Cervello. Un farmaco potrebbe aumentarne la plasticità
 











Il trattamento con il farmaco commerciale bumetanide è stato in grado, in un modello animale, di prolungare temporalmente il periodo in cui il cervello si sviluppa in modo plastico, una fase delicata che può essere coinvolta in alcune patologie del sistema nervoso. Il risultato è frutto di una ricerca dell’Istituto italiano di tecnologia (IIT) di Genova, dell’Istituto di neuroscienze del Consiglio nazionale delle ricerche (In-Cnr) di Pisa e del Centro per la biologia integrata (Cibio) dell’Università di Trento. Lo studio, coordinato da Laura Cancedda del Dipartimento di Neuroscience and Brain Technologies dell’Iit e da Matteo Caleo dell’In-Cnr, e condotto in collaborazione con Yuri Bozzi del Cibio, è stato pubblicato su Nature Neuroscience.
In generale, lo sviluppo cerebrale passa attraverso il periodo critico di plasticità, una finestra temporale in cui quest’organo è molto sensibile agli stimoli ambientali e può essere più facilmente‘plasmato’ da questi segnali esterni: la plasticità cerebrale, infatti, rappresenta una caratteristica fondamentale che in alcune patologie del sistema nervoso risulta ridotta.
Questo stadio della maturazione del cervello è definito ‘critico’ proprio per il fatto che eventi traumatici o malattie che intervengano durante questo periodo possono alterare in maniera permanente lo sviluppo delle aree legate alle percezioni sensoriali. I ricercatori hanno studiato il ruolo del neurotrasmettitore GABA in questa fase: “l’acido gamma-amino butirrico (GABA) è un neurotrasmettitore”, spiega Matteo Caleo, “che nel cervello in via di sviluppo ha una funzione eccitatoria, favorendo quindi la comunicazione tra le cellule nervose, mentre nel cervello adulto inibisce tale comunicazione. In particolare, questa molecola regola la capacità del cervello di conformarsi in risposta agli stimoli provenienti dall’ambiente che ci circonda che viene definita ’plasticità’ e che con l’avanzare dell’età siriduce”.
Il gruppo di ricerca ha studiato gli effetti del bumetanide, farmaco noto per la sua azione diuretica, sulla comunicazione tra i neuroni, in particolare nell’interazione con il neurotrasmettitore GABA, mettendo a fuoco nella ricerca lo sviluppo del sistema visivo.
Studiando l’interazione del bumetanide con il neurotrasmettitore GABA nelle prime fasi dello sviluppo cerebrale, i ricercatori hanno osservato un prolungamento del ’periodo critico di plasticità’,  che “rende più plastico il sistema visivo del cervello adulto in un momento in cui normalmente non lo è, senza alterarne la normale maturazione”, illustra Laura Cancedda, ricercatrice team leader all’Iit. “Tale possibilità di allungare la fase di risposta agli stimoli esterni è importante se si considerano le patologie genetiche del neurosviluppo che limitano la plasticità del cervello maturo. Abbiamo aggiunto un tassello nella comprensione della manipolazione precoce della trasmissione del neurotrasmettitoreche permette di ipotizzare azioni riabilitative specifiche durante lo sviluppo cerebrale con miglioramenti a lungo termine sulla capacità di apprendimento”.Viola Rita-q.s.-









   
 



 
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