Povertà, regole, scuole chiuse La crisi toglie spazio ai bambini
 











I bambini italiani non hanno spazio. Per vivere: in un milione e trecentomila abitano in appartamenti di cui i genitori denunciano il sovraffollamento. Per giocare: solo sei su cento portano il pallone in strada. Nemmeno uno su quattro può correre almeno in cortile. E poi arrivano i problemi più gravi: la povertà relativa che aumenta, la dieta che peggiora (pasta, pasta e ancora pasta, con sempre meno proteine), gli interessi culturali rimandati: ben sei ragazzi su 10 non hanno messo piede in un museo l’anno scorso.
Sono solo alcuni dei dati raccolti nel quinto "Atlante dell’infanzia" di Save The Children, elaborato unendo statistiche da fonti ufficiali diverse, nazionali ed europee, per dare un quadro completo (e allarmante) degli effetti della crisi sulle nuove generazioni. Sfogliando le mappe e i numeri dell’Atlante si ricostruisce l’immagine di un intero welfare che manca per sostenere i più piccoli.
E le carenze non riguardano solo gliasili nido, ma gli spazi aperti nelle città, per giocare, apprendere, studiare. E le tutele dal punto di vista economico, per aiutare le famiglie che rischiano di trascinare nella paura anche i figli: nel 2013 65mila nuclei familiari hanno ricevuto un’ingiunzione di sfratto per morosità incolpevole, ovvero per non aver potuto pagare l’affitto a causa della perdita di lavoro. L’8 per cento in più dell’anno prima. La risposta delle istituzioni? Ad oggi, gli sgomberi.
La fragilità economica e sociale emerge in tanti passaggi dell’Atlante. Prima il dato secco: quasi un milione e mezzo di under 18, il 13,8 per cento dei minori, non ha mezzi per vivere una vita dignitosa. Rientra cioè nella "povertà assoluta" in aumento delle città italiane. Uno su quattro è invece bloccato in quella che gli statistici definiscono "povertà relativa", indicando quelle famiglie in cui per sopravvivere si sta tagliando su tutto: rinunciando a viaggi, cultura, sport, qualità e quantità del cibo. Gli effettisi vedono: meno della metà degli adolescenti è iscritta a corsi sportivi, troppo cari. Lo stesso per le vacanze: il 51 per cento dei genitori ci ha rinunciato. Era il 40 solo un anno fa.
Se aumentano quindi i segnali di fragilità, economica e sociale, a preoccupare i relatori di Save the Children è anche l’aspetto più "inutile" forse, ma con profonde conseguenze a lungo termine: la povertà culturale. Il fatto che meno della metà dei ragazzi dai 6 ai 17 anni abbia letto un libro, che 8 su 10 non siano mai stati a un concerto, che in Calabria il 70 per cento degli adolescenti non abbia sfogliato un romanzo, è un vuoto su cui sarà difficile intervenire in futuro.
Non è solo il welfare che manca però, ma anche l’elasticità. Burocrazia e regole sempre più rigide, elaborate da sindaci o amministratori zelanti nei confronti degli adulti intolleranti impediscono ormai ai bimbi di giocare in cortile, nei parchetti pubblici (quando ci sono), sui marciapiedi, per i vicoli (dedicati soloalle macchine), di fare rumore o muoversi in libertà nei luoghi educativi. E in casa? Non c’è spazio.
«Gli orizzonti a disposizione dei nostri bambini sono sempre più chiusi: si riducono gli spazi di autonomia, socialità, svago, e si riducono gli spazi mentali, le opportunità di formazione e crescita intellettuale e relazionale», dice Valerio Neri, direttore generale dell’associazione in Italia: «sospingendo sempre più bambini ai margini. È sotto gli occhi di tutti il disagio di tante periferie: luoghi deprivati di verde, di spazi comuni, di trasporti efficienti, di scuole a tempo pieno. E sempre più popolati da giovani coppie con bambini. Le periferie sono le nuove città dei bambini».
È partendo da queste osservazioni che Save the Children ha aperto negli ultimi anni 11 "punti luce", spazi di aggregazione dedicati agli adolescenti sostenuti con l’aiuto di cooperative locali, e che oggi sono aperti ai giovani a Bari, Catania, Brindisi e nelle periferie (appunto) di Roma, Napoli,Milano. Nell’atlante sono raccolte altre esperienze innovative, sul fronte dell’educazione e del welfare familiare. Per dare un messaggio alle istituzioni: che il cambiamento è possibile. E necessario. Francesca Sironi,l’espresso

 


 









   
 



 
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