Matteo Renzi non è soltanto il più giovane presidente del Consiglio della storia d’Italia, davanti a Benito Mussolini. È anche il più osannato e soprattutto il più misterioso. A parte le solite agiografie dei turiferari al seguito, nessuno finora aveva davvero investigato a fondo e sistematicamente le radici della sua irresistibile (o resistibile?) ascesa politica. Nessuno – men che meno il vasto pubblico che stravede per lui con percentuali di consenso formidabili – sa davvero come il giovanotto di Rignano sull’Arno abbia costruito il suo sistema di relazioni e protezioni nell’attesa di metter fuori il periscopio e uscire allo scoperto con la sua prima vera campagna elettorale: quella del 2003-2004 che lo portò alla presidenza della Provincia di Firenze. E di lì, in meno di sette anni, sulle poltrone di sindaco della sua città, di segretario del Pd e infine di capo del governo. Il primo ad averci provato sul serio, con un lavoro certosino eappassionato, è stato Davide Vecchi, cronista di gran razza, che per «il Fatto Quotidiano» pedina Renzi da un paio d’anni. E le cose che ha scoperto, per il nostro giornale e per questo libro, sono a dir poco illuminanti. Solo gli ingenui possono pensare che un boy scout di provincia, noto fra gli amici come «il Bomba» per la spiccata attitudine a spararle grosse, possa scalare il potere in un paese come l’Italia con una tale rapidità e facilità, e soprattutto da solo. A spiegare la strepitosa arrampicata non bastano le sue innegabili doti di coraggio, prontezza, velocità, abilità comunicativa e sintonia con la pancia del paese, rimasta a digiuno dopo il ventennio berlusconiano. Il self-made man è roba americana, non italiana. Il nostro italianissimo selfie mad man ha, dietro le spalle, robusti appoggi. La qual cosa non sarebbe affatto uno scandalo, se fosse tutto dichiarato e alla luce del sole. Purtroppo non lo è. Ogni tanto, per puro caso o incidente, capita di scoprire qualchealtarino. Per esempio che, quando Matteo era sindaco di Firenze, l’amico Marco Carrai gli metteva gentilmente a disposizione, a titolo gratuito, un pied-à-terre in via degli Alfani, senza neppure fargli pagare l’affitto e in palese conflitto d’interessi, visti i numerosi incarichi pubblici che Carrai ricopre. Un’altra volta affiora un’affettuosa amicizia con il pluri-imputato uomo berlusconiano Denis Verdini, che nessuno sa di preciso quando sia cominciata né perché. E ancora, dal fallimento di una società del babbo Tiziano e dalla conseguente inchiesta della Procura di Genova per bancarotta fraudolenta salta fuori un groviglio di aziende che passano di mano in mano, fra soci effettivi e prestanome, e che soprattutto usano con disinvoltura contratti atipici di precariato e addirittura impiegano extracomunitari clandestini in nero, con strascichi di cause di lavoro che almeno in tre occasioni certificano violazioni dello Statuto dei lavoratori. Altro che articolo 18. Poi c’è ilrapporto, tutto da chiarire, con Silvio Berlusconi, l’unico politico della «vecchia guardia» che il polemicissimo Renzi non attacca, non sfancula, non critica, non sfida, non contraria, non scontenta mai. Anzi, gliele dà tutte vinte. Il legame indissolubile fra i due non è mediato da Verdini: è diretto, profondo, antico e naturalmente misterioso. Nelle pagine di questo libro Davide Vecchi fornisce una chiave di lettura piuttosto credibile: segue la pista che porta allo zio Nicola Bovoli, fratello della madre di Matteo, che fu dirigente del gruppo Rizzoli e poi entrò in affari con Fininvest, al punto da raccomandare il nipote prediletto per la famosa e fruttuosa (un bottino di 48 milioni di lire in cinque puntate) comparsata alla Ruota della fortuna nel 1994: un gioco tutt’altro che d’azzardo, visto che per certi amici del Biscione le vincite erano assicurate. Poi, certo, arrivarono gli incontri ufficiali e ufficiosi: quello del 2005 fra il Caimano e il presidente della Provinciaalla Prefettura di Firenze, con Verdini a fare da sensale. E quello del 2010, già con la fascia tricolore di sindaco, nella villa di Arcore: Matteo si credeva così furbo da riuscire a tenerlo segreto, ma a divulgarlo provvide l’entourage del Cavaliere, costringendolo a imbarazzate e imbarazzanti spiegazioni e insegnandogli quant’è relativo il concetto di furbizia. Ora il Pregiudicato e lo Spregiudicato si vedono di continuo e dappertutto: dal Nazareno a Palazzo Chigi, senza neppure nascondersi, anche se nel frattempo l’ex Cavaliere è stato condannato ed espulso dal Senato. Infatti considera Matteo il suo unico erede: populista, bugiardo e gattopardesco quanto basta. Infatti ne fiancheggia con entusiasmo e spudoratezza il governo (che peraltro completa la sua opera lasciata a metà). Infatti continua a sognare un «partito unico» con lui: non solo nei fatti, ma anche davanti al notaio. Basta il fatto che lo Spregiudicato di Rignano abbia sdoganato il Pregiudicato di Arcore a spiegaretanta corrispondenza di amorosi sensi? O c’è qualcosa nel loro passato che dobbiamo ancora scoprire? E ancora, tanto per fare un altro esempio: che ci faceva un uomo delle operazioni riservate Cia come Michael Ledeen al matrimonio di Carrai, in mezzo a banchieri, prelati, alti magistrati, imprenditori, nobiluomini, giornalisti, editori, top manager, finanzieri, faccendieri, oltre naturalmente a Matteo, premier e testimone dello sposo, impegnato proprio in quei giorni a dipingersi come vittima inerme e piagnucolante dei «poteri forti»? Insomma, oltre alla squadra di governo che tutti purtroppo vediamo, formata da ragazzotti e fanciulle tanto mediocri e ignoranti quanto pretenziosi e arroganti, ce n’è un’altra che dirige il traffico da dietro le quinte? Tali interrogativi ancora avvolgono il passato e il presente del selfie mad man, e dunque di noi tutti italiani da lui governati o sgovernati. E fanno de L’intoccabile un libro in progress: quando finisci di leggerlo ti rimanel’acquolina in bocca. Perché già pregusti il secondo volume.Marco Travaglio,micromega Le dieci domande a Matteo Renzi di Davide Vecchi L’unica persona che può confermare o smentire alcuni avvenimenti riportati in questo volume è Matteo Renzi. Per questo abbiamo stilato una lista di dieci domande e gliel’abbiamo inviata attraverso il suo portavoce. Al 6 ottobre 2014, giorno in cui il libro è andato in stampa, ancora nessuna risposta da parte del premier. 1. Come è riuscito a partecipare alla Ruota della fortuna? 2. Quando e come ha conosciuto Denis Verdini? In quale circostanza e presentato da chi? 3. Quando e come ha conosciuto Silvio Berlusconi? In quale circostanza e presentato da chi? 4. Come ha contribuito alla sua ascesa politica Nicola Bovoli? Da lui ha ricevuto aiuti di vario genere? Quali? 5. Perché nel 2007 crea l’associazione Link e poi la Festina lente? 6. Perché la gestione delle sue prime associazioni non è mai stata resa trasparente? 7. Chiha finanziato il milione di euro raccolto tra il 2007 e il 2011? 8. Perché nel comunicare le spese elettorali delle amministrative 2009 non ha mai menzionato le casse delle associazioni e perché ricorre a un mutuo intestato ad Alberto Bianchi? 9. Qual è il motivo per cui si fa pagare l’affitto a Firenze da Marco Carrai? E perché nello stesso arco di tempo lo nomina alla guida delle controllate pubbliche? 10. Per quali motivi il legame in essere con Berlusconi è così forte da stringere un’alleanza di ferro con il Patto del Nazareno? Cosa prevede realmente l’accordo?
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