La storia della musica (in realtà tutta la storia dell’arte, e con ogni probabilità non solo dell’arte) è fatta da personaggi che hanno impresso, o già solo proposto, svolte decisive, oppure sortito esiti espressivi massimi, ma pure da figure di ottimo valore seppur di operato più tradizionalista, un operato corroborante di quanto già esistito, e per nulla sgradevole. Così, come nelle arti figurative il più rigoroso figurativismo cede via via sempre più il passo a modalità di rappresentazione più astratte ma non perde il suo fascino e la sua efficacia se ispirato e sapientemente svolto, rinvigorendo per contrasto le virtù delle due differenti maniere, la più antica e la più recente, nell’arte dei suoni gli stilemi dell’Ars antiqua cedettero il passo a quelli dell’Ars nova, senza però scomparire, il contrappunto alla tecnica della melodia accompagnata, le ricerche tecniche espressive di Alexander Sciabin e di Arnold Schönberg, per fare solo duenomi, stimolarono possibilità nuove, e tutte devono certo rientrare nel bagaglio tecnico del più moderno compositore perché le sappia utilizzare di volta in volta, semmai fonderle (simpatico esempio è un preludio e fuga pianistico alla maniera di Bach, ma con stilemi jazzistici, scritto, e magnificamente eseguito, da Friedrich Gulda), quando addirittura da tutta questa competenza l’artista non riesce finanche ad aprire strade espressive mai prima percorse. Da questa premessa trae significatività l’opera ed il ricordo di quegli autori valenti ma sorvolati dalle maggiori attenzioni critiche per non essere innovatori, a dispetto di tante loro apprezzabili virtù. Tra questi è anche Aleksandr Konstantinovic Glazunov, nato a San Pietroburgo proprio centocinquanta anni fa, il 10 agosto 1865, morto poi in Francia, a Boulogne-sur-Seine, il 21 marzo 1936. Compositore e direttore d’orchestra, fu allievo di quell’eccezionale maestro della strumentazione che fu NikolajRimskij-Korsakov, e, come lui, notevole maestro della strumentazione. Insegnante di un eccellente musicista come Dimitri Shostakovich, esercitò nel conservatorio della sua città divenendone in seguito anche direttore. Come direttore d’orchestra fu apprezzato e come compositore ebbe favori di pubblico, di critica e di insigni colleghi come Milij Balakirev e Franza Liszt che ne divulgarono l’opera. È autore di una copiosa produzione che annovera ben otto sinfonie e numerose altre pagine sinfoniche, varie composizioni per strumento solista ed orchestra (anche un concerto per sassofono ed orchestra d’archi), musica da camera e balletti. «Musica accademicamente corretta – come la definisce Massimo Mila – ma più vicina ai classici modelli dell’Ottocento tedesco che allo spirito della musica russa», nondimeno di buona gradevolezza, più incline ai toni tenui dell’idillio che agli slanci perentori, epici, estremamente patetici, comunque utilissima per arricchire o già solo più ampiamentevariare il proprio panorama di ascolto ed i programmi delle stagioni concertistiche. Così come è sicuramente utilissima per far conoscere ed acquisire un altro esempio di operato onesto e dignitoso, semmai grazie proprio alla semplice occasione di un anniversario.
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