Le sanzioni mettono Mosca davanti al bivio: spesa sociale o aiuti alle industrie
 











Le sanzioni europee colpiscono le aziende russe e mettono in crisi il rublo: l’euro ha sfondato, per la seconda volta quest’anno, quota 50, mentre il dollaro si è issato fino a 38. D’altra parte l’ex ministro delle Finanze, Alexei Kudrin, ha messo in guardia ha messo in guardia il Cremlino dagli effetti delle sanzioni: a cominciare dall’impossibilità del governo di aiutare le imprese di Stato. Secondo Kudrin, infatti, a causa delle sanzioni, Mosca dovrà scegliere tra gli impegni presi in materia di Welfare e gli aiuti all’industria.
L’ex ministro è rimasto tra i pochi russi a criticare il governo nella gestione della crisi ucraina e, peggio, si è lanciato in fosche previsioni per l’economia del Paese stimando una stagnazione per quest’anno e una crescita negativa per il 2015 ben al di sotto delle stime del Cremlino che vedono il Pil in aumento rispettivamente dello 0,5% e dell’1%. Di fatto - secondo Kudrin - con il rallentamento dell’economia el’aumento della spesa sociale, il governo non potrà aiutare quelle società che hanno già chiesto l’aiuto finanziario dello Stato dopo il via delle sanzioni e solo Rosfnet ha bisogno di 40 miliardi di dollari.
Certo Mosca si sta attrezzando per spostare il proprio baricentro finanziario verso est, guardando in particolare alla Cina, ma secondo Kudrin serviranno almeno 20 anni per sviluppare relazioni così solide: "Finchè dureranno i combattimenti in Ucraina - ha detto l’ex ministro - per la Russia sarà difficile attrarre investimenti".
Il governo però getta acqua sul fuoco confermando i propri piani finanziari e sostenendo che per quando sbagliate le sanzioni europee sono un’opportunità per sviluppare l’industria domestica e, appunto, sviluppare le relazioni a Oriente: "Guardare a est presenta buone prospettive, in particolare per la Russia più remota", dice il vice primo ministro Arkady Dvorkovich che poi aggiunge: "Le sanzioni, però, sono controproducenti, non risolvono iproblemi". Rischiano, piuttosto di crearne molti altri perché - sostiente Kudrin - si venissero inasprite come successo con l’Iran "allora il Pil si potrebbe contrarre anche del 4% portando il Paese in una recessione di più anni".

 









   
 



 
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