F35, i costi sono fuori controllo
 











Le spese per mantenere in servizio il supercaccia F-35 potrebbero “non essere sostenibili” e sono di gran lunga superiori a quelle per gli aerei che deve rimpiazzare. È dagli esperti del Gao, il Government Accountability Office ossia i sorveglianti statunitensi del denaro pubblico, che arriva la nuova bordata contro il programma militare. Un missile lanciato mentre a Oslo si riuniscono i rappresentanti delle nove nazioni impegnate nella costruzione dell’aereo più costoso della storia, Italia inclusa, per fare il punto sulla situazione.
Il rapporto del Gao non è stato ancora ufficializzato: al momento si tratta di una bozza, rivelata dal sito Breaking Defense, ma è bastata a riaccendere il fuoco di sbarramento contro l’F-35. Il documento infatti si basa sull’analisi degli specialisti del Pentagono e mostra due cifre di impatto immediato. Per mantenere in servizio gli stormi del supercaccia negli Stati Uniti tra carburante, manutenzioni e ricambiserviranno 19,9 miliardi di dollari l’anno mentre ne bastano 11,1 per far volare gli aerei che è destinato a sostituire. Un aumento di 8,8 miliardi di dollari ogni dodici mesi, pari al 79 per cento: troppo, anche per le casse americane.
È un problema che riguarda da vicino anche le nostre forze armate. Tra i tanti vantaggi prospettati con l’adozione dell’F-35 c’era anche una notevole riduzione dei fondi per la gestione rispetto ai jet che dovrà sostituire. Oggi infatti Tornado, Amx e Harrier di Aeronautica e Marina – tutti progettati alla fine degli anni Settanta – hanno costi molto alti tra ricambi, ore in officina e carburante. Invece il supercaccia prometteva di abbattere il denaro richiesto per queste voci.
Una previsione che sembra drammaticamente smentita dalle indiscrezioni sul documento del Gao. C’è da dire che la stima è stata subito contestata dai responsabili del programma, che la ritengono enormemente gonfiata. In particolare, le valutazioni sarebbero basate sullespese necessarie a riparare i prototipi e gli F-35 delle primissime serie prodotte, mentre una volta messi a punto i velivoli i costi della manutenzione dovrebbero diminuire sensibilmente. Il portavoce Joe DellaVedova, pur rifiutandosi di commentare la bozza di un documento non ancora ufficializzato, ha spiegato che «oggi ci sono circa cento aerei e tutti consegnati da poco. Quando ne saranno operativi migliaia ci saranno benefici finanziari significativi». Insomma, non si può capire quanto spenderà il Pentagono per i suoi jet facendo riferimento alle condizioni dei prototipi.
Una contestazione che i “custodi dei conti pubblici” di Washington paiono avere previsto, registrando nella bozza come “i militari abbiano avviato una serie di procedure per risparmiare su queste voci, senza però fornire obiettivi chiari”. E indicano come i responsabili del programma abbiano “arbitrariamente ridotto” le stime sui consumi di carburante del 10 per cento.
Nel dibattito italiano la questionedei costi di mantenimento non è ancora entrata. La battaglia da noi si concentra su due punti: l’acquisto degli aerei e le ricadute industriali. L’investimento per una flotta di 90 F-35 è pari a oltre 15 miliardi di euro, una cifra considerata troppo alta in un momento di recessione economica. Allo stesso tempo, in Piemonte è stato costruito l’unico polo fuori dagli Usa per l’assemblaggio dei velivoli e la manutenzione. Una fabbrica costata quasi un miliardo di euro che verrebbe rottamata con l’azzeramento degli ordini, perdendo ogni speranza di business futuro. Perché – nonostante tutti i difetti e i costi siderali – gli analisti credono che il supercaccia sia destinato a essere il protagonista del mercato aeronautico dei prossimi decenni. Soprattutto con il riaccendersi di tutti i fronti di guerra, calda e fredda.
Anche in questo caso, il Pd è segnato da una profonda spaccatura. C’è un fronte del no, guidato dal senatore Piero Scanu, e una posizione di realpolitik che unisce ilministro della Difesa Roberta Pinotti e il premier Matteo Renzi. Il governo ha scelto di congelare qualunque spesa per il programma nel corso del 2014, in attesa che il nuovo Libro bianco definisca le esigenze delle nostre forze armate. E quelli dell’F-35 sono gli unici contratti di armamenti non ancora firmati, che quindi possono venire sacrificati sull’altare della spending review senza rischiare penali a nove zeri, come nel caso degli intercettori Eurofighter per i quali l’Italia sta spendendo 21 miliardi di euro.
L’ultima iniziativa parlamentare del Pd è frutto di una mediazione interna al partito. In una mozione presentata lo scorso 10 settembre si chiede di rivedere l’intero programma, con l’obiettivo di dimezzarne il budget finanziario, tenendo conto dei ritorni economici e industriali. Una delle ipotesi è che gli ordini vengano ulteriormente diluiti nel tempo, facendo slittare il calendario dell’ingresso in servizio e orientandosi su un numero totale ridotto a 75.
Unascelta che comporterebbe la rinuncia ai 15 esemplari della versione a decollo verticale chiesti dall’Aeronautica. Un risparmio notevole, pari a circa due miliardi di euro, che però potrebbe minare le capacità operative della forza aerea in caso di confitto. Insomma, un bel rebus. Dominato dalla domanda fondamentale, rilanciata dal documento americano: quanto costerà alla fine mantenere in servizio il supercaccia? Gianluca Di Feo,l’espresso









   
 



 
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