Il malaffare, l’"antipolitica" e le colpe di Napolitano
 











Ci sono persone che amano essere venerate come divinità. Non sbagliano mai. Non hanno colpe. Possiedono la verità. Napolitano, per esempio. L’ultimo discorso mostra – come meglio non si potrebbe – questo stile di pensiero. I cortigiani plaudono. Il Presidente ha parlato. “L’ha detto lui”, dunque non può che essere vero. E’ lecito praticare – di fronte a tante certezze – l’esercizio del dubbio?
L’impressione, per dirla in modo chiaro, è che il testo letto all’Accademia dei Lincei contenga una forte carica di ambiguità. Vediamo.
Si parla della necessità di combattere il malaffare. Giusto. Venezia, Milano e “Mafia Capitale” fanno orrore e vedono coinvolti destra e sinistra. Dopodiché si additano come “patologia” coloro che negli scandali non sono coinvolti, non rubano, non sono collusi con la mafia. I conti non tornano. Vedere nei grillini una “patologia del sistema”, significa nascondere che non solo sono onesti ma restituiscono quanto glispetta per legge. Ergo: il Presidente di fatto delegittima (come “antipolitica”), la forza parlamentare che lotta la corruzione, proprio mentre dice che la corruzione va combattuta. Protagora e Gorgia (insieme) non avrebbero fatto di meglio.
Il richiamo ai sofisti non è casuale. Perché i fatti, davvero, vengono stravolti con un gioco linguistico: a sentire Napolitano chi denuncia gli scandali “in realtà” li cavalca. Con un gioco di prestigio dialettico si cambiano i termini (e le carte in tavola), si fa sparire la verità e dal cilindro spuntano i 5Stelle – “patologia eversiva” – responsabili di tutti i mali d’Italia. Una favola. Alla quale non crede più nessuno.
Piuttosto. Visto che il Capo dello Stato riconosce, finalmente, le responsabilità di Renzi (“banditore di smisurate speranze”, “per giunta senza alcun ben determinato retroterra”), è lecito chiedere chi l’ha nominato/sostenuto/consigliato/guidato? Non sono sue – Presidente – le “smisurate speranze” nel segretariofiorentino e nel supertecnico Monti e nella inflessibile Fornero, nell’inconcludente Letta? Non è responsabile anche lei del fallimento di una politica che – con ostinazione – ha tolto ai cittadini la possibilità di scegliersi un governo? Nessuna autocritica. Mai. È imbarazzante la certezza del Capo dello Stato.
Viene in mente Stirner. L’Unico. Benché provenga dalla tradizione marxista Re Giorgio adotta schemi e stili di pensiero che trascurano le cause economiche e sociali della crisi politica. Soprattutto: ha pensato di risolverla, la crisi, scrivendo il copione, dettando i tempi e dirigendo dalla cabina di regia. S’è sentito l’Unico in grado di capire e guidare il Paese. Intendiamoci. Che l’abbia guidato è incontestabile; che l’abbia anche capito e trovato soluzioni giuste – visto il fallimento – è un altro discorso. No. Napolitano non è stato un buon Presidente. E non va giudicato per le intenzioni (Kant), ma per le responsabilità (Weber): se il risultato delle sue scelte è undisastro non può chiamarsi fuori. Le smisurate (e mal riposte) speranze in progetti e uomini sbagliati fanno parte della storia del Presidente Giorgio Napolitano.
Infine. Il Nostro ritiene che il degrado sia frutto anche “d’infiniti canali di comunicazione, di giornali tradizionalmente paludati, opinion makers senza scrupoli”. I giornalisti. Ecco i responsabili: l’hanno tirato in ballo sulla trattativa Stato-mafia. Napolitano rifiuta l’evidenza: “lo Stato è sceso a patti dopo le stragi e oggi è ancora più succube delle organizzazioni criminali” (Ingroia). “Mafia Capitale” è figlia di un clima: di tolleranza e trattative, oltre che di squallidi interessi per il Dio denaro.
Se questo è il quadro – nonostante i banalizzatori (non solo Ferrara) – l’auspicio di Re Giorgio “di una larga mobilitazione collettiva” contro l’antipolitica è fuori dalla realtà: il Paese si mobilita, oggi, contro corrotti e corruttori; sta con chi non ruba e pensa, per intenderci, alla redistribuzione delreddito. Al salario di cittadinanza. Sarà un tema decisivo nelle prossime elezioni. Il popolo rivendica diritti. Ed ha superato – in larghi settori della società – la soglia minima di povertà. I cittadini votano guardando le proprie tasche vuote. E quelle, troppo piene, dei politici. Di quale mobilitazione va parlando Giorgio Napolitano? Per difendere chi? Angelo Cannatà,micromega









   
 



 
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