Italia Digitale, di cui lanuova direttrice Alessandra Poggiani è subentrata ufficialmente solo da un mese. Insomma, il Governo prova a fare qualcosa per accelerare su banda larga e digitale, ma ancora non è riuscito a trovare coerenza e decisione. Alessandro Longo,l’espresso
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