Tiroide in provetta
 











Un giorno un paziente che debba togliere la propria tiroide malata o con tumore potrebbe vedersi sostituita la ghiandola con una fatta su misura per lui in provetta a partire da un gruppetto di cellule prese dalla sua pelle: l’idea scaturisce da alcuni esperimenti – eseguiti per ora con cellule di topolini - presentati al 41/imo Congresso Annuale della Società europea degli organi artificiali (Esao), che si è chiuso al Centro Congressi Giovanni XXIII dell’Università Cattolica del Sacro Cuore - Policlinico A. Gemelli di Roma. Il gruppo, diretto da Sabine Costagliola dell’Università di Bruxelles, ha dimostrato che è possibile trasformare cellule staminali pluripotenti in cellule tiroidee perfettamente funzionanti.
Di qui l’idea e la prospettiva di lavorare insieme per provare a ripetere lo stesso risultato usando cellule umane, ha spiegato Celestino Pio Lombardi, direttore dell’Unità di Chirurgia Endocrina del Gemelli presso il CIC dell’UniversitàCattolica, presidente dell’evento insieme a Gerardo Catapano, ordinario di Bioingegneria industriale presso il Dipartimento di Ingegneria per l’Ambiente e il Territorio e Ingegneria Chimica dell’Università della Calabria.
Oggi, ha spiegato Lombardi, “le malattie tiroidee e i tumori della ghiandola che ne richiedono l’asportazione sono sempre più diffusi e i pazienti che subiscono l’asportazione devono poi prendere ogni giorno gli ormoni tiroidei sostitutivi che, comunque, non sempre risultano una terapia efficace. Per molti di questi pazienti si guarda al futuro con la sostituzione della ghiandola o con una terapia cellulare in grado di ripristinare nell’organismo un quantitativo adeguato di cellule tiroidee funzionanti”.
“Tuttavia non sono andati a buon fine pionieristici tentativi di impiantare nella muscolatura dei pazienti operati cellule ancora sane della loro tiroide, come si fa efficacemente con le paratiroidi”, ha aggiunto Lombardi.
Per questo vi è la volontà diintraprendere una strada ancora più coraggiosa, ma molto lunga da percorrere: provare, così come ha fatto la professoressa Costagliola, utilizzando cellule di roditore, a produrre in provetta cellule tiroidee funzionanti su misura di pazienti.
“Vorremmo tentare, con una collaborazione con il laboratorio della Costagliola – ha concluso Lombardi – di prendere cellule staminali dal sottocute di pazienti e trasformarle con adeguati stimoli in cellule tiroidee in grado di produrre gli ormoni”. Ovviamente questo tipo di approccio richiederà tempo prima di ottenere risultati certi e affidabili.










   
 



 
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